“L’atteggiamento di Alessandro Di Battista in aula nel dibattito sugli F-35 è stato molto volgare. Ha mortificato e banalizzato la nostra posizione riducendo il numero dei cosiddetti ‘pontieri’, cioè quelli che nel Pd che si erano schierati a favore di un'astensione o comunque di un avvicinamento alla mozione Sel e 5 stelle. Dopo l’intervento di Di Battista, si sono ritirati o non hanno votato. Se i cinque stelle vanno avanti così non c’è un’altra maggioranza per il futuro e rischiamo di consolidare l’alleanza Pd-Pdl…”.
All’indomani della ‘scazzottata’ parlamentare sugli F-35, Pippo Civati, alfiere nel Pd della battaglia per la sospensione del programma sui cacciabombardieri, si rivede la moviola di quanto accaduto in aula e ne trae un bilancio negativo, soprattutto nel rapporto con il M5s. “Il problema per loro è sempre lo stesso: fare una testimonianza rigorosa che esclude qualsiasi contatto con le altre forze oppure agire anche in alleanza con qualcuno. Purtroppo se continuano così non si riesce a risolvere nulla”. Un peccato, visto che da ottobre si apre una “stagione complessa”, perché verranno al pettine i rinvii decisi dal governo (Iva, Imu, legge elettorale), la sentenza di terzo grado su Mediaset per Silvio Berlusconi, il congresso del Pd. Un intreccio diabolico che secondo Civati dovrebbe incontrare un “Pd cambiato”. E’ la tesi del suo nuovo libro “Io non mi adeguo” (Add editore), in distribuzione da lunedì, anticipato da Huffpost con questa intervista.
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L'ex rottamatore alla prova del Congresso
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Agf
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Il libro si compone non a caso di “101 punti per cambiare”. Centouno come i traditori di Romano Prodi, nervo ancora scoperto nel Pd. Mi colpisce l’invito al Pd a cambiare “prima che si affermi il tipo antropologico del governissimo in cui tutto è superlativo”. Insomma, più tempo passa, più il Pd rischia una mutazione genetica in senso larghe intese, a maggior ragione se a settembre anche la Germiana torna alla ricetta GrosseKoalition. C’è questo rischio? E come si ferma questo treno in corsa?
Più che un treno, è un F-35. Al di là delle battute, dobbiamo riconsiderare con molta attenzione molte cose. Dalle riforme costituzionali alla legge elettorale, che va cambiata al più presto. Per il resto, vedo un pacchetto lavoro minimo e a ottobre arrivano gli F35, l'Imu, l'Iva, la riflessione sulla questione fiscale, le riforme costituzionali, insomma una stagione davvero molto complessa. Inoltre siamo anche alleati di Berlusconi che è un alleato abbastanza impegnativo. Sarà importante decidere cosa debba essere il Pd durante il congresso, sperando che sia svolto in un clima più sereno rispetto a quello svolto nei giorni dell'elezione della presidenza della Repubblica.
Non sembra molto ottimista sulla possibilità di un’altra maggioranza se entrasse in crisi quella Pd-Pdl. Teme che Napolitano, di fronte ad un quadro così sfilacciato, possa preferire il voto anticipato?
Non so come Napolitano potrebbe pensare al voto subito dopo le argomentazioni con cui ci ha portati alle larghe intese due mesi fa. Ha detto che bisognava fare le riforme, non penso che questa necessità sarà superata a ottobre. E dire che ‘non ci sono alternative’ a questa maggioranza è uno slogan di destra. Invece, se il governo dovesse entrare in crisi, bisognerà aprire una riflessione per evitare di tornare al voto con il Porcellum. Anche se devo ammettere che un’altra alleanza con i cinque stelle la vedo complicata. Nel dibattito sugli F-35 hanno perso un’occasione. Hanno mandato in fumo anche l'offerta del sindaco di Roma Marino a entrare in giunta, per fare un altro esempio.
A ottobre ci sarà la volata finale verso il congresso del Pd, così sembrerebbe. Però so che il suo dubbio è che nel partito si stia allargando il fronte del rinvio. Da Epifani, che non ne ha mai fatto mistero, all’ala governista del Pd che teme fibrillazioni su Palazzo Chigi, fino a Renzi che resta indeciso sulla corsa per la segreteria. Tutti vogliono rimandare il congresso?
Di certo, Epifani non ha trattato la materia con immediatezza. Ed è vero che c’è qualcuno che pensa non sia il caso di farlo troppo presto per evitare rischi al governo. Renzi poi non fa mistero di voler fare il candidato premier e non tanto il segretario. Io penso che bisognerebbe fare il congresso al più presto. Con le regole che ci sono, ma comunque entro l’anno. Quanto a me, sarò candidato anche se decidono che voteranno solo quelli che si chiamano Guglielmo e che sono nati nel ‘56.
Il libro scorre sull’elezione del presidente della Repubblica, quella che c’è stata. Ma accenna anche a quella che sarà, invitando il Pd a cominciare a pensare chi sarà il successore di Napolitano. C’è posto per Prodi?
Io penso che nel Pd il posto per Prodi ci sia sempre. Non per tirarlo per la giacchetta, ma per sottolineare il suo valore simbolico per il partito. Io non ho mai fatto mistero che Prodi è il mio candidato al Quirinale, quindi sì: potrebbe essere anche la prossima volta.
Previsioni sulla durata del governo Letta? Lo chiedo perché il Pd rischia di eleggere il nuovo segretario proprio mentre vengono al pettine tutti i nodi più pesanti per l’esecutivo, dalle partite economiche ai guai giudiziari di Berlusconi. Se il segretario fosse Renzi potrebbe materializzarsi una convergenza tra i suoi e i ‘non allineati’ del Pd, lei e l’ala più a sinistra del partito, quella più lontana dalle larghe intese. Previsione giusta?
Non voglio fare calcoli. Ma vedo le contraddizioni di questo governo. E’ un governo in cui è difficile immaginare di fare delle cose, l’abbiamo visto sugli F-35.
Se con il M5s non va a gonfie vele, con Sel il rapporto va meglio, no? Lei è per il rimescolamento dei vendoliani nel Pd?
Due mesi fa avevamo quasi fatto un partito insieme. Ora l’ostacolo è il governo delle larghe intese. Ma se è vero che è una parentesi, appena chiusa, ci si può riprovare. Io sono per avere tutti dentro, da Vendola a Tabacci. Voglio un Pd dell’alternativa.
Il Pd rischia la scissione?
No, penso che il Pd debba decidersi, però, per evitare che in futuro il problema si ponga. Con i propri elettori, innanzitutto.