Resistere. A oltranza. Anche se fa male: “Non poteva immaginare che l'invidia e l'odio sarebbero arrivati fino al punto di volermi far fuori sul piano patrimoniale, sul piano dei diritti politici e su quello della libertà personale”. È forse l’unica certezza il grido che Silvio Berlusconi consegna in un’intervista alla Discussione. È provato, il Cavaliere. Al termine di un’altra giornata da incubo. Pessime le notizie da Napoli, dove il Sergio De Gregorio ha chiesto di patteggiare nell’ambito del processo che vede coinvolto l’ex premier sulla corruzione dei senatori. Pessime sul lodo Mondadori, dove il pg ha confermato che l'impianto della sentenza regge.
E' in questo quadro che adesso Silvio Berlusconi ha davvero paura. Perché sente di non avere una via d’uscita. Politica. E tutt’attorno sbanda un partito senza certezze. Ne è una prova l’isteria sulla giustizia. Con l’emendamento presentato da un gruppo di senatori, per inserire la riforma nell’ambito delle riforme costituzionali. Con la raffica sull’economia come se il Pdl fosse un partito di opposizione. Falchi, colombe, falchi contro colombe. Nel corso dell’ennesimo vertice notturno l’ex premier aveva provato placare i suoi, che urlavano la necessità di una rottura. È servito a poco. E lo stesso Berlusconi, calmo di notte, di giorno ha consegnato alla Discussione parole non morbide: “Sosterremo lealmente il governo fin quando rispetta gli accordi: via l'Imu sulla prima casa, no all'aumento dell'Iva, tassazione zero sulle assunzioni dei giovani e dei disoccupati”. Parole che lasciano presagire la preparazione della crisi in autunno. Proprio l’eventualità che il Cavaliere ha negato di fronte a Giorgio Napolitano. Per non parlare delle solite, provocatorie parole contro la Merkel, proprio nel momento in cui il premier è in Europa per il consiglio europeo: “E quando ho invitato il premier Enrico Letta a fare un braccio di ferro con la signora Merkel per correggere le storture più evidenti della politica europea”. Frasi che non tirano giù il governo, ma servono più a preparare la guerra che a costruire la pace.
Ecco, colpo dopo colpo, il fantastico mondo berlusconiano vacilla, o quantomeno sbarella: “Siamo all’anarchia – dice un ex ministro alla Camera mentre beve un caffè – ognuno dice quello che gli pare: Alfano loda un governo che fa pena, Brunetta parla come se stesse all’opposizione. E Berlusconi lascia fare perché non sa che fare”. Già, l’anarchia. Sovrastata da un Cavaliere bipolare non solo sul governo – rompo o non rompo” ma pure sul partito. Che parla con i dirigenti della prima ora e chiede di organizzare incontri modello ’94 con gli imprenditori. Che fa dire alla Santanchè aPorta a Porta che stavolta è fatta: “Abbiamo preso oggi con il presidente Berlusconi la decisione che tra neanche un mese, venti giorni, rinasce Forza Italia”. Peccato che alla lettura delle agenzie la frase venga accolta dallo scetticismo dei più: “Nell’ultimo mese – dice un azzurro di peso – la Santanchè ha tirato su e giù il governo un paio di volte. E ha rifondato Forza Italia non si sa quante”.
L’unica certezza sono i soldi da risparmiare. Chi ha letto il bilancio nel corso della riunione assicura che Berlusconi non ci vuole mettere più un euro: i dipendenti rischiano i tagli, l’ultima manifestazione di piazza del Popolo, per dirne una, gli è costata tre milioni di euro, e quindi una ristrutturazione si impone. Ma chi conosce bene Berlusconi assicura che il marchio Forza Italia è legato alla prospettiva delle elezioni: “Prima si deve capire quando si vota – dice un fondatore di Forza Italia – e poi c’è il marchio”. Anche se un punto fermo nell’anarchia c’è: la voglia di sbarazzarsi della nomenklatura del Pdl. Almeno per ora: “Poi, si sa – prosegue il fondatore – che prevale il conformismo e cambia tutto”. O non cambia niente.