sabato 15 giugno 2013

Incredibile ma vero. Questa non è l'intelligenza collettiva della rete. Questa è la stupidità collettiva dei grillini.


Piano dei dissidenti contro Grillo.
Beppe: "Fuori chi vota Gambaro"

L'obbiettivo degli scontenti è prendere il controllo della rappresentanza, sfiduciando il capogruppo. Sono più di venti quelli pronti a dire no al leader che avverte: votano contro? Non c'è problema, prendo il simbolo e me ne vado

ROMA - La trappola contro i dissidenti è pronta. È stata piazzata su esplicito ordine di Beppe Grillo e scatterà contro i parlamentari che lunedì oseranno votare contro il diktat del quartier generale con l'obiettivo di salvare Adele Gambaro. "Chi la difenderà, si metterà fuori da solo", è l'avvertimento lanciato dal duo Grillo-Casaleggio. Insomma, i ribelli che non toglieranno immediatamente il disturbo rischieranno l'espulsione. Proposta magari dal collega di scranno parlamentare per semplice alzata di mano. Per questo, l'ala critica prepara le contromosse. Il tentativo  sarà quello di mettere già lunedì in minoranza il capogruppo Nicola Morra, espressione dei "duri" del movimento. Ma un manipolo di senatori e alcuni deputati sono comunque pronti a cambiare gruppo.

Il dato più sorprendente è che Vito Crimi, braccio politico del Fondatore e amico personale di Gianroberto Casaleggio, non si tira indietro e illustra senza giri di parole il piano degli ortodossi: "Chi lunedì vota contro la proposta di affidare alla Rete l'espulsione, viola un principio fondamentale del movimento. Più che mettersi fuori dal movimento, è più giusto dire che ne dovrà trarre le conseguenze". Di fatto, è l'annuncio di una campagna di epurazione del dissenso interno che rende quasi superfluo il passaggio assembleare. Crimi lo argomenta così: "Il motivo è chiaro: chi vota contro dimostra di volersi sottrarre al 
giudizio della Rete. E quindi sceglie di non essere portavoce di chi ci ha individuati come candidati, cioè la Rete".

È l'ultima trincea scelta dal board dei grillini e teorizzata ancora in queste ore dal leader, che ha in tasca nome e simbolo del movimento. È la chiarezza che Grillo esige e per la quale è pronto a sacrificare "anche venti parlamentari". Quando da Roma gli fanno notare che tira una brutta aria, lui non si scompone. Visti i rapporti di forza fra i deputati, il rischio di essere messo in minoranza è considerato minimo e comunque non giustifica ipotesi di mediazione: "Non c'è problema, se decidono diversamente prendo il simbolo e me ne vado". Lo seguirebbero i fedelissimi, che popolano soprattutto il gruppo della Camera. Una volta raggiunto l'equilibrio interno e allontanati i dissidenti, comunque, i grillini passeranno al contrattacco. E già si valutano iniziative eclatanti per uscire dall'angolo, come ad esempio una nuova occupazione delle aule parlamentari.
Se a Montecitorio il capogruppo Riccardo Nuti serra i ranghi in vista dell'assemblea, a Palazzo Madama i volti stravolti dei senatori raccontano il dramma politico in atto. Il summit di ieri si è trasformato in un surreale processo al dissenso. Perché la maggioranza dei senatori, impegnata in uno scontro durissimo, ha cercato fino all'ultimo di azzerare il timer della resa dei conti, cancellando l'assemblea del lunedì per permettere al gruppo di lavorare alla soluzione del caso Gambaro. Si sarebbe trattato di un'implicita sfiducia al capogruppo in carica. Non sono però riusciti a sfondare. Morra e Crimi, aggrappandosi al regolamento e facendo infuriare molti dei presenti, hanno richiamato tutti a rispettare lo statuto.

I ribelli, però, sono pronti a tentare un nuovo assalto lunedì. Il piano, al quale stanno lavorando già da ieri pomeriggio, è quello di chiedere un nuovo voto. L'obiettivo è sfiduciare Morra. È un progetto difficile da realizzare, ma nessuno può azzardare previsioni certe su un gruppo ormai lacerato. I dissidenti hanno anche minacciato di disertare la riunione congiunta. Un atto di guerra contro i colleghi della Camera con i quali, ormai, i rapporti sono compromessi. In tutto i senatori eterodossi sono trenta, divisi tra chi è pronto a votare contro la cacciata e chi invece sceglierà di non partecipare al voto. Sono gli stessi che già ieri hanno annunciato di voler salvare la collega.

Accanto alla guerriglia interna, però, corre sotterranea l'exit strategy dei dissidenti. Battista e una decina di senatori - alcuni siciliani e una fetta della pattuglia tosco-emiliana - attendono solo l'incontro decisivo prima di mollare gli ormeggi. Già si ragiona di nome e simbolo. Gambaro, assente anche ieri alla riunione, è in costante contatto con loro. E l'area dell'insofferenza potrebbe portare nei prossimi mesi un'altra decina di senatori a lasciare.

Alla Camera, intanto, i ribelli sanno di essere a un passo dallo snodo decisivo. Pippo Civati, attaccato da Nuti per i rapporti coltivati con alcuni grillini a disagio, osserva sconsolato la deriva: "Sono accuse ridicole. Non posso neanche parlare con altri parlamentari? Facessero un regolamento per dire chi può parlare con chi...".
Un peso decisivo nella battaglia di lunedì avrebbe potuto assumerlo un'eventuale trasferta romana di Grillo. La macchina organizzativa della Camera è stata preallertata, ma i falchi hanno consigliato al leader di non affacciarsi. Troppo alto il rischio che la situazione precipiti, troppo forte il timore che la presenza del comico accenda ulteriormente gli animi. Meglio sbrigarsela senza compromettere troppo il Fondatore.
 

1 commento:

Unknown ha detto...

Altro che intelligenza collettiva.

dipocheparole     venerdì 27 ottobre 2017 20:42  82 Facebook Twitter Google Filippo Nogarin indagato e...