Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti avrebbero indotto Imane Fadil a partecipare alle cene ad Arcore e "ad intrattenere rapporti intimi col presidente Berlusconi, approfittando del suo stato di bisogno". Lo ha spiegato l'avvocato Danila Dedomenico, il legale della modella marocchina, parte civile al processo sul caso Ruby, che oggi ha chiesto ai tre imputati un risarcimento di 2 milioni.
"Chiedo due milioni - ha spiegato il suo legale - ma si potrebbe arrivare tranquillamente fino a cinque per il rilevante pregiudizio subito". Secondo il suo avvocato, Imane Fadil "fa paura perché ha detto tante cose e tante cose scomode, questa è la verità". Proprio per questo è stata a lungo screditata anche ad Emilio Fede, che l'aveva introdotta alle cene di Arcore.
Per l'avvocato De Domenico, inoltre, la Fadil le ha confidato che si era resa conto che "avrebbe dovuto cedere" alle avances sessuali di Silvio Berlusconi "sennò sarebbe stata tagliata fuori".
Nessuno le chiese direttamente di prostituirsi ma "il meccanismo era molto più persuasivo" perché si approfittava "della giovane età delle ragazze, della loro debolezza" e della loro "ansia" di inserirsi nel modo dello spettacolo.
Subito interviene Emilio Fede. "Ho dato mandato ai miei legali di Milano, Biella, Londra e Bruxelles di sporgere querela per diffamazione grave nei confronti di Imane Fadil che nell'udienza di stamane al processo Ruby ha offerto una ricostruzione delle cene di Arcore che non corrisponde alla realtà": lo ha annunciato l'ex direttore del Tg4 Emilio Fede. "Ricostruzione - ha aggiunto - che offende gravemente la mia immagine. Chiedo pertanto il risarcimento di quattro milioni di euro poichè la cronaca di questa udienza è stata diffusa anche all'estero".
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La modella marocchina Imane Fadil
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La Presse
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Il risarcimento richiesto tiene conto del "forte dolore psicofisico" che la vicenda le ha provocato. Imane Fadil, infatti, secondo il legale, "non è uscita di casa per mesi, ha vissuto con le tapparelle abbassate per non essere spiata, non ha dormito al notte poiché lei era ormai appellata come una delle 'prostitute di Berlusconi'". "Grave l'onta subita e la vergogna provata da Imane - ha proseguito - soprattutto nei confronti dei propri familiari, cui la giovane ha dovuto spiegare con imbarazzo ogni circostanza".
L'avvocato De Domenico ha sottolineato come Imane Fadil "si è ribellata a un infame sistema" e per questo "anche oggi nessuno le offre valide opportunità" di lavoro. "Ha denunciato chiaramente e apertamente un sistema prostituivo - ha aggiunto - e non è mai stata disponibile a mercificare il proprio silenzio o la propria verità come invece hanno fatto altre giovani coinvolte". La richiesta di un risarcimento di 2 milioni di euro, ha affermato il legale, "potrebbe sembrare esosa, assurda, quasi fuori luogo, incongrua" ma non lo è "se ci si sofferma per un attimo su quanti soldi sono girati intorno a questa vicenda".
Imane Fadil "ha avuto il coraggio di dire la verità e chi ha subito un danno ha diritto ad avere un risarcimento equo o addirittura superiore a chi h deciso di vendere al sua verità, entrando in tribunale e dicendo solo falsità". "Non è normale - ha proseguito - che per fare carriera in questo Paese si deve andare al cospetto di un uomo potente". L'avvocato De Domenico ha poi insistito sul fatto che molte ragazze che hanno testimoniato al processo ricevano tuttora denaro da Silvio Berlusconi, oltre ad altri regali sostanziosi. L'avvocato ha definito la sua assistita "una ragazza umile, senza lavoro, senza soldi, ma con il desiderio di trovare congrue ed oneste opportunità lavorative" senza prostituirsi.
I protagonisti del processo Ruby
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