"Le parole di Bonanni sono le mie parole. Il vostro slogan sul 'senso di responsabilità' è lo slogan che da quarantuno giorni accompagna la mia vita". È più di un omaggio di circostanza quello che il premier Enrico Letta tributa al segretario della Cisl, nel suo intervento al palazzo dei congressi. Con mezzo governo seduto in prima fila, anzi in seconda dietro i leader sindacali Susanna Camussso e Luigi Angeletti.
È una scelta di campo, che evoca simbolicamente quella opposta, più di un decennio fa di Berlusconi a Parma di fronte alla Confidustria di D'Amato, e quelle di Prodi alla Cgil nel 2006. Le parole del premier, accompagnate dagli applausi dei delegati al congresso Cisl, rappresentano un "patto politico", preparato già nei giorni scorsi, lontano da occhi indiscreti. Letta e Bonanni, un paio di giorni fa, hanno convenuto che è necessaria una consultazione permanente sui provvedimenti economici e sociali, prima che vengano presentati al consiglio dei ministri. Niente tavoloni, concertazione, rituali di vertici a palazzo Chigi. Come si addice a chi "rema nella stessa direzione" (parole di Letta) si tratta di confrontarsi in termini operativi.
Accolto il suggerimento di Bonanni, che a Letta ha spiegato con la consueta franchezza: "Enrico, con questa maggioranza, rischi che ogni volta che nomini la parola lavoro ti impantani nelle polemiche tra chi la pensa come Sacconi e chi come Fassina. Ti conviene dialogare con le parti sociali, sennò fai come la Fornero sugli esodati". Un'apertura che il premier ha accolto, assicurando che le priorità di un sindacato come la Cisl sono le stesse del governo. E che questo è un asse su cui conta molto, nel tentativo di "stabilizzare" il governo, anche perché, e non è un dettaglio, la triplice non viveva da tempo una fase così unitaria. E la stessa presenza di Epifani alla guida del Pd dà garanzie di pace sociale. Ecco lo schema, per puntellare un governo che vive di equilibrismo, più che di equilibrio. Con i "saggi" si blinda il percorso delle riforme, con la "consultazione" dei sindacati si garantisce un percorso non accidentato sul tema che sta più a cuore agli italiani.
Ecco l'enfasi che il premier ha messo nel discorso: "Se non c'è il lavoro, il paese non si salva: io mi impegno a lavorare incessantemente per rimetterlo al centro di tutte le politiche del paese". Eccola, la manovra che mira ad imbrigliare Berlusconi. E ad impedire che una sua scossa, quando arriveranno le sentenze, possa essere fatale. C'è un motivo se, nel giorno dei fischi della Confcommercio a Zanonato sull'Iva, e delle critiche del Financial Times sul letargo del governo, il premier ha evitato di nominare non solo la parola Imu o la parola Iva, ma più in generale la parola tasse. La verità è che sul tema Iva la soluzione non c'è. E la posizione del ministro dello Sviluppo fotografa l'incertezza reale del governo. Ma non si può dire, altrimenti si rischia dare fiato alle fanfare pidielline.
Raccontano che il premier non abbia affatto gradito l'uscita, sull'Iva, di Zanonato, che in molti nel governo, per sincerità e spigolosità di carattere, hanno identificato come il "nuovo Fornero" nel rapporto con i media e con le frasi da evitare. Perché l'ordine di scuderia, al momento, è evitare i dossier spinosi. Si affronteranno al momento opportuno, quando Letta, dopo aver varato il decreto del fare e affrontato un Consiglio europeo che gli consente di intestarsi una svolta pro-crescita, si sentirà più forte in un braccio di ferro del Pdl. Già, perché è chiaro che su Imu e Iva le richieste di Berlusconi non sono esaudibili, nei modi che chiede il Cavaliere. Non è un caso che Bonanni, uno che non solo fiuta l'aria come un segugio ma che ha informato Letta mentre scriveva il discorso del "patto" ha invocato davanti ai suoi uno choc fiscale ma sull'Iva ha tagliato corto: "Basta che non lo scaricate su lavoratori e pensionati". Significa che lo stop all'aumento, che i commercianti vivono come una boccata d'ossigeno, non è una priorità. E significa che c'è un ampio fronte che è pronto ad appoggiare un eventuale rinvio, o quella rimodulazione selettiva su cui è a lavoro Saccomanni.
È una manovra nient'affatto "morbida" quella di Letta. Anzi, rischia di essere feroce per Berlusconi. C'è molta politica in uno dei passaggi più importanti di Letta al congresso della Cisl: "Non sono solo parole quelle sulla disoccupazione giovanile. Questo messaggio che uscirà dal vertice di Roma di venerdì deve essere amplificato dal paese. Occorre remare nella stessa direzione. Il mio impegno è di mettere il lavoro al centro di tutte le politiche del governo". Nella navigazione democristiana di "Enrico", nel senso alto del termine, non c'è il conflitto, c'è l'opposto, ovvero il lavoro su un contesto che renda difficile il conflitto. E al quarantunesimo giorno di governo stiamo al terzo patto siglato dal premier. Quello con Napolitano, incarnato dal percorso sulle riforme attraverso saggi e commissioni, teso a stemperare la guerriglia parlamentare. Quello con Renzi sul Pd, per evitare il bombardamento mediatico del sindaco rottamatore. Quello con la Cisl, e in generale con i sindacati, per avere la pace sociale possibile. Chissà se bastano a sopperire alla mancanza di un patto con Berlusconi, quando si arriverà al dunque su Imu e Iva. O meglio, se un rinvio di qualche mese dell'aumento dell'Iva - che non è lo stop definitivo - basta a tenere l'equilibrio col Pdl. Chissà.