giovedì 16 febbraio 2017

La storia dell'(eco)mostro e il bacio della principessa Virginia

Roma
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La sindaca Raggi si ascrive il merito di aver migliorato il progetto. Le cose non stanno affatto così, anzi
 
Mostri orripilanti che diventano improvvisamente bellissimi principi. Accade anche questo nel fantastico mondo a cinque stelle. Un ecomostro, addirittura un “pericolo” per l’incolumità pubblica tale da dover ricorre alla Procura della Repubblica, “la più grande speculazione edilizia in Europa” che diventa nell’arco di pochi giorni un meraviglioso progetto ecosostenibile, perfettamente in linea con le regole urbanistiche, ecologicamente immacolato, esempio di buona architettura. È quanto è accaduto allo Stadio della Roma che, una volta baciato dalla Principessa Virginia, ha cambiato natura.
La sindaca Raggi si ascrive il merito di aver migliorato il progetto. Le cose non stanno affatto così, anzi, alcune richieste di ulteriori modifiche, come la cancellazione di alcune opere pubbliche previste, lo peggiorerebbero. La verità è un’altra, come ha ricordato oggi su Repubblica l’ex-sindaco Ignazio Marino: il progetto dello Stadio era già stato reso assolutamente compatibile sia dal punto di vista ambientale che urbanistico grazie al lavoro svolto dalla giunta Marino che impose ai proponenti l’onere di circa 400 milioni di interventi in infrastrutture pubbliche, soprattutto trasportistiche, che serviranno lo stadio ma che miglioreranno tutta la viabilità di quel quadrante di città, come nel caso delle risorse da investire sui treni della Roma-Lido; oppure gli investimenti per eliminare il rischio esondazione cui è esposta l’intera zona. O il grande parco fluviale. Tutti investimenti che riqualificheranno quel pezzo di città e che il Comune non avrebbe mai potuto fare. In cambio il privato può edificare cubature che vanno al di là delle previsioni del piano regolatore, per costruire sia strutture legate allo stadio sia uffici. Non edilizia residenziale dunque. I famosi ecomostri sarebbero le tre torri, tre grattacieli, disegnati da Libeskind, uno dei più grandi architetti del mondo.
Quindi il Mostro è diventato principe perché ha perso il 20% delle cubature. Questa è una barzelletta che, giustamente dal loro punto di vista, i talebani alla Berdini non mandano giù: se era Mostro tale rimane; se non lo è non è grazie a interventi dell’ultima ora, ma perché non lo era neppure prima, quando Virginia Raggi si opponeva in Consiglio Comunale e presentava esposti in Procura con il pieno sostegno di Beppe Grillo. Dire il contrario è solo una presa in giro. 
Dal suo punto di vista ha perfettamente ragione a protestare l’ormai ex-assessore Paolo Berdini: le modifiche apportate sono veramente minime. Secondo l’accordo che sarebbe stato raggiunto in Campidoglio i tre grattacieli che dovrebbero ospitare uffici, definiti gli eco-mostri da Virginia nella sua vita precedente, resteranno ma perdendo qualche piano, sicché si avrà una riduzione delle cubature di circa il 20%. Si dice poi che vengono introdotti nuovi sistemi di costruzione ecosostenibili ma anche in questo caso non è una novità arrivata adesso per la pressione della nuova giunta: è una caratteristica di tutti i progetti del costruttore Luca Parnasi, compreso questo.
Il piccolo problema è che la giunta Raggi non se la caverà con l’accordo raggiunto nel chiuso di una stanza, grazie alla mediazione di un avvocato genovese che ha scavalcato gli uffici comunali su incarico (di che tipo?) della sindaca.
Infatti ora sono necessari passi ufficiali che andranno compiuti entro il 3 marzo, data nella quale si riunisce la conferenza dei servizi che dovrà dire l’ultima parola. Il primo dei quali è il ritiro del parere negativo formulato dagli uffici di Berdini. Il secondo è il passaggio in consiglio comunale dove la maggioranza pentastellata dovrebbe approvare una variante del piano regolatore che aveva descritto come la sentina di tutti i mali e che è stata resa solo leggermente meno pesante dal punto di vista delle cubature edificabili.
E infatti l’ala dura e pura del movimento, guidata dal martire Berdini, promette battaglia durissima, fino ai ricorsi in tribunale. In un anno che è praticamente una campagna elettorale permanente possono Grillo e i suoi reggere l’accusa, già chiaramente contenuta nelle parole di Berdini, di Enzo Scandurra e di Francesco Sanvitto, responsabile del tavolo sull’urbanistica del meet-up romano, di essere diventati gli amici dei palazzinari? Potranno sopportare le manifestazioni (ieri ce n’è stata una e un’altra è convocata per martedì) contro la “colata di cemento”? E infatti ora si affaccia l’ipotesi che potrebbero essere chieste ulteriori riduzioni delle cubature, fino al 50%, il che farebbe venire venir meno la sostenibilità economica di tutta l’operazione e spingerebbe Parnasi e la Roma a intentare proprio quella causa milionaria (resa possibile dal fatto che il Campidoglio verrebbe meno agli impegni presi) che la sindaca agita come spauracchio per convincere i suoi a ingoiare il rospo fingendo che sia un Principe. Senza contare il fatto che qualora, per compensare i minori spazi di business derivanti dalla diminuzione delle cubature, dovessero essere cancellate talune opere pubbliche  a carico del privato, come hanno ricordato ieri sia Marino che l’ex-assessore all’urbanistica della sua giunta, Giovanni Caudo, cadrebbe la qualifica di interesse pubblico che è legato alla realizzazione di tutte quelle opere: simul stabunt, simul cadent. E quindi l’iter dovrebbe ricominciare da capo.
Ecco perché sulla tranquilla conclusione dell’iter in questo momento non c’è alcuna certezza.

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