mercoledì 15 febbraio 2017

Altro grande leader che invece di studiare per segretario dovrebbe pensare a come riformare la giustizia italiana. Da quando è ministro io non ho visto un solo cambiamento. Siamo tutti bravi a governare così.

Chi è e cosa vuole Andrea Orlando. Gli inconvenienti di una candidatura

Pd
Giustizia: Orlando, su pene alternative passi avanti
La “terza via” del ministro della Giustzia è un fatto nuovo nella geografia dem
 
Il prudentissimo Andrea Orlando ieri ha messo la testa fuori dal guscio e questa è una novità nella geografia politica del Pd.
“Prudentissimo” vuole essere un complimento. E’ un riconoscere, nelle mosse e nelle parole del Guardasigilli, tic e suggestioni che vengono da lontano. Perché l’esame del sangue di Orlando mostra nitidissime tracce della vicenda dei comunisti italiani, o meglio, della tensione dei comunisti italiani a superare se stessi, a “cercare altrove” ma in un “altrove” che non sia troppo distante, e comunque stando bene attenti a non deviare da una linea evolutiva abbastanza coerente – da Togliatti a Berlinguer a Napolitano, per capirci.
La prudenza dei comunisti, il pedalare in pianura, quel tipico “passismo” politico – per insistere con la metafora ciclistica – è un po’ la cifra del Nostro. Il quale ha fatto la “carriera” classica del dirigente politico, Fgci, consigliere comunale, segretario del Pci della sua La Spezia, assessore, deputato, portavoce del Pd, ministro. Una trafila relativamente lenta ma determinata. Sempre fedele a una certa idea della sinistra, Orlando non è uno che ama “strappare” quel filo rosso che svolge da quando era poco più che un ragazzino (è del ’69, a vent’anni era segretario della Fgci di Spezia, una organizzazione non gigantesca ma sempre presente): solo l’adesione al Veltroni del Lingotto(come detto, divenne portavoce del Pd) rappresenta uno scarto rispetto alla tradizione, peraltro interpretata anch’essa più come evoluzione che come rottura della tradizione.
E’ istintivamente un uomo del “centro” del partito, e con i vari segretari ha sempre collaborato: perché l’antica lezione comunista – che i partiti si guidano dal centro – è stata da lui ben assimilata. Lo stiamo vedendo anche adesso. Anche ieri, nella Direzione del Pd, nella quale Orlando si è smarcato da Renzi pur senza abbracciare Bersani, tentando di costruire una “terza via” in grado, nell’immediato, di disinnescare la polemica Congresso presto-Congresso lento grazie alla abbastanza tradizionale via d’uscita della Conferenza programmatica al posto del Congresso.
L’equidistanza, magari non millimetrica, fra Renzi e Bersani è stata comunque coraggiosa perché fra le altre cose pone a lui il problema del consenso nella sua corrente, quella dei Giovani Turchi che finora ha diretto insieme a Matteo Orfini che com’è noto è vicino a Renzi. Di fatto, con l’uscita di ieri, Orlando ha inferto un colpo serissimo alla componente. Il che è una bella responsabilità per uno che non dispone di tantissime truppe, pur calamitando – come ha notato Lina Palmerini sul Sole 24Ore – “tutto un mondo ex Ds che vorrebbe riprendere le redini del Pd”.
Si candiderà, Orlando? “Ne parleremo”, ha detto ieri ai giornalisti. Non è escluso. Di sicuro, renderebbe il Congresso più interessante – oltre al fatto che una sua candidatura “centrista” renderebbe ancora più valide le ragioni di quel Congresso che lui vorrebbe più in là.
Ma la sensazione è che, malgrado lusinghe e apprezzamenti (innanzi tutto da persone del calibro di Giorgio Napolitano e Emanuele Macaluso), Orlando lavori per smussare gli angoli (“Così c’è il frontale”, ha detto a Repubblica) elevando se stesso a eventuale “salvatore della patria”, se ve ne saranno le condizioni. Mediatore, più che protagonista diretto. Infatti è contro la scissione: “Credo che la parola scissione abbia già prodotto grandi danni nella storia della sinistra”.
Come tutti gli uomini politici esperti, Orlando infatti è uno che ha pazienza. Non è un velocista ma un fondista. E – complicazione forse insormontabile – è il ministro della Giustizia, ruolo che oggettivamente renderebbe complicato battere i circoli del Pd di tutta Italia e soprattutto sottoporsi a un voto che, in qualche modo, potrebbe avere un nesso con il giudizio sul governo.
E però intanto la sua bandiera, il Guardasigilli l’ha piazzata. Una bandiera “centrista” negli schemi del partito, “neo-socialdemocratica” dal punto di vista ideologico. Il richiamo alla necessità di unaBad Godesberg – la grande svolta revisionista della Spd – è sintomatico di un certo stilema tardo-Pci: andare oltre ma rimanendo in un solco ben definito, in omaggio a un “continuismo” che non esclude svolte ma le colloca con naturalezza in un alveo politico-culturale già noto.
Di certo, la sfida “socialdemocratica” di Andrea Orlando è partita, e paradossalmente nel tempo in cui proprio la socialdemocrazia sembra finire nei bauli della storia. Ma in politica, si sa, tutto è possibile.

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