domenica 25 dicembre 2016

I grillini fanno a gara a chi fa peggio.

Chiara Appendino, primi sei mesi da sindaca, nessuna rivoluzione e basso profilo. La Chiesa delusa sulle periferie

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CHIARA APPENDINO
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Il 23 dicembre 2016 sono stati sei mesi esatti. Vincitrice al ballottaggio del 19 giugno a Torino, Chiara Appendino si è insediata al Comune qualche giorno dopo. I suoi sostenitori, ancora molti in città, vedono una netta discontinuità con l’amministrazione di Piero Fassino, specie su urbanistica e mobilità. I suoi detrattori ironizzano sugli interventi “agopuntura” agitati in campagna elettorale come metodo salvifico per migliorare il tessuto urbano e parlano di “decrescita infelice”. Chiara Appendino è però diventato presto il volto del Movimento 5 Stelle che funziona, spesso accostato come esempio positivo in raffronto alle mille difficoltà e ai passi falsi di Virginia Raggi a Roma.
Chiara Appendino sindaco. Donna, giovane, madre da pochi mesi (con qualche concessione ad una accorta emozionalità in campagna elettorale, fece scalpore il caso della “Lettera a mia figlia”), alto borghese per estrazione sociale e di buoni studi, Appendino costituiva per il mondo M5S la rappresentazione plastica della rottura degli schemi della politica narrata e per la stampa, indiscutibilmente, una notizia. Amplificata per altro dalla situazione specchio di Roma: anche lì una giovane donna, Virginia Raggi, anche lì una vittoria la cui narrazione si basava sul cambiamo tutto e subito. E al “cambiamo tutto” si è in effetti ispirato il programma elettorale con cui Appendino ha convinto i torinesi. Illuminante su questo la distribuzione del voto del ballottaggio: premiante alle estremità del territorio cittadino, cioè nelle aree più periferiche dove era stata vincente la promessa di intervenire, con punte di plebiscito nelle circoscrizioni 5 e 6, cioè Le Vallette e Barriera di Milano, tradizionalmente aree di occupazione operaia, di immigrazione, di maggiore difficoltà, e da sempre a sinistra. A Torino ha vinto il disincanto rispetto alla capacità della sinistra storica di intervenire su problemi concreti e la convinzione che una forza alternativa potesse riuscirci. In sintesi estrema: la promessa efficace era stata quella di creare opportunità per le zone più povere, di intervenire sulle aree degradate, di migliorare la qualità di vita. Come? 
La nuova urbanistica alla prova dei fatti. E’ spiegato chiaramente nel programma elettorale, da cui è opportuno ripartire. “Occorre un cambio di rotta radicale nell’approccio all’urbanistica che veda nelle riqualificazioni non un metodo per drenare risorse a scapito del territorio, com’è avvenuto ad esempio con la costruzione di nuovi edifici in particolare superfici destinate alla grande distribuzione. Restano da riqualificare circa 4 milioni di mq che possono costituire un esempio di buone pratiche per le quali l’urbanistica deve costituire l’occasione di riqualificare le periferie, usare i trasporti come veicolo di sviluppo.”. Il ragionamento partiva da qui: attraverso l’urbanistica si disegna la qualità di vita. Ridurre il consumo di suolo pubblico, limitare o bloccare i centri commerciali, lavorare per una città policentrica (per la verità un concetto non nuovo) diceva allora Guido Montanari, attuale vice sindaco della Città e urbanista. Alla verifica dei fatti sembra che la linea dell’amministrazione sia cambiata. 
Il 3 novembre 2016 la giunta Appendino ha approvato una variante al Piano regolatore, riguardante le aree comprese tra corso Romania e strada delle Cascinette, nell’estrema periferia nord della città, per consentire la creazione di un parco commerciale per circa 70.000 metri quadri, il 29 novembre ha concesso la conversione di un fabbricato per la società LIDL nell'area di corso Traiano autorizzando un nuovo centro commerciale, anche questo in area periferica, suscitando perplessità rispetto alle linee programmatiche e insieme il plauso della Coop per la decisione “di non bloccare, a differenza di quanto promesso in campagna elettorale, la nascita del nuovo centro congressi e centro commerciale Esselunga sull'area ex Westinghouse. Questione spinosa due volte: se infatti da questa operazione sono derivati circa 19.000.000 di euro utili all’assestamento di bilancio è pur vero che in campagna elettorale e nei cinque anni precedenti la consigliera comunale Appendino si era detta contraria al progetto. Inoltre per la prima volta dopo molti anni si è autorizzato l’uso degli oneri derivanti dai permessi di costruire per finanziare le spese correnti, in altre parole consumo di suolo per finanziare la spesa ordinaria del Comune. 
Scelte difficili e in controtendenza, motivate dall’esigenza superiore di far quadrare i conti? 
I conti quadrano. Parrebbe così, basandosi sul fatto che una delle prime azioni della giunta sia stata quella di chiedere un audit sui conti della Città, nel timore di un possibile “disallineamento” , o “buco” lasciato dai predecessori. Molto si è detto e letto infatti, intorno alla cifra, più volte variata, che mancherebbe per far quadrare il bilancio. Cosa dicono i numeri? Dai dati ufficiali contenuti nella delibera di assestamento non si trova traccia degli svariati milioni di euro (ora 45, ora 70) che mancherebbero al bilancio. Si legge chiaramente di 8.851.212,43 euro mancanti che sarebbero frutto di previsioni che non si realizzano
, una cifra che corrisponde circa a quella chiesta da Appendino alla partecipata Smat e poi non ottenuta per mancanza di accordo tra i soci. E guardando la versione completa dell’audit sui conti del Comune, arrivato da alcuni giorni sebbene ancora non reso pubblico sul sito, si legge che è stata reperita documentazione amministrativo-contabile idonea a giustificare la quasi totalità delle differenze relative ai rapporti di debito e di credito fra la Città e le società partecipate oggetto di esame”. In altre parole, l’audit certificherebbe che tutte le spese hanno avuto copertura e che la situazione pregressa dei conti del Comune era sostanzialmente sana quando è stata ereditata dalla nuova amministrazione, come accertano anche i rapporti di StandardPoor e di Fitch . Incertezze della linea politica? Evidenza della complessità della situazione reale, sempre diversa dalla narrazione elettorale? Impossibile per ora andare più a fondo, sebbene siano evidenti le discrepanze, e in attesa che la Procura –cui Appendino ha consegnato i documenti -pronunci una parola definitiva. 
E sulle periferie la Chiesa è delusa. L’ultimo atto conosciuto è quello della presentazione del piano periferie predisposto dalla giunta precedente, sostenuto da fondi del governo Renzi, che la giunta attuale ha mandato avanti ed è ora in itinere presso il Ministero. Sembra tuttavia interrotto l’idillio con l’arcivescovo Nosiglia se questi afferma, sulle colonne de La Stampa, il 14 dicembre, “dalle elezioni solo promesse” e se si vuole considerare un elemento validante il voto dei giovani e giovanissimi che sono stati la vera sorpresa dell’ultima consultazione elettorale. Non è solo sulle periferie però, che Torino per ora non registra iniziative particolari.
Passi falsi sui grandi eventi. È sul fronte dell’organizzazione di eventi che il malumore popolare ha dato segno di sé, con la soppressione di alcune grandi iniziative culturali già previste e annullate. Valga come esempio la mostra di Manet, annullata, o l’assetto di due significative realtà culturali cittadine come la Fondazione Musei e il Museo del Cinema, attualmente decapitate della dirigenza e in attesa di nuovo assetto e nuove indicazioni di lavoro. 
Nemmeno il Natale sembra rasserenare l’atmosfera subalpina; le tradizionali manifestazioni de “Il Natale coi fiocchi” sono incappate infatti in un bando che sta facendo discutere. L’Associazione Cat, vincitrice del bando per l’organizzazione -secondo le affermazioni del Senatore Stefano Esposito che ha presentato in merito un esposto in Procura- sembrerebbe non avere un profilo adeguato alle necessità organizzative e avrebbe proceduto all’affitto di spazi non autorizzati per il montaggio delle tradizionali bancarelle.
Chiara Appendino e il “Sistema Torino”. «A Torino è semplice: da una parte c’è il sistema, dall’altra ci siamo noi». Così parlava, a febbraio 2016 l’allora Consigliera Comunale Appendino, non facendo mistero del suo pensiero: a Torino, sosteneva, esiste un “sistema”, un circolo chiuso, che comprende le stesse persone da vent’anni e rappresenta un serbatoio di competenze e ruoli che non trova ricambio. Cambiare aria, volti, competenze erano tra gli impegni di programma. Appendino, figlia e moglie di imprenditori – è la figlia di Domenico Appendino, vice presidente esecutivo di Prima Industrie, di cui è Presidente Gianfranco Carbonato ed è moglie di Marco Lavatelli, manager nel settore dell’oggettistica e dell’arredo- non ha mai fatto mistero di provenire da un ambiente che aveva in sé le competenze e i ruoli per cambiare. In questo senso andava letta la sua prima dichiarazione, durante la prima conferenza stampa da sindaco: sarebbe bene che Profumo , Presidente della Compagnia di San Paolo- facesse un passo indietro. Sembrò l’annuncio del temporale, l’establisment era avvisato.
A quella richiesta seguì evidentemente una pace: il Presidente è rimasto al suo posto e la Compagnia di San Paolo seguita a finanziare largamente le attività della Città di Torino. E’ anzi notizia di pochi giorni fa che proprio alla Compagnia la Sindaca abbia chiesto aiuto per sgomberare le palazzine dell’ex villaggio olimpico, oggi occupate da circa un migliaio di profughi. La Compagnia si è detta disponibile, ma Profumo ha chiesto di vedere un progetto che la Città sta mettendo a punto e consegnerà entro Natale. E, sempre da Compagnia di San Paolo, per altro, proviene Sonia Schellino, assessore al Welfare di Appendino. Apparentemente una contraddizione, così come la scelta di Stefania Giannuzzi, attuale assessore all’ambiente, proveniente da Torino Strategica, il think tank che redasse, per Fassino Sindaco, il terzo piano strategico della città. Senza apparenti fratture invece il rapporto con FCA. A luglio infatti la sindaca ha incontrato John Elkann, per un colloquio definito poi “cordiale”, avvenuto a pochi giorni dall’annuncio del trasferimento in Olanda, dopo Fca, Cnh, e Ferrari, anche della sede legale e fiscale di Exor e della Sapaz. Un incontro molto importante, oltre che cordiale, se la stampa locale scrisse in seguito che John Elkann confermava tutti gli impegni del Gruppo Agnelli su Torino. E del resto il rapporto doveva esistere se Appendino, come scrive nel suo curriculum, ha lavorato due anni per la Juventus. Nessuna discontinuità, insomma. La sindaca Appendino sembra oggi fare riferimento a quel mondo che aveva attaccato durante i suoi cinque anni da consigliera, sia per la scelta delle persone (per la verità presentate prima dell’elezione, come promesso), sia per la scelta delle alleanze politiche.
Chiara Appendino dopo sei mesi. Impossibile dire, a sei mesi dall’insediamento quale sia la prospettiva di sviluppo della città. Di certo l’unico settore in cui l’Amministrazione ha preso iniziative di rottura col passato è la mobilità, intensificando le sanzioni per le soste in doppia fila, e reintroducendo i parcheggi a pagamento in centro nelle domeniche prenatalizie, entrambe le iniziative motivate dalla necessità di far comprendere come lo spazio sia un bene comune, quindi pubblico, quindi vada “usato” come un servizio. Sulla stessa linea la scelta di creare un “flusso verde” per i tram, rimodulando i semafori cittadini e facilitando un aspetto di mobilità leggera. In conclusione, sebbene la fiducia nella Sindaca Appendino sembri ancora piuttosto alta, l’innamoramento sarebbe finito. Sono ancora i numeri a parlare: proprio nel quartiere Vallette, che alle amministrative aveva riservato un lusinghiero 75,4% ad Appendino, il voto referendario riserva al M5S un 60,1%, con un calo del 15%. Lo stesso, secondo i dati elaborati da Fondazione Isi per Stampa nell’area di Mirafiori Nord, anche questa una zona di periferia, dove maggiore storicamente è la permeabilità delle difficoltà e dove il M5S aveva ottenuto esisti elettorali apprezzabili.

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