sabato 19 novembre 2016

Grillo sapeva come sapeva Di Maio come sapeva Di Battista.

politica e giustizia
Il personaggio.
La deputata Ars che ha confessato: “Ho seguito l’appello del leader, ora sono isolata”
La pentita che ha rotto il muro di omertà “Beppe mi disse: ci mettete nei guai” 
EMANUELE LAURIA
PALERMO.
C’è una data, nella apparente storia minima che ha fatto deflagrare il movimento 5 stelle in Sicilia, che merita di essere sottolineata: martedì 8 novembre. È in quel giorno che, nel palazzo di giustizia che ha accolto corvi e pentiti, si presenta una ragazza con i capelli ricci e biondi. Si chiama Claudia La Rocca, ha 35 anni, è una deputata regionale di M5S e ha deciso, semplicemente, di rompere il muro di omertà dietro il quale si sono trincerati fino a quel momento attivisti e portavoce grillini. Si autoaccusa: dice di aver contribuito materialmente alla ricopiatura, alias falsificazione, di centinaia di firme utili per la presentazione della lista alle Comunali del 2012. Chiama in causa chi avrebbe copiato assieme a lei: fra gli altri, Claudia Mannino e Samanta Busalacchi. Dice che il candidato sindaco di Palermo, Riccardo Nuti, sapeva. Genera ulteriori testimonianze (due) e vengono fuori i nomi di altri presenti, più o meno partecipi e consapevoli, quando all’inizio di aprile di quattro anni fa, si taroccarono gli elenchi: fra loro Giulia Di Vita e Chiara Di Benedetto. Tutti attivisti che, tranne Busalacchi, sono oggi parlamentari. È un passaggio chiave: La Rocca, assieme ad altri due testimoni che hanno deciso di collaborare, dà un contributo decisivo alle indagini. Lo fa per rispondere all’appello di Grillo («Chi sa, parli»), eppure lo fa in un clima difficile. Prima di andare in tribunale, anticipa la sua decisione ai colleghi del gruppo parlamentare all’Ars e poi fa «tutti i passi necessari» fra Roma e Genova, ivi inclusa una telefonata a Beppe Grillo nel corso della quale il leader - si apprende - avrebbe ascoltato e ricordato alla sua interlocutrice come altri parlamentari stessero declinando ogni responsabilità facendo querele. Rammentando come i protagonisti di questo caso - tutti stessero «mettendo in difficoltà il movimento». Ma i colleghi dell’Ars, per voce di Giancarlo Cancelleri, negano che i vertici di M5S fossero informati della decisione di La Rocca. E lo stesso Grillo smentisce di avere sentito la parlamentare. Così, La Rocca ieri si è autosospesa dicendo agli amici di essere «molto delusa». «Io non ho mai pensato che questa mia testimonianza - ha confidato dovesse essere un segreto, non ci vedevo nulla di male». Di lì un senso di «solitudine» che una nota di apprezzamento serale dei colleghi all’Ars, lunga tre righe, ha appena stemperato.
Il gesto coraggioso di La Rocca ha comunque assicurato una svolta in una vicenda che trae origine da un errore materiale: il luogo di nascita di un candidato M5S alle Comunali del 2012, Giuseppe Ippolito, era sbagliato. I grillini palermitani, per rimediare, e con la scadenza della presentazione delle liste alle porte, avrebbero pensato bene di ricopiare tutte (o quasi) le firme già raccolte: centinaia, migliaia. Una sciocchezza, secondo lo stesso Grillo che ha parlato di «Oscar della stupidità ». Ma una sciocchezza che costituisce un reato, punibile da due a 5 anni, che sanziona non solo chi falsifica liste di elettori ma anche chi di quegli atti contraffatti fa uso. Una prima inchiesta, aperta nel 2013 in seguito a un esposto anonimo e affidata alla Digos, venne archiviata dalla procura nel 2014. A inizio ottobre il caso è riesploso dopo un servizio delle “Iene”, innescato da un altro anonimo che ha fornito l’elenco delle firme vere e mai presentate in tribunale. Di lì la nuova inchiesta, corroborata dalle dichiarazioni di un superteste, Vincenzo Pintagro, che ha detto di aver visto Mannino e Busalacchi falsificare le firme. Ma rafforzata anche dal disconoscimento del proprio autografo da parte di oltre un centinaio di sottoscrittori convocati in Questura. Malgrado il cerchio dei magistrati si stringesse, malgrado lo stesso Grillo avesse invitato tutti a collaborare, il gruppo chiuso di deputati che fa capo a Riccardo Nuti - i “monaci” nel gergo grillino non ha ritenuto di fare alcun passo indietro. Né ammissioni, né autosospensioni. Solo La Rocca, fra tanti silenzi, ha deciso di collaborare. E il castello di reticenze è venuto giù.

Nessun commento:

dipocheparole     venerdì 27 ottobre 2017 20:42  82 Facebook Twitter Google Filippo Nogarin indagato e...