La molla verso la “confessione” è stata quella di sottolineare esattamente quello che dice il leader, pubblicamente e no
Ieri Repubblica Palermo aveva parlato della superteste che si era presentata come testimone ed era uscita dalla Procura come indagata nella vicenda delle firme false a 5 Stelle di Palermo. Il nome che si faceva era quello di Claudia La Rocca, oggi parlamentare regionale. Oggi il quotidiano conferma le indiscrezioni sulla vicenda:
Il nomignolo che usa, su Facebook, è “Clay”. Argilla, in inglese. Eppure questa donna apparentemente fragile ha trovato la forza di rompere il muro di omertà dietro il quale, da diverse settimane, si erano trincerati i 5 stelle coinvolti nel caso delle firme false. Non è stato un gesto facile per Claudia La Rocca, 35 anni, grillina della prima ora e deputata dal 2012. Ma gli attivisti più vicini alla portavoce bagherese, con tutte le accortezze legate a un’inchiesta ancora in corso, dicono che Claudia sia provata, sofferente. Lei non parla, risponde a pochi messaggi degli amici. È stata abbastanza eloquente davanti ai magistrati, ma quello che proprio non desidera è l’etichetta di superteste, addirittura di “pentita”.Non era suo intento fare gratuite accuse su nessuno — fa sapere chi l’ha raggiunta — ma in primis autoaccusarsi. E soprattutto rispondere a quell’appello di Grillo («Chi sa, parli») che invece altri, nel Movimento, non avrebbero rispettato. La molla verso la “confessione” è stata quella di sottolineare esattamente quello che dice il leader, pubblicamente e no: il fatto in sé, la falsificazione o, meglio, la ricopiatura delle firme utili per la presentazione delle liste alle amministrative del 2012, non è un reato grave ma una sciocchezza. Grave è stato invece far finta di niente.
Il nome della La Rocca era tra quelli che si trovavano nell’indirizzario dove venne comunicato prima un problema sulle firme delle liste per la candidatura a sindaco di Riccardo Nuti, e poi si scrisse esultando che il problema era stato “risolto” (probabilmente tramite la falsificazione delle firme). In nome della trasparenza quanno ce pare di cui è alfiera la sindaca di Roma Virginia Raggi, la parlamentare regionale ha ritenuto di non dover comunicare nulla riguardo cosa è accaduto durante la sua testimonianza.
Ma almeno lei ha parlato. Il silenzio più completo avvolge invece il manipolo di deputati e collaboratori che è sospettato di aver falsificato le firme. Restano alcuni dubbi: che ruolo avrebbe avuto esattamente La Rocca? E di quali altri grillini ha parlato davanti ai pm? Sembra che nelle stanze di via Sampolo dove si raccolsero le firme ci fossero almeno una decina di militanti. Chi è stato chiamato in causa dalla deputata regionale? Rimane invece avvolto dal mistero il nome di chi, con la sua denuncia anonima arrivata proprio durante le Comunarie del M5S a Palermo, ha scatenato lo scandalo a orologeria. L’ultimo tassello che serve per comprendere come sia andata la storia.
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