sabato 8 ottobre 2016

Più si parla dei contenuti della riforma e più è evidente che gli italiani capiscono che occorre votare SI.


Il sondaggio - La sfida di Renzi parte dal 33% ma il Sì è in rimonta 

Piace l’abolizione del bicameralismo perfetto, bocciato il Senato non elettivo
Il premier Matteo Renzi

07/10/2016
La fiducia degli italiani nel premier Renzi resta attorno al 33 per cento, quella nel governo appena un punto sopra. La tendenza non si inverte. In compenso, la partita del referendum è apertissima, con il Sì che rimonta puntando su alcuni punti della riforma, che suscitano largo consenso. 


Verso il voto  
Di eventi futuri che dominano il pensiero degli italiani (la ricerca è stata eseguita da Istituto Piepoli su campioni settimanali rotativi di 500 casi, rappresentativi della popolazione degli elettori) ce n’è solo uno: il referendum del 4 dicembre. Dal punto di vista formale si conferma il No, che è al 54% mentre i Sì sono al 46%. Tuttavia chi è abituato come me a fare test di prodotto è giunto a una conclusione un po’ diversa. Abbiamo sottoposto infatti agli italiani le varie aree referendarie contenute nel quesito che sarà proposto nella scheda elettorale. In sintesi, delle 8 parti in cui abbiamo suddiviso il quesito referendario, ben 6 ottengono la maggioranza assoluta dei Sì, e solo 2 ottengono una netta sconfitta, cioè un No da parte degli elettori. Quindi, nel caso in cui si spezzetti il referendum e si approvino o disapprovino le singole parti dello stesso, il risultato finale è marginalmente favorevole al Sì: il 47% approva il referendum contro il 46% che lo rifiuta. 
La distanza è irrisoria. L’unica cosa altamente probabile è una forte partecipazione degli elettori alla prova. La nostra previsione è di una presenza al referendum di 30 milioni di italiani. 



Il mondo del potere  
Dall’inizio di aprile, Renzi naviga sotto il 40% nella fiducia degli italiani. Quanto alla compagine ministeriale, tiene bene alla botta del tempo, anche se i Top 10 sono cambiati: nella prima epoca del governo erano sostanzialmente donne e adesso sono tutti uomini; la prima delle donne, Roberta Pinotti, compare infatti al sesto posto. La consuetudine di leader dei ministri si materializza in Graziano Delrio e l’ultimo della classe è, dall’inizio del governo, Angelino Alfano. In ogni modo, nel complesso, questo governo ha una popolarità più costante e dimostra di essere «più squadra» rispetto ai cinque governi precedenti. 

Ma cosa ha fatto di buono questo governo? Lo abbiamo chiesto agli elettori e loro puntualmente ci hanno risposto che tra i provvedimenti del governo Renzi detiene la palma il bonus di 80 euro in busta paga per i lavoratori dipendenti e per quelli a progetto. Seguono, in termini di preferenza, i tagli alla spesa pubblica e il taglio del 10% dell’Irap. Anche la riforma del lavoro, il Jobs Act e gli incentivi connessi alle assunzioni a tempo indeterminato completano l’area di maggior gradimento da parte dell’opinione pubblica. Quindi, più lavoro e meno tasse: queste sono le cose che valgono per la gente. Il resto è silenzio. 

Il Quirinale  
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella si fa poco sentire dalla gente soprattutto confrontandolo con l’attivismo del suo predecessore Giorgio Napolitano. La sua patente ritrosia a comparire non tarpa le ali alla sua immagine che è piuttosto alta: 6 italiani su 10 si dichiarano contenti della sua presenza al Quirinale. E’ ben vero che qualche punto, attraverso i mesi di gestione del ruolo di Presidente, Mattarella l’ha perso. Ma è sempre costantemente superiore a Scalfaro che aveva una media di 54/55% e non è lontano dagli ultimi momenti di Napolitano che qualche volta, come Ciampi, ha goduto del punteggio di solito riservato ai Re (oltre l’80%). 

Le istituzioni  
Chi resta oltre al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio Renzi e ai suoi ministri? Ben poco secondo l’opinione pubblica, che infatti assegna punteggi bassi o in discesa persino a Luigi Di Maio (che in quest’ultimo mese ha perso alcuni punti in termini di fiducia). Quanto agli altri, il 27% assegnato a Beppe Grillo, il 21% assegnato a Matteo Salvini e il 14% assegnato a Silvio Berlusconi sono piuttosto poco: un’opposizione all’attuale governo è tutta da costruire, e senza un’opposizione seria, un governo serio perde colpi. 


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