martedì 4 ottobre 2016

Ecco chi non difendono i sindacati. Chi difendono lo sanno tutti. I nullafacenti come loro. Se non peggio........

L’intervista. 
Andrea Franzoso ha raccontato in procura gli sprechi dell’ex presidente di Fnm “Abbandonato dai sindacati, ma non mi pento”
“Io, rimasto senza lavoro per aver denunciato il capo ho perso ma lo rifarei” 
MATTEO PUCCIARELLI
MILANO.
Fino a ieri Andrea Franzoso, 39 anni, era un funzionario delle Ferrovie Nord Milano, partecipate dalla Regione Lombardia. Società dalla quale era stato messo ai margini, relegato in ufficio a fissare la parete. La sua colpa? Aver parlato troppo, denunciando le spese pazze (600mila euro) del vecchio presidente Norberto Achille. Quando Fnm gli ha proposto la risoluzione del contratto, ha accettato.
Quando comincia la storia?
«Nel febbraio 2015 presentai un esposto ai carabinieri. Avevo tre possibilità: farlo in modo anonimo, come fonte confidenziale, oppure con nome e cognome. Scelsi la terza ».
Quella che meno la tutelava, perché?
«Era giusto metterci la faccia. Non volevo nascondermi né avere paura. Quando scoprii certe cose, provai indignazione e disgusto di fronte alla voracità con la quale si spendevano i soldi. Faccio un esempio. Achille si comprò le Hogan, 330 euro, con la carta di credito aziendale. Poi non contento si fece rimborsare pure lo scontrino. Un paio di scarpe costò 660 euro. Capisce?».
Ma lei, in qualità di whistleblower, sapeva di non avere tutela giuridica piena?
«Sì, ma l’ho considerato un necessario atto di disobbedienza civile ».
All’inizio, oltre a lei, chi sapeva che sarebbe andato a denunciare tutto?
«Solo il mio collega Luigi Nocerino, poi trasferito altrove».
E in azienda quando si è saputo che la gola profonda era stato lei, cos’è successo?
«Il 18 maggio 2015 arrivano gli avvisi di garanzia e scoppia il bubbone. Ho capito questo: chi in modo plateale mi ha esternato solidarietà all’inizio, poi è stato il primo a voltarmi le spalle. Ricordo che diversi colleghi mi dicevano “bravo” in ascensore. Poi, riaperte le porte, eravamo degli sconosciuti».
La discriminazione vera e propria quando comincia?
«Appena arriva il successore di Achille, il leghista Andrea Gibelli. I miei incarichi vengono affidati a consulenti esterni. Io mi ritrovo a non fare niente. Mi sono letto un sacco di romanzi nel tempo libero, in ufficio. Mandavo mail per chiedere informazioni, mi rispondevano: “Formalmente ha ancora i suoi incarichi”. Che però ormai svolgevano altri».
Ma lei con Gibelli ci ha mai parlato?
«Sì, quattro mesi dopo il suo arrivo. Chiedevo di essere ricevuto da tempo. Fu molto ossequioso, mi disse di non preoccuparmi, che c’era una riorganizzazione in corso. Alla fine mi crearono un ufficio ad hoc, “Regolamenti e normative sul lavoro”. Con pochissimo da fare».
Visto che grazie al suo controllo aveva permesso di scoprire lo sperpero di soldi, nel nuovo ufficio aveva ancora quel tipo di funzione?
«No, nessuna».
I sindacati la difesero?
«C’è sempre stata indifferenza da parte loro, la cosa mi ha ferito umanamente».
Un giudice del lavoro le ha dato in parte torto, in sostanza perché per i whistleblower nel settore privato non ci sono le stesse garanzie che nel pubblico. Nonostante Ferrovie Nord Milano sia di diretta emanazione pubblica.
«Vivo il tutto con grande disincanto. Il processo ad Achille non è ancora cominciato dopo un anno e mezzo, e intanto la prescrizione si avvicina. Chi autorizzò le sue spese è ancora un dirigente di Fnm e continua a percepire premi di risultato. La verità è che ho perso».
Anche la posizione del suo grande accusato, l’ex presidente del Collegio sindacale Carlo Alberto Belloni, è stata archiviata.
«La procura lo aveva indagato per tentato favoreggiamento, con ogni evidenza insostenibile in giudizio. Belloni non intendeva certo favorire Achille, ma proteggeva se stesso, per via del suo ruolo».
Dubita anche del ruolo della giustizia, adesso?
«Ci sono dei comportamenti inopportuni che non sempre costituiscono reato. Lei sa che Fnm ogni anno versava 30mila euro all’associazione dell’allora presidente del Tribunale Livia Pomodoro? Come si fa a chiedere soldi a un manager politico che poi forse ti dovrai trovare a indagare?».
E adesso cosa farà?
«Chissà. Per molti avrò addosso lo stigma della spia».
Ne è valsa la pena, quindi?
«Forse è stato inutile, ma lo rifarei cento volte. Il problema è culturale e occorre tempo e insieme gesti come, penso, il mio. Vorrei che si capisse che la corruzione è nemica della giustizia sociale».
LA FINTA SOLIDARITÀ
Ricordo i colleghi che mi dicevano “bravo” in ascensore. Poi, aperte le porte, diventavo un perfetto sconosciuto
Ò
LA GIUSTIZIA
Il giudice mi ha dato torto il processo al grande accusato non è neanche partito e potrebbe finire tutto con la prescrizione
IL FUNZIONARIO
Andrea Franzoso, 39 anni, funzionario, ha denunciato alla magistratura gli sprechi dell’ex presidente delle Ferrovie Nord Milano

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