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Ore 11 circa, cortile della Camera dei deputati. Decine di parlamentari assistono attoniti a una mini corrida in salsa grillina. Due deputati del Movimento si ritrovano minacciosamente faccia a faccia. Volano parole pesanti. Litigano. Allungano le braccia, come a spintonarsi. Per evitare che lo scontro si trasformi in un’autentica, clamorosa rissa, devono intervenire addirittura due colleghi cinquestelle. In un attimo dividono i due contendenti e riportano la calma. Intorno, i parlamentari degli altri schieramenti restano attoniti. E la notizia passa di bocca in bocca in pochi minuti, arrivando fin dentro l'Aula della Camera.

I due protagonisti, innanzitutto: si tratta di Giorgio Sorial e Francesco Cariello. Esponente dell’ala dura del Movimento il primo, arruolato tra gli ortodossi. Più moderato il secondo, temperamento mite e origini pugliesi. Le scintille iniziano in Transatlantico, ma lo scontro vero e proprio si consuma nel bel mezzo del cortile della Camera, mentre tutto intorno i parlamentari si concedono la sigaretta di metà mattina. Dalle vetrate dei corridoi, in molti si fermano per osservare il duello: tocca a Vincenzo Caso evitare il peggio, mettendo il proprio corpo tra i due contendenti. Per sedare lo scontro si lancia anche un altro collega a cinquestelle. Caso si allontana, inveendo. Cariello continua ad agitarsi, e continua a litigare con Sorial. Poco dopo, un big degli ortodossi come l’ex capogruppo Federico D’Incà riunisce (sempre in cortile) alcuni dei presenti e cerca di mettere ordine, invitando tutti a sforzarsi per mantenere la calma.

Ma quali sono le ragioni del litigio? Bocche cucite tra i cinquestelle, naturalmente. Né basta quanto raccontano alcuni deputati che lambiscono l’epicentro dello scontro. Riferiscono di aver captato frammenti di discussione, accuse su un “appuntamento di lavoro mancato” e “orari cambiati all’ultimo momento per un vertice tra rappresentanti di due commissioni ”. Più facile inquadrare l’accaduto nel clima infuocato del Movimento. Soprattutto nel gruppo della Camera, la situazione rischia di sfuggire di mano: dopo il ridimensionamento di Luigi Di Maio e del direttorio, manca un centro decisionale, né bastano le sporadiche missioni romane di Beppe
Grillo. Se a questo si aggiunge la crescente tensione interna tra ortodossi e moderati – oltre all’annosa conflittualità tra deputati e senatori pentastellati – si spiega meglio l’episodio di oggi. Un normale “mezzogiorno di fuoco grillino a Montecitorio”.