sabato 14 marzo 2015

Riceviamo e pubblichiamo

#Buonascuola:“Noi presidi schiacciati dalla burocrazia”

Il ddl punta sui presidi. Ma loro si aspettano una semplificazione delle procedure amministrative
Il giudizio dei presidi sul disegno di legge sulla scuola del governo Renzi

(Getty Images/JEFF PACHOUD)

   
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Il disegno di legge sulla #buonascuola punta tutto su di loro: i presidi. In base al testo venuto fuori dal consiglio dei ministri del 12 marzo (qui le slide), i dirigenti potranno segliere i docenti per formare la propria “squadra”, potranno intervenire sulla programmazione e saranno loro a decidere quali insegnanti premiare con gli incrementi salariali. Qualcuno ha parlato di “presidi manager”, qualche altro di “presidi leader”. Ma loro, i presidi, qualche dubbio ce l’hanno. E fanno la tara con le promesse che il documento “La Buona Scuola” di settembre 2014 aveva prospettato. «I presidi non hanno mai chiesto maggiori poteri», dice Paolino Marotta, preside del Liceo Classico “Pietro Colletta” di Avellino e presidente dell’Associazione nazionale dirigenti scolastici (Andis), «semmai si aspettano quella semplificazione legislativa, la definizione di una nuova governance d’istituto e l’eliminazione di alcune inutili incombenze burocratiche che il documento “La Buona Scuola” aveva annunciato nel capitolo “Sblocca-Scuola”». Tutte cose che da settembre 2014 a oggi, nel passaggio dagli annunci di un decreto legge al più soft disegno di legge, sono state diluite. Ora che il disegno di legge è stato approvato dal governo, quello che temono è che il passaggio al Parlamento possa prolungarsi oltre il suono della campanella di settembre. «I tempi sono limitati», spiega Marotta. «Per questo ddl ci sarebbe bisogno di una corsia preferenziale, se non si vuole arrivare in ritardo rispetto all’apertura del prossimo anno scolastico».
Presidi schiacciati dalla burocrazia
I presidi italiani sono oltre 7.700, a capo di più di 8.500 scuole. Hanno un’età media di 55 anni e redditi intorno ai 55mila euro lordi all’anno. Negli ultimi quindici anni, il loro ruolo è cambiato, e non poco. «Il profilo professionale del dirigente scolastico si è profondamente modificato anche in conseguenza del trasferimento alle autonomie scolastiche di nuovi compiti e responsabilità di tipo amministrativo-burocratico», dice Marotta. Sui presidi pesa una lista di incombenze, timbri e scartoffie, che li hanno trasformati in veri e propri burocrati: i rapporti e il contenzioso con l’utenza, la rappresentanza legale, la responsabilità civile verso il personale e verso l’utenza, la responsabilità contabile, la responsabilità erariale, la gestione previdenziale, la responsabilità per la trasparenza dei siti web, la responsabilità di sostituto d’imposta, la responsabilità sulla sicurezza degli edifici scolastici, la titolarità delle relazioni sindacali e della contrattazione con le rsu. «Alcune di queste funzioni sono vissute da molti dirigenti scolastici comevere e proprie molestie burocratiche», dice Marotta, «in quanto assorbono interamente la giornata di un preside, distraendolo spesso dall’esercizio delle competenze manageriali e di coordinamento pedagogico-didattico e culturale della scuola».
I presidi sono carichi di nuove responsabilità di tipo burocratico-amministrativo che spesso li distraggono dalle competenze manageriali e di coordinamento culturale della scuola
Diverse ricerche hanno dimostrato che migliori presidi generano migliori studenti. Secondo uno studio condotto dall’Università Bocconi e dall’Università di Cagliari, presidi con migliori capacità manageriali hanno alunni che ottengono punteggi più alti nei test Invalsi. L’Andis da qualche anno fa riferimento al modello manageriale della leadership for learning, studiato in italia da Angelo Paletta, docente di economia aziendale dell’Università di Bologna. «Questo modello», spiega Marotta, «ha dimostrato che il dirigente scolastico può determinare un miglioramento significativo dell’apprendimento degli alunni se decide di mantenere la focalizzazione sui compiti istituzionali e sulla mission della scuola, se ha il tempo per occuparsi di più del successo scolastico e formativo degli studenti, senza lasciarsi assorbire esclusivamente dalle incombenze amministrativo-burocratiche».
Scelta dei docenti: ci sono ancora molti aspetti da chiarire
Sul fronte della chiamata diretta dei prof da parte e della valutazione degli insegnanti più meritevoli da parte dei presidi, regna ancora la confusione. Molti aspetti sono ancora da chiarire, e si teme il caos. «Renzi ha dichiarato: “Il preside sceglie dentro l’albo dei docenti e individua la persona più adatta senza automatismi”. Aspettiamo di capire che cosa sarà l’albo territoriale e quali strumenti saranno nella disponibilità dei dirigenti scolastici», dice Marotta. Sul lato della valorizzazione del merito, il governo ha stanziato 200 milioni di euro. I presidi dovrebbe stabilire a quali insegnanti concedere i bonus salariali.«Ci aspettiamo che il Parlamento individui presto, anche con il supporto delle organizzazioni sindacali e delle associazioni professionali della scuola, un sistema di valutazione e di riconoscimento del merito capace di motivare il personale e di non alimentare comportamenti opportunistici», mette in guardia Marotta.
Ci sarebbe da chiedersi perché si sceglie di investire sui consumi culturali degli insegnanti (teatro, concerti, riviste, cinema, libri, ecc.) e non anche sulla loro formazione professionale
Card da 500 euro: perché non investire sulla formazione professionale?
Anche la card da 500 euro per i consumi culturali degli insegnanti non convince. «È un annuncio ancora troppo vago», spiega Paolino Marotta. Bisogna capire quale sarà lo stanziamento effettivo e se il bonus sarà riconosciuto a tutti gli 800mila docenti italiani. «Ci sarebbe comunque da chiedersi perché si sceglie di investire sui consumi culturali degli insegnanti (teatro, concerti, riviste, cinema, libri, ecc.) e non anche sulla loro formazione professionale, dalla quale sappiamo dipende la qualità della prestazione didattica e della relazione educativa e quindi la qualità dei risultati di apprendimento degli alunni. Non credo che questo strumento possa servire a riconoscere il valore degli insegnanti, ai quali andrebbe invece destinato un trattamento economico più dignitoso».
100mila nuovi insegnanti
Se di qualità della scuola si parla, qualche dubbio resta anche sulla assunzione degli oltre 100mila precari iscritti alle Graduatorie a esaurimento, molti dei quali sono iscritti solo formalmente a queste liste senza seguire da anni alcun corso di formazione e aggiornamento professionale. «Apprezziamo la volontà del governo di assumere un numero così importante di docenti», dice Marotta, «ma abbiamo anche segnalato il rischio che una parte dei precari da immettere in ruolo potrebbe non possedere livelli di preparazione professionale e di esperienza tali da comportare un sensibile miglioramento della didattica e, quindi, un innalzamento dei risultati di apprendimento degli alunni». La proposta dei presidi al ministero è che «per i nuovi immessi in ruolo si predispongano per tempo adeguate azioni di mentoring, compreso un piano straordinario di formazione in servizio, anche con il supporto delle Università».

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