Ghedini e Longo nei guai per la storia di Ruby e Berlusconi
di Redazione - 29/11/2013 - Le motivazioni della sentenza depositate oggi dai giudici della quinta sezione penale del Tribunale di Milano: gli avvocati dell'ex Cavaliere sono «gravemente indiziati» di aver pagato le testimoni del processo Ruby per rendere falsa testimonianza
I giudici della quinta sezione penale di Milano hanno depositato le motivazionidella sentenza con cui, lo scorso 19 luglio, furono condannati Emilio Fede, Nicole Minetti e Lele Mora per induzione e favoreggiamento della prostituzione, con riferimento ai festini di Arcore. All’ex direttore del Tg4 e all’ex guru dei vip erano stati inflitti sette anni di carcere, mentre l’ex consigliera regionale del Pdl era stata condannata a 5 anni. Con la lettura delle motivazioni avrà avvio anche l’indagine Rubyter, sulle presunte false testimonianze. Questo perché, al momento della lettura della condanna, era stata disposta la trasmissione degli atti ai pm in relazione a diverse false testimonianze.
RUBY: LE MOTIVAZIONI - Secondo i giudici di Milano che hanno condannato Emilio Fede, Nicole Minetti e Lele Mora nel processo Ruby bis, Silvio Berlusconi va indagato per corruzione in atti giudiziari. Insieme con lui, il Tribunale ritiene si debba procedere anche nei confronti delle ragazze che parteciparono alla riunione convocata dal Cavaliere ad Arcore il 15 gennaio 2011 e dei suoi legali Piero Longo e Niccolo’ Ghedini.
LONGO E GHEDINI NEI GUAI - «Tutti i soggetti partecipanti alla riunione e quindi anche tutte le ragazze – si legge nelle motivazioni dei giudici milanesi, presieduti da Anna Maria Gatto – Sono gravemente indiziati del reato di cui all’art.319 ter: le giovani donne che poi rendevano false testimonianze (il reato di falsa testimonianza concorre col reato di corruzione in atti giudiziari) in qualità di testimoni e, quindi pubblici ufficiali, ricevevano denaro e altre utilità, sia prima che dopo avere deposto come testimoni; Berlusconi in qualità di soggetto che elargiva denaro e altre utilità; gli avvocati Longo e Ghedini in qualità di concorrenti per aver partecipato, nella loro qualità di difensori di Berlusconi alla riunione del 15 gennaio 2011». Berlusconi, quindi, è «gravemente» indiziato del reato «di corruzioni in atti giudiziari» in qualità «di soggetto che elargiva il denaro e le altre utilità» alle ragazze-testimoni.
LE RAGAZZE PAGATE 2.500 EURO AL MESE, A TEMPO INDETERMINATO - «Alcune scene descritte dalle testimoni denotano l’esistenza di attività sessuale dietro pagamento di compensi» – si legge ancora nelle motivazioni, ricostruendo l’ormai famosa riunione avvenuta ad Arcore, nella casa di Berlusconi, il 15 gennaio 2011. Una riunione per «parlare della questione» alla quale «parteciparono i suoi avvocati, Ghedini e Longo, con tutte le ragazze che erano state sottoposte a perquisizione domiciliare». E ancora: «in seguito a questa riunione, tutte le ragazze, testimoni nel nostro processo, iniziavano a percepire almeno la somma di 2.500 euro al mese ciascuna, a tempo indeterminato (alcune testimoni percepivano somme maggiori)». Silvio Berlusconi è stato ritenuto dai giudici del tribunale di Milano l’«utilizzatore finale delle prostitute» e l’ex consigliera regionale Nicole Minetti «il tramite, per il pagamento di “una parte del corrispettivo corrisposto per il meretricio».
QUELLE FRASI TUTTE UGUALI RIFERITE DALLE RAGAZZE - Le motivazioni sottolineano che «tutte le persone che percepivano questa somma rendevano al processo dichiarazioni perfettamente sovrapponibili, anche con l’uso di linguaggio non congruo rispetto alla loro estrazione culturale; in particolare si noterà la ricorrenza, nelle deposizioni, di nomi, terminologie, fraseggi identici tra loro; a precisa domanda, alcune non sapevano riferire il significato della parola o della frase utilizzata». Per i giudici le «dichiarazioni erano dirette a favore di Berlusconi (e, di conseguenza, per quanto ci riguarda, dei nostri imputati)». Per il tribunale, la riunione del 15 gennaio «non può certamente essere ritenuta rituale, legittima o rientrante nei diritti della difesa».
RISARCIMENTO? NO, «PRETESTO NON VEROSIMILE» - Questi pagamenti, secondo il pm sarebbero «anomali»: nonostante le ragazze abbiano riferito che quei 2.500 euro al mese sarebbero stati un risarcimento per i «danni mediatici» subiti dall’inchiesta, nelle motivazioni si legge che i giudici le hanno ritenuti «un pretesto non verosimile».
DOPPIA ACCUSA PER RUBY - E nelle motivazioni dei giudici si legge anche di Ruby: la giovane marocchina dovrebbe essere indagata, oltre che percorruzione in atti giudiziari, anche per falsa testimonianza e indebita propagazione di notizie. Il secondo reato, nello specifico, si riferisce al fatto che Luca Giuliante, il primo avvocato di Karima El Mahroug, apprese da lei informazioni relative alle sue deposizioni davanti ai pm milanesi, notizie che poi divulgò ad altri. «In relazione a questo fatto – spiegano – si è disposta la trasmissione degli atti alla Procura per quanto attiene alla condotta tenuta da Giuliante, Karima ed eventualmente altri soggetti che a tale indebita propagazione di notizie abbiano concorso». Per quanti riguarda l’accusa di falsa testimonianza, questa sarebbe relativa alle «bugie» che Ruby avrebbe raccontato durante la testimonianza al processo.
IL PRIMO AVVOCATO DI RUBY E LA «INDEBITA PROPAGAZIONE DI NOTIZIE» – Luca Giuliante, il primo legale di Karima El Mahroug suo avvocato nell’autunno del 2010 dopo essere stato anche l’avvocato di Lele Mora, compare anche nella prima sentenza relativa al processo Ruby: sarebbe stato lui, infatti, a riferire agli avvocati di Berlusconi tutto quello che la ragazza gli aveva raccontato (informazioni che poi lei stessa bollò come «cavolate») ma svolgendo, di fatto, la funzione di «tramite» tra Ruby e l’allora premier, vigilando sui pagamenti che la ragazza aveva cominciato a ricevere regolarmente. Per lui, si legge oggi nelle motivazioni alla sentenza del processo Ruby 2, si profilano le accuse di corruzione di atti giudiziari e di rivelazione di segreto d’ufficio. Il pm dovrà valutare ora «se sussiste una connessione causale tra i pagamenti e le varie dichiarazioni di Ruby al fine della configurabilità del reato di corruzione in atti giudiziari a carico di Giuliante e Karima El Mahroug come si ritiene in questa sede di ravvisare quantomeno sotto il profilo della sussistenza di indizi di reità».
«RUBY HA INQUINATO LE PROVE» - I giudici, poi, fanno anche riferimento alla protesta inscenata da Ruby lo scorso aprile, quando la ragazza si mise davanti al Tribunale di Milano raccontando «la propria verità» a difesa di sé stessa e di Berlusconi e dicendo di essere «una bugiarda ma non una prostituta». Per i giudici si trattò di «un’attività di possibile contaminazione probatoria», trattandosi di pubbliche dichiarazioni rese prima prima di deporre come testimone” nel processo a carico di Fede, Mora e Minetti. Il collegio fa notare come Ruby lesse un testo dal «linguaggio particolarmente tecnico», per sua stessa ammissione «preparato da altri», ma non «è noto da chi».
Guarda le foto:
EMILIO FEDE «BURATTINAIO, SELEZIONAVA LE RAGAZZE PER BERLUSCONI» - Sempre nelle motivazioni depositate oggi dai giudici milanesi si legge anche che Emilio Fede sarebbe stato «il burattinaio della situazione»: insieme a Lele Mora, l’ex direttore del Tg4 intratteneva «rapporti finalizzati a selezionare e procurare donne che potevano incontrare i gusti di Silvio Berlusconi e a organizzare e-o facilitare l’incontro di queste con l’ex premier».
LELE MORA E I «PROVVEDO SUBITO» A FEDE - Dal canto suo, Mora, l’agente dei vip, si rivolgeva a Fede con quella che i giudici hanno definito «deferenza». Una deferenza «desumibile dalle modalità che questi adottava nel rivolgersi all’interlocutore ad esempio dandogli del lei, mentre Fede gli dava del tu, e dalla prontezza con cui rispondeva alle sue richieste e sollecitazioni usando ripetutamente espressioni del tipo ‘sì, direttore’, ‘certo, direttore’, ‘provvedo subito, direttore’» così come «traspare», «anche il diverso spessore dei due compari».
LELE ED EMILIO, «COMPARI IN TANDEM» - «Compari». I giudici milanesi hanno più volte usato questo termine per riferirsi a Lele Mora ed Emilio Fede, tornando ad utilizzare questa espressione già utilizzata dall’accusa durante la requisitoria. I magistrati, comunque, si dicono «stupiti» per come Fede «possa riuscire a ‘chiamarsi fuori’ dalla vicenda quando l’istruttoria dibattimentale ha dimostrato con assoluta certezza che lui e Mora agivano costantemente in tandem, che lavoravano in totale sinergia per procurare al ‘produttore’ (ndr Berlusconi com’era definito nelle intercettazioni) i ‘programmi’ che gli piacevano».
LA «PLATEALE» ATTIVITÀ DI FEDE E MORA - Insomma, per i giudici quella di Fede e Mora fu una «plateale attività di induzione» volta a «far cessare le resistenze di ordine morale che avrebbero potuto trattenere le ragazze dal prostituirsi». In questo né Fede né Mora sarebbero avrebbero agito senza un interesse personale: secondo i giudici, Emilio Fede «verosimilmente ambisce a mantenere la posizione di prestigio da egli detenuta, nonostante l’elevata età anagrafica, in Mediaset rafforzando il legame di amicizia ed abituale frequentazione che ha con Silvio Berlusconi». Mora, invece, spera di riuscire a ricevere gli aiuti economici di Silvio Berlusconi per «risollevare le sue disperate condizioni imprenditoriali». I giudici le definiscono «aspettative convergenti» ed entrambi sarebbero stati un ingranaggio di questo «sistema prostitutivo», avendo anche «l’accesso ai suoi segreti, la potenzialità implicitamente ricattatoria che ne deriva, il perseverante funzionamento, la costante operatività del sistema stesso».
«NICOLE MINETTI ERA DISPONIBILE PER BERLUSCONI» - Per quanto riguarda Nicole Minetti, i giudici scrivono che l’ex consigliere regionale già igienista dentale «era disponibile per Berlusconi, in virtù del rapporto di fiducia-amicizia-interesse-amore (?) che la univa a lui». Durante la sua testimonianza davanti ai giudici, nel processo Ruby 2 Nicole Minetti dichiarò infatti di amare Silvio Berlusconi «di amore vero». Per il Tribunale, comunque, Nicole Minetti è colpevole del reato di favoreggiamento della prostituzione perché «svolgeva un fondamentale e continuativo ruolo di intermediazione nella corresponsione di stabili erogazioni economiche alle donne che abitavano in via Olgettina, emolumenti che avevano indubbia natura di corrispettivo per l’attività di prostituzione svolta». E ancora, la Minetti «intermediava il rapporto con alcune delle abituali frequentatrici delle cene, occupandosi dell’intera gestione delle abitazioni di via Olgettina, residenze che Berlusconi metteva a disposizione delle ragazze, sostenendone per intero le spese, quale parte del corrispettivo agli atti sessuali a pagamento dalle stesse poste in essere in suo favore».
AMBRA, CHIARA E IMANE: LE «PENTITE DEL BUNGA BUNGA» - Alcune delle ragazze che parteciparono alle serate hard di Berlusconi ad Arcore, avrebbero «sofferto» per quanto accaduto e per gli sviluppi giudiziari che ne sono seguiti, essendo definite dai media come «escort» che sarebbero state «infilate nel letto di Berlusconi». Così i giudici del processo Ruby 2 hanno motivato il riconoscimento del danno per Ambra Battilana, Chiara Danese e Imane Fadil, le cosiddette «pentite del bunga-bunga». Le tre ragazze, costituitesi parte civile, saranno liquidate in sede civile dai condannati Fede, Mora e Minetti.
(Photocredit: LaPresse)
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Di sicuro con le loro trovate il caro Leader è andato di male in peggio.
E’ impagabile la faccia di Ghedini quando entrando in un aula vede la scritta “La Legge è uguale per tutti”
loro pensavano veramente che raccontando tutte ste fregnacce alla magistratura, potevano mettercela a noi tutti e ai magistrati nel C.lo.. squallidi invertebrati,
stavolta il clan di beruscon&co, si sono tirati tutti la zappa nei propri piedi.. e questa volta mi sa che ci scappa pure la galera x tutti, sará un altro giorno da festeggiare con lo champagne.