Greenpeace: «Letta fai tornare Cristian D’Alessandro»
di Stefania Carboni - 25/10/2013 - Il giovane attivista resta rinchiuso nel carcere russo, mentre genitori ed associazione chiedono al presidente del Consiglio atti concreti
«Letta agisci», è questo in sostanza l’appello che Greenpeace rivolge al Presidente del Consiglio. Agire ora, per non far calare l’attenzione sul destino di Cristian D’Alessandro, l’attivista di Greenpeace detenuto in Russia insieme ad altri 29 membri dell’equipaggio dell’Arctic Sunrise. Oggi i genitori del ragazzo sono andati al Quirinale dall’ambasciatore Antonio Zanardi Landi, consigliere diplomatico del Presidente della Repubblica Napolitano. L’incontro è arrivato dopo l’annuncio del cambio di accuse nei confronti degli attivisti, che è passato dal reato di pirateria a quello di vandalismo, dove si rischiano fino a sette anni di carcere secondo il codice penale russo.
Nella sede di Greenpeace a Roma si è tenuta stamane una conferenza stampa. Aristide D’Alessandro, padre di Cristian, ribadisce come sia assurdo il capo d’imputazione: «Leggendo l’articolo del codice penale ci sembra che l’accusa continui ad essere ampiamente sproporzionata. Eppure ci auguriamo che le autorità russe vogliano riconsiderare la decisione di negare la libertà su cauzione a Cristian e ai suoi compagni. In questo momento ci sembra importante tenere sempre alta l’attenzione sulla vicenda, dato che la situazione rimane grave». Derubricare l’accusa a vandalismo non è un buon segno. A ribadirlo è anche il Presidente di Greenpeace Italia Ivan Novelli: «Greenpeace è un’associazione che usa forme di protesta pacifiche da più di 40 anni, questo episodio oltre che ad esser grave per i nostri attivisti lede anche la nostra immagine». Novelli chiede un atto concreto da parte del primo ministro Letta, chiedendo una pronta risoluzione della vicenda.
guarda gli attivisti della Arctic Sunrise:
(LaPresse)
LA SITUAZIONE – Nel diritto internazionale è previsto che in acque internazionali non si possano sequestrare navi o equipaggi. Gli Arctic 30 sono quindi fermati illegalmente. Non solo, Andrea Pinchera, responsabile comunicazione Greenpeace ricorda questa come una delle azioni più pesanti contro gli attivisti negli ultimi anni di vita dell’associazione. «Il fatto che le accuse vengano modificate da pirateria a vandalismo non vuol dire che siano meno infondate o che abbiano conseguenze meno gravi per i nostri attivisti», ricorda Novelli. In conferenza stampa si ricordano le parole dell’attivista Paul Ruzycki (Canada) in una delle udienze: «Siamo attivisti di tutto il mondo e lavoriamo per un obiettivo comune. Chiediamo sostanzialmente “Verde” e “Pace”. Vogliamo attirare l’attenzione pubblica sulle attività distruttive portate avanti da alcune multinazionali. Non abbiamo nulla da guadagnare personalmente dalle nostre azioni nonviolente, al contrario abbiamo tutto da perdere: la nostra libertà, famiglia e amici. Spero che lo capirete. Abbiamo visto molte ingiustizie principalmente dettate dall’avidità e in generale da interessi economici. Noi agiamo perché i nostri figli possano avere un futuro migliore».
Qui sotto un video ripercorre tutte le tappe della vicenda:
LA BATTAGLIA OLANDA-RUSSIA - Ora i prossimi appuntamenti sono la scadenza della custodia cautelare il 24 novembre e il vertice bilaterale Italia-Russia il 26 novembre. Non solo, Novelli ricorda come anche se la richiesta di arbitrato inoltrata dall’Olanda è andata a cadere (per l’assenza della partecipazione della controparte russa), c’è ancora in piedi il ricorso davanti al tribunale internazionale. L’Arctic Sunrise aveva bandiera olandese al momento del fermo russo e il paese di Putin ha ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, il 12 marzo 1997. Quando il Cremlino firmò l’Unclos ottenne che alcune cause non fossero giudicate dal tribunale internazionale. Greenpeace però non è tra queste. Con o senza il paese dell’Est l’Olanda andrà avanti col suo percorso e la prossima udienza potrebbe avvenire con ogni probabilità entro tre settimane.
Guarda l’intervista:
TORNA A CASA CRISTIAN – Cristian D’Alessandro e gli attivisti sono ora chiusi nel carcere di Munmarsk. Temperature rigide fuori (sono stati appena raggiunti i meno 5) e dentro quello che i legali definiscono, detenuti come “polli in una pessima fattoria”. Il ragazzo parla con un suo compagno di cella, regge la detenzione, ma perde chili a vista d’occhio: «Insegna al compagno di cella l’inglese – racconta la madre del giovane – mentre l’altro gli insegna il russo. Abbiamo già pensato di andare poi ci sono delle condizioni avverse che ci hanno fatto desistere e vogliamo essere sicuri di essere utili quando lo andremo a vedere e forse possiamo fare molto più da qui che non essere li senza risultato». Musicisti (quelli che Cristian da musicista ama), premi Nobel e 67 parlamentari si sono mobilitati per la sua liberazione. C’è anche un l’appello su Change.org che raccoglie sempre più firme. I genitori anno potuto sentire il loro figlio solo una volta, al telefono. I ragazzi, anche se dotati di scheda, per chiamare devono chiedere prima alle autorità russe vari permessi. Spesso capita che non tutte le chiamate vengano avviate. «Io spero – spiega la mamma con un velo d’inquietudine – che il tempo e la sofferenza non lo abbatta. Voglio che torni a casa, più forte di prima».
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