“Sulla decadenza del leader Pdl da senatore non ho ancora deciso. Non è vero che ho contrattato con Berlusconi, non ho parlato con lui e non gli parlerò. Sarà un voto che appartiene alla mia coscienza e basta. Al momento giusto lo dirò”. Il primo a esprimersi in questo modo è stato Pierferdinando Casini. Leader di quella Udc che è ormai entrata in rotta di aperta collisione con Mario Monti e i montiani e che punta ad aggregare un gruppo di 11/12 parlamentari al Senato e altrettanti, se non molti di più alla Camera (senatori e deputati tutti moderati, cattolici e in corrispondenza piena con l’ala ‘alfaniana’ e ‘ministeriale’ del Pdl), ha concesso una lunga intervista a Matrix, programma condotto da Luca Telese e che va in onda su Canale5, per far capire che i suoi ‘dubbi’ sono tanti. ‘No’ alla decadenza, in soldoni, a causa di una legge, quella Severino, di “dubbia costituzionalità” come dicono e fanno sapere molti altri senatori, tutti rigorosamente di area centrista, matrice cattolica e con un sogno nel cuore: costruire, anche in Italia, la cosiddetta ‘sezione italiana del Ppe’.
Inoltre, lo scorso 16 ottobre, si è tenuto un pranzo ‘informale’ proprio tra il ministro della Difesa, Mario Mauro, e lo stesso ex premier Berlusconi presso il circolo ufficiali dell’Esercito. A tema del pranzo tra i due, c’erano prospettive politiche di ‘lungo respiro’, ovvio. A partire dalla discussione su quel tanto sognato e agognato (da Mauro quanto da Casini, dalla Cei italiana quanto da Cl, etc.) nuovo centrodestra che potrebbe nascere in vista delle future elezioni europee che si terranno a giugno del 2014 e che, ove la legislatura non cadesse in via anticipata, svolgeranno il ruolo di test elettorale politico da qui a molti anni in avantio.
Ma si è parlato ‘anche’, ovvio, del voto che l’aula del Senato terrà sulla decadenza di Berlusconi dal suo scranno. E se si considera che il super-cattolico e super-ciellino Mauro andò via dal Pdl, sbattendo la porta, appena un anno fa, per imbarcarsi nell’avventura montiana delle Politiche, ma fu pure l’unico esponente politico che - tra i molti esponenti politici Pdl partecipanti all’ormai celebre manifestazione del teatro Olimpico – ebbe il coraggio di ‘rompere’ subito e subire (allora) l’ira funesta del Cavaliere, il segno di una futura riconciliazione con Berlusconi e il suo Pdl potrebbe anche prefigurare un voto sulla decadenza del Cav a lui positivo.
Non a caso proprio questa mattina è comparso, sulle pagine de Il Giornale, un articolo-retroscena in cui parla un altro dei frondisti moderati pro-Udc e anti-montiani, l’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini, il quale sostiene che “la decadenza di Berlusconi è incostituzionale e Monti lo sa bene”. Già, il ‘punto’ proprio qui sta: i montiani filo-Monti come pure quelli ex-radicali (Della Vedova, membro della Giunta Immunità per Sc) ed ex Pd area liberal (Lanzillotta) voteranno tutti, e compatti, ‘per’ e non certo ‘contro’ la decadenza di Berlusconi. Cosa faranno invece i dodici (come gli apostoli) senatori popolari seguaci di Casini e della sua linea di grande rassemblement dei moderati? Ecco, appunto, una buona domanda per il gran ‘mago’ dei numeri di Berlusconi, l’organizzatore Denis Verdini. Anche se Monti oggi ha rassicurato: "Molti di loro hanno tenuto a parlare con me - ha detto a In mezz'ora - e mi hanno spiegato che voteranno contro la decadenza".
Ma Verdini ha già ripreso in mano la calcolatrice e - complice il voto segreto e ‘voci’ le più varie e disperate su una manciata di grillini che potrebbero far una ‘gradita sorpresa’ al Cav - è tornato a sperare. Sempre che, si capisce, ai catto-moderati arrivi però qualcosa in cambio. L’eredità politica dell’impero del Cav che, decadenza o no, sta per andare in via definitiva in rovina.
Ma cosa dicono i ‘numeri’ del pallottoliere del Senato quando – entro e non oltre, forse, la prossima metà di novembre – la conferenza dei capigruppo calendarizzerà, dopo molte accelerazioni (in seno alla Giunta) e qualche frenata (nel calendario dei lavori), la patata bollente delle dimissioni di Berlusconi dai senatori? Sulla ‘carta’, la maggioranza in cui spera Verdini e il Popolo della libertà conterebbe su almeno 162 voti contrari. Quasi in cassaforte ci sono i 91 no del Pdl, i probabili 10 di Gal, i 16 della Lega Nord e tra gli 11/12 (stima al ribasso) e i 16/17 di Scelta civica. Una somma che fa un totale che vede quota 132. Basterebbero 30 franchi tiratori pronti a salvare Berlusconi. Troppi, forse, pure per un ‘mago dei numeri’ tosto e esperto come Verdini.
Il viaggio di Monti a New York
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