domenica 20 ottobre 2013

Bravi, Bravi, Bravi, Bravi. Esempio da imitare da parte di tutte le squadre.


Razzismo, Rioveggio in campo
col volto dipinto di nero

Solidarietà al compagno di squadra Teibou Koura,togolese, durante la partita di Terza Categoria contro il Casalecchio. Il giocatore domenica scorsa a Lizzano era stato oggetto di discriminazione da parte degli avversari, ed espulso dopo la sua reazione
Una squadra intera in campo col volto dipinto di nero, per dire ora basta. Ora basta con razzismo e ignoranza, nel calcio e fuori. Non è solo una partita d’alta classifica della Terza Categoria bolognese, Rioveggio-Casalecchio. È una partita contro l’avversario più odioso di tutti, il pregiudizio. 

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“Stai zitto, negro”. Parole che feriscono, quelle che si è sentito rivolgere contro il calciatore togolese del Rioveggio Teibou Koura, domenica scorsa durante la partita di campionato di Lizzano in Belvedere. La reazione stizzita, uno spintone, l’arbitro che gli mostra il rosso. Oggi, al ritorno in campo, i suoi compagni hanno voluto mostrargli solidarietà dipingendosi tutti il volto di nero prima del match col Casalecchio, e appendendo uno striscione di no al razzismo nel piccolo stadio della cittadina bolognese. “Stavolta bisognava reagire e far vedere che siamo contro il razzismo”, racconta Vanessa Venturi, presidente del Rioveggio. 



Già, perché ci sono precedenti. “L’anno scorso è successa la stessa cosa – racconta Koura –. Ho sentito un avversario insultare un mio compagno di colore, e l’arbitro che non diceva nulla. Mi sono arrabbiato, che gli arbitri non reagiscano è una brutta cosa”. Ecco spiegata l’iniziativa di oggi pomeriggio, che ha un precedente in Serie B. Nel 2001, Omolade, allora diciottenne attaccante nigeriano del Treviso, subì i fischi razzisti da parte dei suoi stessi tifosi. La settimana dopo, i giocatori della squadra veneta scesero in campo col volto dipinto di nero. E nell’aprile 2011 in tutti i campi di basket italiani ci si tinse la faccia per protestare contro gli insulti ricevuti da Abiola Wabara, azzurra della Bracco Geas.

“È giusto cercare di cambiare qualcosa partendo dal basso – dice l’allenatore del Rioveggio, Claudio Alvisi –, ma non possiamo riuscirci da soli. La classe arbitrale dovrebbero aiutarci, invece non c’è dialogo”. Un punto su cui torna anche Koura: “Ho cercato di spiegare all’arbitro l’accaduto, ma non mi ha ascoltato. Parigino (il giocatore del Lizzano autore dell’insulto) mi ha chiesto subito scusa, e lì mi sono tranquillizzato perché aveva riconosciuto l’errore, ma ormai il rosso era stato dato”. Il togolese ha preso due giornate di squalifica per la reazione (“Va bene così, devono comunque sapersi controllare”, dice la Venturi), e l’iniziativa non è certo per accusare Parigino. “È uno corretto, era mortificato – conferma il capitano del Rioveggio Eros Nencini -, ci sono stati episodi ben più gravi. Ma bisognava dare un messaggio per dire che è ora di farla finita, non se ne può più”.

Inutile nascondersi, anche nello sport il razzismo è un cancro ancora da debellare. Come riuscirci è tema spinoso. “Bisogna intervenire e trovare soluzioni – intima Koura –. In campo noi dobbiamo usare la testa, se no si passa dalla parte del torto. Si può fermare la partita, ma deve deciderlo la squadra”. E Nencini è scettico riguardo la soluzione porte chiuse. “Se gli insulti arrivano dal campo, vanno squalificati i giocatori. Se arrivano dagli spalti, non è giusto punire la squadra: è la testa della gente che deve cambiare”.

Per la cronaca il match è finito 1-0 per il Rioveggio.

1 commento:

Unknown ha detto...

Ai grillini talebani diciamo: " Fate queste cose e non parlate solo di casta"

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