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ROMA. Sala piena, di tutto un po'. Massimo D'Alema, immobile sul palco, ha un'espressione perplessa mentre al microfono si alternano Renato Brunetta e Maurizio Gasparri, il primo raccontando che a una delegazione del Myanmar ha detto che la loro democrazia è più solida della nostra, l'altro citando Checco Zalone. Ma sono anche loro compagni di viaggio verso il 4 dicembre, il giorno X, la data della sfida Renzi contro il resto di un mondo.
Al residence di Ripetta, la fondazione Italianieuropei e la sua omologa Magna Carta diretta da Gaetano Quagliariello hanno riunito i sostenitori del No al referendum. Ne è venuto fuori un convegno di battaglia, certamente, con presenze eterogenee e il sapore di una quelle partite benefiche giocate dalle vecchie glorie. "Non siamo la Torre di Babele - dice per esempio Gianfranco Fini mettendo le mani avanti -. Io partecipo alla campagna per convincere gli elettori di destra che la riforma è sbagliata anche se contiene in apparenza tante correzioni care alla mia parte". Seduti in platea ci sono amici e nemici. Della Prima e della Seconda Repubblica. Paolo Cirino Pomicino non è cambiato. Si agita sempre molto e muove le mani freneticamente quando parla. Il "comunista" Cesare Salvi ascolta e annuisce. C'è un pezzetto del Partito democratico, dissidenti ma combattivi: Massimo Mucchetti, Walter Tocci, il bersaniano Davide Zoggia, il dalemiano Danilo Leva. Spunta anche Pippo Civati, un tempo rottamatore come Renzi, che ha scelto una strada tutta sua: fuori dal Pd, fuori da Sinistra Italiana, dentro una sua Cosa che si chiama Possibile. Si vede Lamberto Dini, ex premier come D'Alema. E appoggiato al muro, un personaggio lontanissimo dal "Rospo" come Antonio Ingroia.

Ci si perde a guardare le facce dei presenti. Ma D'Alema, saggiamente, cerca di girare in positivo questo gruppo variopinto al quale sicuramente difetta "l'amalgama" che un giorno l'ex segretario invocò per attaccare Veltroni: "Dalla parte del Sì c'è un blocco unico che si sovrappone alla maggioranza di governo e va messo nella categoria Partito della Nazione più i cosiddetti poteri forti". E di qua? Uno schieramento di diversi "come è giusto che sia quando si parla di modifiche della Costituzione", spiega Quagliariello. Quindi non un'Armata Brancaleone, come si ironizza facilmente, ma un fronte che risponde, dice D'Alema, a "ciò che è scritto nello Statuto del mio partito: le riforme non si fanno a colpi di maggioranza".

All'appello rispondono i forzisti Paolo Romani, Altero Matteoli e Anna Maria Bernini, il centrista Mario Mauro, il capogruppo di Gal Mario Ferrara, il segretario dell'Udc Lorenzo Cesa, i leghisti di peso Giancarlo Giorgetti e Maurizio Fedriga. In sala c'è anche Bobo Craxi, animatore del No socialista. Tutti applaudono la proposta di riforma alternativa, che adesso è sul campo, ma che non si sa quale sorte incontrerebbe una volta inserita negli atti parlamentari. Però il No garantisce, e i partecipanti lo sottolineano più volte, il prosieguo della legislatura fino al 2018. Per riformare l'Italicum e varare una nuova Carta costituzionale de-renzianizzata. Mentre il Sì, insinua D'Alema, farebbe scivolare la legislatura verso la fine anticipata al 2017. Messaggio rivolto ai parlamentari, neanche troppo velato.

Referendum, da Fini a Rodotà, D'Alema compatta il fronte del No. Brunetta: "Viva l'armata Brancaleone"

Naturalmente, non si vedono grillini, ad eccezione dell'ex Francesco Campanella. Ma c'è ovviamente il presidente del Comitato del No, l'avvocato dalemiano Guido Calvi. E c'è Stefano Rodotà che tanti dei presenti li ha combattuti, contestati, inchiodati alle loro responsabilità morali e politiche sia nella Prima che nella Seconda repubblica ma oggi è un fiero avversario della legge Renzi-Boschi. "Brancaleone? Direi invece che le ragioni del No sono così forti da riunire persone tante diverse". Civati commenta: "Le facce di questo appuntamento? Non mi preoccupano. Dall'altra parte vedo Verdini e Alfano".