Nel MoVimento è scontro, mentre Di Maio si muove da leader
I 5 Stelle si dividono tra dialoganti e intransigenti, mentre il vice-presidente della Camera si ritaglia un ruolo tutto suo all'ombra di Casaleggio
Tanta, troppa confusione. Dopo la batosta elettorale il MoVimento 5 Stelle prova a rimettersi in carreggiata. L’abbiamo letta così l’apertura verso Renzi nel dopo-voto. Basta con un movimento chiuso in se stesso. L’ordine arriva da Casaleggio: “Partecipiamo alle riforme”. Così viene messa nell’angolo l’ala più intransigente. Via Claudio Messora – ora responsabile comunicazione del gruppo 5 Stelle al Parlamento europeo – e silenziato l’agitato Alessandro Di Battista, i grillini mettono in pratica una nuova strategia basata sul dialogo con il premier.
L’anima dialogante non molla. I rapporti con Renzi sono ancora molto freddi. Tuttavia, l’anima dialogante del MoVimento, nonostante le bordate del proprio leader e le polemiche del segretario del Pd, non si tira indietro. La strategia di Casaleggio è chiara: obbligare il Pd a fare le riforme con i 5 stelle e permettere al MoVimento di guadagnarsi il merito di aver portato a casa il cambiamento.
Grillo lascia fare. Non è chiaro quanto Grillo condivida la linea di Casaleggio. Probabilmente non molto visto che, dopo che il Pd ha rinviato a data da destinarsi l’incontro, si è scagliato contro i democratici, sottolineando come “Renzi, le cui palle sono sul tavolo di Verdini e Berlusconi, rifiuta con il M5S ogni confronto democratico e che l’Italia dovrà pagarne tutte le conseguenze” perché il “M5S rappresenta milioni di italiani che non possono essere trattati come dei paria”. Passano solo poche ore e il post viene completamente cambiato: “Per chi non ha capito, o non ha voluto capire, tra il mio intervento di oggi e la conferenza stampa di Di Maio e Toninelli non vi sono contraddizioni, le porte per una discussione sulla legge elettorale per il M5S sono sempre aperte”. La linea dialogante ha vinto e per il momento Grillo acconsente.
L’anomalo ruolo di Di Maio. Ma il ruolo che si è ritagliato Luigi Di Maio, capodelegazione a 5 stelle al cospetto del premier, non piace all’ala più intransigente. Il problema è sempre lo stesso: chi ha deciso il ruolo di ambasciatore per il vice-presidente della Camera in un MoVimento in cui uno vale uno? Di Maio sta svolgendo in questo momento il ruolo di coordinatore de facto e tiene rapporti con le altre forze. Non un portavoce come vorrebbe il non-Statuto dei 5 Stelle, ma si muove da vero e proprio leader politico, tant’è che il deputato Andrea Colletti, da quanto riporta l’Espresso, ha dichiarato che “l’indicazione del cosiddetto ‘doppio turno di lista’ è una valutazione personale di Luigi Di Maio e Danilo Toninelli” e che le stesse risposte scritte inviate al Pd sono state stabilite nell’ufficio dello stesso vice-presidente della Camera circondato da pochi collaboratori. È lo stesso Di Maio a gettare acqua sul fuoco: “Non abbiamo deciso ancora nulla, saranno gli iscritti a ratificare il tavolo del confronto”. Ma ora il MoVimento rischia di finire schiacciato tra il premier e le proprie contraddizioni.
Nessun commento:
Posta un commento