C’è un motivo se l’assordante rumore dei tamburi di guerra si è fermato (almeno per ora). E se, almeno per ora, il videomessaggio della rottura, già registrato, non andrà in onda domenica. E se è in stand by pure l’intervista a Sallusti nel corso della kermesse del Giornale prevista per lunedì pomeriggio. Silvio Berlusconi ha aperto davvero il dossier “grazia”.
Ne ha studiato per tutto il giorno ad Arcore, in presenza degli avvocati, le forme e tutte le possibili implicazioni. Ma soprattutto ha fatto sapere al Quirinale, attraverso le diplomazie, che è pronto ad una estrema offerta, sia pur tra mille dubbi e mille perplessità: un passo indietro definitivo dalla politica e un ritorno nelle sue aziende, senza pronunciare più una frase polemica sulle odiate toghe. In cambio però Giorgio Napolitano dovrebbe dare garanzie precise sulla concessione della grazia. E quindi sui tempi e sulle forme.

È uno scambio politico al altissimo rischio. Soprattutto perché elaborato nella completa sfiducia verso il Quirinale. Per questo il Cavaliere vuole prima “vedere le carte”, per dirla con la cerchia ristrettissima. Prima del disarmo storico, che chiuderebbe un’epoca, ha chiesto alle diplomazie un “segnale” dal Quirinale. E lo ha spiegato bene a quelle colombe, a partire da Angelino Alfano che gli hanno suggerito di mettersi nelle mani di Napolitano perché ormai non c’è altra alternativa.
È una richiesta politica pesante quella che l’ex premier considera l’ultimo tentativo. O meglio, quello su cui spinge l’ala diplomatica del suo partito e Fedele Confalonieri. Ecco perché Berlusconi è stato inequivoco su un punto: il cui disarmo, scelta che lo vede poco propenso di indole e poco convinto di testa, potrebbe avvenire solo di fronte a un riconoscimento storico da parte di Giorgio Napolitano. Si immagina che il capo dello Stato, nella sua concessione di un atto di clemenza, tributi a Berlusconi l’onore delle armi di fronte al paese, prima che inizi a scontare la pena. E che lo motivi non come un atto di clemenza verso un condannato, ma come un risarcimento a un uomo che rappresenta un pezzo non irrilevante del paese e che gli consenta di tornare nella trincea del lavoro da cui era partito.
È solo in questo modo, ragionano le colombe che hanno immaginato lo schema, che la chiusura politica del Ventennio può funzionare da deterrente verso quelle procure che, secondo gli avvocati del Cavaliere, sono pronte ad azzannarlo nel momento in cui lascerà lo scranno parlamentare: se sta fuori dai giochi – è il ragionamento - non perseguitano più, come avveniva prima della sua discesa in campo. È questo riconoscimento il “cammello” che Berlusconi vuole vedere prima di pagare la moneta delle sue dimissioni da senatore per evitare la rissa in commissione e pure prima di pagare la moneta della sopravvivenza di un governo che considera “inutile”: la certezza, in una sorta di patto da galantuomini, che nella concessione della grazia Napolitano gli tributi l’onore delle armi. A quel punto Berlusconi sarebbe pronto davvero a tornare a occuparsi a tempo pieno delle aziende lasciando al loro destino falchi e colombe. E’ l’ultima mossa, in quella che nell’inner circle del Cavaliere vivono come una partita a scacchi col Quirinale: la libertà in cambio della rinuncia alla politica. Assicurano i ben informati che al Colle la proposta è arrivata e non è la questione non è affatto chiusa.

È chiaro che la portata dello scambio impone prudenza. È chiaro che “va costruito” quello che appare un percorso pieno di incognite. E il primo passo per evitare che per l’ennesima volta salti tutto è la riunione della Giunta sulla decadenza. Se si trovasse un modo per prendere tempo, allora la “trattativa” potrebbe andare avanti. Spiega Renato Brunetta: “Se lunedì ci fosse un'accelerazione della giunta senza se e senza ma sullo spazio dei diritti della difesa non ci sarebbero altre discussioni” sorte del governo. Una dichiarazione consegnata dopo un lungo pranzo ad Arcore con Schifani e Verdini. Significa che se, dopo la relazione di Augello, il Pd non accelera facendo proprio il lodo Violante allora il governo è salvo. Attenzione, “non accelera” è ben diverso dal dire “non vota la decadenza”. È il rinvio in Giunta il primo segnale atteso da Napolitano che attesterebbe la riapertura della trattativa sulla grazia. Altrimenti riprenderà l’assordante rumore di tamburi. E il videomessaggio sarà mandato in onda.