Nel villaggio di Cécile Kyenge si prega per Roberto Calderoli, affinché il Signore possa "liberarlo dal maligno". Il settimanale Chi ha incontrato il padre del ministro per l'Integrazione, che è il capo di un villaggio sull'altopiano del Katanga, all'estremità sud della Repubblica Democratica del Congo.
Nel villaggio dei Kyenge, nel Katanga, quando tra le mani della sacerdotessa appare una foto di Roberto Calderoli, che aveva paragonato sua figlia Cécile a un orango, tra la gente qualcuno vorrebbe sentire qualche parola forte. Ma Kyenge preferisce cedere la parola al pastore Eustache Youmba che improvvisa una preghiera: «Signore», dice in lingua bemba, «nella tua misericordia ci hai detto di pregare per chi ci perseguita, per chi ci ingiuria e per chi ci maltratta. Non siamo contro Calderoli, il fratello che ha insultato la nostra Kashetu (nome originario della Kyenge, ndr), ma contro lo spirito che lo ha spinto a ingiuriare. Tu che puoi punire o perdonare, libera questo tuo figlio dalla malvagità dello spirito. Fai che riconosca il suo peccato e che porti il suo pentimento davanti a Cécile». A rinforzare la richiesta del pastore intervengono anche gli iniziati. Portano la foto di Calderoli davanti all'altare degli antenati e chiedono il loro intervento perché chi ha insultato si liberi dallo spirito che ha guidato le sue parole. Preghiera accolta. La porticina dell'altare si spalanca e Calderoli finisce tra le effigi dei capi villaggio, antenati del ministro Cécile Kyenge.
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"Possono lanciare tutte le banane che vogliono ma Cècile è italiana. L'Italia le ha dato la possibilità di studiare, di farsi una famiglia e una carriera. È il suo Paese. Ascolterà tutto e tutti, insulti compresi. Ma non mollerà e un passo alla volta arriverà dove vuole", spiega al settimanale Clement Kikoko Kyenge, padre del ministro.
In un servizio pubblicato nel numero domani in edicola e nei video sul sito Oggi.it, Clement Kikoko Kyenge si presenta in abiti cerimoniali e, con tutti i paramenti del potere tribale, presiede a una giornata di cerimonie davanti alla popolazione in festa. Ha avuto 38 figli da 4 mogli diverse, ora sparsi tra Belgio, Canada, Irlanda, Stati Uniti, Sud Africa, Sud Corea, Italia, Irlanda, Francia, Germania e naturalmente Repubblica Democratica del Congo.
"Quando mi ha chiamato per sapere come comportarsi davanti agli insulti di Calderoli le ho risposto con un proverbio africano: 'Il cane abbaia, la carovana passa'", ricorda, e nega di nutrire sentimenti di rivalsa nei confronti dell'esponente leghista. "Gli italiani sono stati i primi ad arrivare in Katanga. Hanno fatto fortuna, hanno sposato le nostre donne, si sono integrati. Se Calderoli vuole venire qui accoglieremo anche lui a braccia aperte, come un fratello. L'importante è parlarsi. Attraverso il dialogo i problemi si svuotano". E Calderoli diventa persino oggetto di una preghiera, affidata al pastore del villaggio: "Signore, Tu che puoi punire o perdonare, libera questo tuo figlio dalla malvagità dello spirito. Fai che riconosca il suo peccato e che porti il suo pentimento davanti a Cècile".
Ripercorrendo per il settimanale la storia della sua grande famiglia, Clement Kikoko Kyenge, 74 anni, da tre bisnonno e da sei malato di cancro, si sofferma poi sui ricordi della figlia Cecile, in congolese Kashetu: "Già da piccola si era fatta notare. Era diversa dagli altri fratelli. Era riflessiva, silenziosa, aveva la tendenza a parlar poco, ad ascoltare e a fare molte domande. Qualunque fosse il problema, non perdeva mai la pazienza".
"All'epoca i belgi non permettevano ai nostri figli di frequentare le loro scuole. C'era una specie di apartheid. Ma per Cècile fecero un'eccezione". Clement Kyenge nega infine di aver ispirato la strada della politica alla figlia: "Cecile può avere ereditato il mio dinamismo, ma in lei vedo altri geni. E' da parte materna che hanno la politica nel sangue. I nonni sono stati ministri dell'interno e dell'industria in Katanga".
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