Spese e casa di Montecarlo:
i contatti tra Lavitola e Berlusconi
L'ex premier: «Tarantini? Una comodità. Mai pagato una donna»
Valter Lavitola
ROMA - Gianpy Tarantini? «Una comodità». I soldi versati ogni mese? «Guadagnavo un milione e mezzo al giorno, avevo una ricchezza di 12 miliardi di euro, faccia il calcolo di cosa siano tremila, quattromila euro». In settanta pagine di verbale, oltre tre ore davanti ai pubblici ministeri di Bari, Silvio Berlusconi tenta di respingere così l'accusa di aver pagato il silenzio dell'imprenditore barese sulle feste nelle sue residenze. L'inchiesta è ormai terminata, i magistrati sarebbero in procinto di chiedere il rinvio a giudizio dell'ex premier per il reato di induzione del testimone a mentire. Intanto gli atti istruttori sono stati messi a disposizione delle parti. La scelta di Berlusconi di presentarsi a Bari risale al 17 maggio scorso ed era stata interpretata come un gesto collaborativo nella speranza di poter così ottenere l'archiviazione del fascicolo. Ma nuovi dettagli sono emersi, compresa la prova dei contatti con Lavitola poco prima della campagna di stampa contro l'allora presidente della Camera Gianfranco Fini.Le «pressioni intense»
L'interrogatorio di fronte al procuratore aggiunto Pasquale Drago riguarda naturalmente i 500 mila euro messi a disposizione di Tarantini attraverso il faccendiere Valter Lavitola, ma anche le dazioni mensili e il pagamento dei difensori. Berlusconi, come del resto aveva già fatto pubblicamente, nega di essere stato sotto ricatto e anzi sostiene di essere un benefattore. «Non avevo nessun motivo per dover mandare messaggi a Tarantini di essere attento a quello che diceva, era già stato detto tutto quanto. L'unica cosa per cui dopo io ho ceduto alle pressioni di Lavitola, intense devo dire, è stato proprio per il fatto che avevo conosciuto Tarantini in una situazione di benessere forte. Aveva affittato ville in Sardegna, viaggiava su aerei privati e francamente sentirlo precipitato...». Il magistrato si mostra stupito della «amicizia con questo signore», Berlusconi risponde: «Non è che ho stretto una profonda amicizia, non è che ci parlavo di fatti miei. Devo dire che era piacevole avere, in mezzo a tante persone che ero costretto a invitare a cena, una persona che si faceva accompagnare da due belle ragazze... Era un fatto di comodità, nel senso che quando c'era una cena io non le invitavo neppure, era lui che ogni tanto telefonava per sapere "quando c'è una cena dal presidente?"». E ancora: «Su cento veline a cui rivolgi la domanda: andresti volentieri a cena da Berlusconi? 76 avevano risposto "subito" e le altre 24 erano già venute prima».
La nota spese
Il procuratore gli chiede se c'era bisogno di tanti soldi e Berlusconi è costretto ad ammettere che «sul conto non c'era soltanto la famiglia stretta, lui, moglie e due figlie, ma anche la madre e la famiglia del fratello. Mi ricordo che pagava un affitto esagerato, seimila euro al mese, e io dissi a Lavitola: "Ma che cambi residenza!"». In uno stralcio pubblicato dalla Gazzetta del Mezzogiorno rimarca quanti soldi extra fosse stato costretto a versare.
Poi ricorda l'incontro avvenuto ad Arcore nella primavera 2011 e il patto sui 500 mila euro. Dichiara Berlusconi: «Durante l'incontro ad Arcore con Tarantini e la moglie, Lavitola confermò a Tarantini che io avevo provveduto al versamento a lui dei 500 mila euro e che lui aveva i 500 mila euro a disposizione di Tarantini. Successivamente a questo incontro cominciò a fare dei versamenti a Tarantini imputandoli ai 500 mila euro che aveva ricevuto da noi. Quando scoppiò la situazione giudiziaria di Tarantini lui mi disse che aveva dato a Tarantini più di 200 mila euro e mi portò una specie di contabilità su un foglio in cui praticamente la metà di quei 500 mila euro era stata versata».
Le chiamate e Montecarlo
Il magistrato gli chiede conto di alcune telefonate con Lavitola arrivate sull'utenza di Arcore delle quali aveva parlato nel suo interrogatorio proprio il faccendiere. Berlusconi precisa di non ricordare perché riceve moltissime telefonate «l'altro ieri 72, non ho risposto a tutte naturalmente». In realtà, come viene contestato dal pubblico ministero durante l'interrogatorio, «si tratta dei contatti avvenuti mentre il faccendiere è in Argentina, nasce con la storia di Montecarlo» facendo evidente riferimento ai documenti sulla casa affittata nel Principato dal cognato dell'allora presidente Gianfranco Fini pubblicati da Il Giornale .
Berlusconi nega di aver parlato, sostiene che «evidentemente non mi è stato passato nessuno», invece gli viene contestato quanto emerge dai tabulati rintracciati dai carabinieri di Bari. Si tratta di tre contatti che risalgono al 17 luglio 2011. Spiega il pubblico ministero: «La prima telefonata dura 2 minuti, la seconda dura un minuto e la terza 9 minuti. Quindi questa sarebbe una conversazione. Nelle intercettazioni della polizia di Napoli di questa cosa non c'è traccia, la ricerca l'ha fatta anche Roma e i risultati sono sempre questi».
1 commento:
Povero paese mio.
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