È sul no di Enrico Letta a ogni ipotesi di rinvio alla Corte costituzionale della legge Severino che il pranzo a palazzo Chigi con Alfano si è trasformato in un quasi addio. È andato male. Perché a questo punto è Letta che ha deciso di accelerare, per portare al Quirinale degli elementi di chiarezza per valutare le modalità di una crisi che appare inevitabile. Infastidito per i ricatti del Pdl che hanno “umiliato” l’immagine del paese proprio mentre parlava all’estero, il premier l’ha messa giù dura: al suo vice ha chiesto un chiarimento vero “senza se e senza ma”. Il che significa che l’ora dei traccheggiamenti è finita: non accettò – è il senso del suo ragionamento – che votare la fiducia e poi riparte la rumba delle dimissioni.
E il chiarimento – ha aggiunto – inizia al consiglio dei ministri di questa sera, nel quale Letta ha intenzione di mettere i rappresentanti del Pdl di fronte a un bivio: se usciamo da qui con dei provvedimenti significa che si va avanti, altrimenti vi assumente subito la responsabilità della rottura. Ecco il ragionamento di Letta. Ed è proprio sulla questione della decadenza di Berlusconi che si è materializzata la crisi. Perché Alfano, nel disperato tentativo di avere un appiglio per provare a frenare Berlusconi, ha l’ennesima rumba: “Separiamo i piani – lo schema del vicepremier – se convinci il Pd a rinviare alla consulta la Severino o a votare una legge interpretativa che rallenti, noi votiamo la fiducia e prendiamo tempo”.
Già, tempo. È quello che vogliono le colombe, perché prima o poi la decadenza diventerà inevitabile, soprattutto quando il Parlamento dovrà prendere atto del riconteggio dell’interdizione che formulerà Milano. Epperò il tempo orami si è messo a correre più in fretta. Non tiene il Pd, che pare una polveriera pronta ad esplodere. Non tiene Letta, consapevole che orami la spinta propulsiva del governo si è esaurita: “Questa volta non si può far finta di niente – ha spiegato – e ognuno si assumerà le sue responsabilità di fronte al Parlamento e al paese”. In Aula, martedì, ha intenzione di proporre un patto di legislatura fino a dopo il semestre europeo, dettagliato nelle priorità economiche e rivendicando la necessità delle riforme. Su questa verifica non è disposto a trattare: tutto deve avvenire prima della questione della decadenza. Certo non ha agevolato la convocazione della piazza da parte del partito di Alfano all’insegna del “siamo tutti decaduti”.
E adesso il gioco del cerino è iniziato davvero. Nel vertice pomeridiano a palazzo Grazioli con Alfano e i capigruppo, Berlusconi non ha ceduto sulla linea dura. È il “come” rompere la discussione di queste ore. Provare a farlo sull’economia, ed evitare di sparare su un governo che dice di abolire l’Iva. Parlamentari vicini a Letta già dicono: “Se cade il governo si pagano Imu e Iva per colpa del Pdl”. I berlusconiani già si preparano a bombardare Saccomanni: “Se la grande trovata è aumentare la benzina per coprire l’Iva allora…”. E’ andato male, l’incontro tra Letta e Alfano. La crisi è più vicina.