mercoledì 22 marzo 2017

Caro Travaglio, senza Parlamento non c’è democrazia

Il Fattone
Un momento nell'aula della Camera durante il Parlamento in seduta comune per l'elezione di tre Giudici della Corte costituzionale, Roma, 1 Dicembre 2015. ANSA/GIUSEPPE LAMI
Il Fatto chiama in causa a sproposito i Presidente della Repubblica e del Senato sul caso Minzolini
 
In mancanza di meglio, oggi il Fatto s’accanisce su Augusto Minzolini lanciando appelli a destra e a manca, al presidente del Senato e al presidente della Repubblica: “Non finisce qui”, titola minaccioso il suo editoriale Marco Travaglio; e l’apertura del giornale intima: “Minzo interdetto e abusivo: Grasso lo faccia cacciare”.
L’ignoranza costituzionale del Direttore di Bronzo è arcinota, e dunque non dobbiamo stupirci se oggi tira in ballo due figure di altissimo rilievo – i presidenti del Senato e della Repubblica, appunto – che sul caso Minzolini non hanno alcun potere, perché né il presidente dell’Assemblea né tantomeno il Capo dello Stato possono rovesciare una libera decisione dei senatori.
Ma a Travaglio, lo sappiamo bene, della Costituzione e dello stato di diritto non importa nulla, perché l’obiettivo è da anni sempre lo stesso: rovesciare fango sulle istituzioni democratiche, e soprattutto sul loro cuore pulsante – che è il Parlamento, il solo fra i poteri dello Stato ad essere eletto direttamente dal popolo.
Colpire il Parlamento, denigrarne le decisioni, dipingerlo come un luogo di malaffare e di omertà, insultarne i membri significa né più né meno insultare e denigrare il popolo, i cittadini, gli elettori. Senza Parlamento, sebbene Travaglio finga di non saperlo, semplicemente non c’è la democrazia.
Il cuore del caso Minzolini – lo diciamo non solo agli amici del Fatto, ma anche ai molti che a sinistra sono rimasti delusi e contrariati dal voto del Senato – sta, come ha ben spiegato Stefano Ceccanti sul Sole 24 Ore, nell’articolo 66 della Costituzione, al quale rimanda la legge Severino, e secondo il quale ciascuna Camera “giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità”.
Il dibattito svoltosi all’Assemblea Costituente non lascia dubbi sul significato del termine “giudicare”, scelto in alternativa ad un più blando “verificare”: secondo Giovanni Leone (seduta del 19 settembre 1946), “dal punto di vista giuridico, il verificare è una delle fasi dell’attività giurisdizionale. Tale fase è anteriore all’altra in cui si emette il giudizio sulle eventuali contestazioni”. Più netto, nella stessa seduta, Umberto Terracini: “La Camera ha una sovranità che non tollera neppure nelle cose di minore importanza una qualsiasi limitazione. Potrà trattarsi di una posizione di carattere simbolico; tuttavia essa significa che ogni intromissione, sia pure della magistratura, è da evitarsi. Attraverso la Giunta delle elezioni, è ancora la massa degli elettori che giudica la propria azione; quindi è proprio il principio della sovranità popolare che si afferma nuovamente nella verifica dei poteri”.
E’ bene saperlo: il bersaglio del Fatto e del Movimento 5 stelle è la sovranità popolare. Tutto il resto è fumo, demagogia, indignazione a buon mercato.

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