Caro Travaglio, senza Parlamento non c’è democrazia
Il Fatto chiama in causa a sproposito i Presidente della Repubblica e del Senato sul caso Minzolini
In mancanza di meglio, oggi il Fatto s’accanisce su Augusto Minzolini lanciando appelli a destra e a manca, al presidente del Senato e al presidente della Repubblica: “Non finisce qui”, titola minaccioso il suo editoriale Marco Travaglio; e l’apertura del giornale intima: “Minzo interdetto e abusivo: Grasso lo faccia cacciare”.
L’ignoranza costituzionale del Direttore di Bronzo è arcinota, e dunque non dobbiamo stupirci se oggi tira in ballo due figure di altissimo rilievo – i presidenti del Senato e della Repubblica, appunto – che sul caso Minzolini non hanno alcun potere, perché né il presidente dell’Assemblea né tantomeno il Capo dello Stato possono rovesciare una libera decisione dei senatori.
Ma a Travaglio, lo sappiamo bene, della Costituzione e dello stato di diritto non importa nulla, perché l’obiettivo è da anni sempre lo stesso: rovesciare fango sulle istituzioni democratiche, e soprattutto sul loro cuore pulsante – che è il Parlamento, il solo fra i poteri dello Stato ad essere eletto direttamente dal popolo.
Colpire il Parlamento, denigrarne le decisioni, dipingerlo come un luogo di malaffare e di omertà, insultarne i membri significa né più né meno insultare e denigrare il popolo, i cittadini, gli elettori. Senza Parlamento, sebbene Travaglio finga di non saperlo, semplicemente non c’è la democrazia.
Il cuore del caso Minzolini – lo diciamo non solo agli amici del Fatto, ma anche ai molti che a sinistra sono rimasti delusi e contrariati dal voto del Senato – sta, come ha ben spiegato Stefano Ceccanti sul Sole 24 Ore, nell’articolo 66 della Costituzione, al quale rimanda la legge Severino, e secondo il quale ciascuna Camera “giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità”.
Il dibattito svoltosi all’Assemblea Costituente non lascia dubbi sul significato del termine “giudicare”, scelto in alternativa ad un più blando “verificare”: secondo Giovanni Leone (seduta del 19 settembre 1946), “dal punto di vista giuridico, il verificare è una delle fasi dell’attività giurisdizionale. Tale fase è anteriore all’altra in cui si emette il giudizio sulle eventuali contestazioni”. Più netto, nella stessa seduta, Umberto Terracini: “La Camera ha una sovranità che non tollera neppure nelle cose di minore importanza una qualsiasi limitazione. Potrà trattarsi di una posizione di carattere simbolico; tuttavia essa significa che ogni intromissione, sia pure della magistratura, è da evitarsi. Attraverso la Giunta delle elezioni, è ancora la massa degli elettori che giudica la propria azione; quindi è proprio il principio della sovranità popolare che si afferma nuovamente nella verifica dei poteri”.
E’ bene saperlo: il bersaglio del Fatto e del Movimento 5 stelle è la sovranità popolare. Tutto il resto è fumo, demagogia, indignazione a buon mercato.
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