lunedì 28 marzo 2016

Attentati Bruxelles, tutti gli errori delle autorità del Belgio: dall'indirizzo di Salah Abdeslam al misterioso uomo col cappello

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Ancora una volta gli inquirenti belgi devono fare marcia indietro: non è Faycal Cheffou l'uomo col cappello. Catturato giovedì scorso e consegnato ai media come il terzo uomo - quello che nell'ormai celebre foto al fianco dei fratelli El Barkaoui indossa un cappello all'aeroporto di Zaventem poco prima dell'attentato - Cheffou, il reporter che si occupa di migranti, è stato rilasciato. Mentre proseguono i fermi di persone sospette, solo tre nella giornata di oggi, su Cheffou non si consuma l'unica falla della polizia belga che emerge in queste ore: dalla Grecia fanno sapere infatti che già nei primi mesi del 2015 era stato consegnato ai colleghi belgi materiale utile ritrovato nell'alloggio ateniese di Abaaoud Abdelhamid, ritenuto lo stratega degli attentati di Parigi poi ucciso a Saint-Denis. Tra le carte anche la mappa dell'aeroporto di Zaventem: ma la polizia belga non visionò mai quel dossier greco. Senza contare le gravi mancanze nella prevenzione degli attacchi terroristici, molti altri sono gli errori commessi dopo le stragi dagli agenti in divisa del Belgio - e dei loro capi e comandanti - in quella che pare ormai una catena di figuracce che hanno coperto di ridicolo il sistema nazionale e messo a repentaglio la sicurezza dei belgi e degli europei.
Whatsapp per coordinare i soccorsi. Gli attentati del 22 marzo a Bruxelles hanno fatto emergere una incredibile falla nel sistema interno di comunicazione delle autorità belghe, il cosiddetto Astrid, che è andato in down costringendo le istituzioni a coordinare i soccorsi tramite Whatsapp. Non solo: secondo quanto dichiarato dalla società che gestisce il trasporto pubblico nella capitale belga (Stib), non è mai arrivato l'ordine impartito dal ministero dell'Interno di fermare autobus e metropolitana nei minuti successivi ai due attentati all'aeroporto Zaventem, dove due jihadisti si sono fatti saltare in aria grazie a due valigie-bomba. Dopo 50 minuti un terzo kamikaze si è fatto esplodere nel vagone della metro alla fermata Moelbeek. La commissaria generale della polizia federale Catherine De Bolle ha aperto una inchiesta. 
L'allarme ignorato sulla pericolosità dei fratelli kamikaze. Ibrahim e Khaled Bakraoui hanno deciso di immolarsi separatamente. Il primo all'aeroporto Zaventem, insieme a Majim Laachraoui, il secondo nella fermata metro di Malenbeek. I fratelli Bakraoui non erano perfetti sconosciuti. La sera degli attentati il governo turco ha fatto sapere che Ibrahim el Bakraoui era stato fermato in Turchia a giugno ed estradato in Belgio, dove era stato poi scarcerato per mancanza di indizi. Il fratello Khaled, invece, era stato segnalato dall'Interpol con un avviso di livello "rosso" per terrorismo e figurava nella lista nera dei ricercati degli Stati Uniti. Ultimo affondo: il quotidiano Haaretz ha rivelato che i servizi belgi erano stati avvertiti di un possibile attentato imminente nei mezzi di trasporto di Bruxelles, eppure né all'aeroporto, né nella rete della metropolitana erano stati approntati maggiori controlli. La hall dello scalo di Zaventem, così come la fermata metro di Malbeek erano facilmente accessibili da chiunque. 
La chiavetta su Abaaoud mai visionata dalla polizia belga. La polizia greca aveva inviato alle autorità belghe nel gennaio 2015 tutti i risultati delle perquisizioni dell'appartamento di Abdelhamid Abaaoud tra cui i disegni e le mappe dell'aeroporto di Zaventem. Lo dichiara l'emittente greca Ert, spiegando che i materiali erano inseriti all'interno di una chiavetta usb. Abaaoud, considerato la mente degli attentati di Parigi, è stato ucciso durante il blitz di Saint-Denis. Secondo i media, che citano fonti delle forze di sicurezza, la polizia ha inviato il materiale, trovato nell'alloggio nel quartiere Pangrati di Atene dove visse Abaaoud, direttamente in Belgio senza analizzarne il contenuto, dopo aver ricevuto il 2 gennaio 2015 l'avviso dalle autorità belghe della presenza di Abaaoud. La polizia belga aveva rilevato che da un numero di telefono di Atene erano state fatte chiamate ai membri di una cellula nella città belga di Verviers. Si trattava di uno dei due presunti terroristi uccisi il 15 gennaio proprio a Verviers.
Salah Abdeslam. Dagli attentati di Parigi del 13 novembre era diventato il ricercato numero uno - insieme a Mohamed Abrini - delle polizie di tutta Europa e specialmente della polizia belga, poiché Salah è cresciuto a Molenbeek, quartiere a maggioranza musulmana di Bruxelles. Fino al 19 marzo le autorità belghe non sono riusciti a trovarlo, nonostante si trovasse proprio a Molenbeek e il suo indirizzo fosse scritto già il 7 dicembre in un rapporto informativo della polizia di Malines, rapporto però mai trasmesso alle unità anti-terrorismo di Bruxelles. Secondo il sito di informazione belga DH, un agente era riuscito a ottenere informazioni preziose sulla ubicazione di Abdeslam, ora in carcere a Bruges e pronto per essere estradato in Francia, e le aveva scritte in un dossier che doveva essere mandato agli inquirenti. Quel documento non è mai arrivato, e il commissariato di Malines ora nega la vicenda. Anche su questo è in corso un'indagine interna. Salah è stato poi catturato a rue des Quatre Vents al civico 79, a Molenbeek: lo stesso indirizzo segnalato dal poliziotto. 
Le due "vite" di Majim Laachraoui. Confuse e contraddittorie le notizie sull'artificiere. Dapprima viene indicato come fuggitivo e considerato l'uomo col cappello nella foto in aeroporto. Per questo la sua foto insieme ai fratelli El Bakraoui viene diffusa nella speranza che qualcuno possa dare indicazioni sulla sua identità. Successivamente gli inquirenti correggono il tiro e affermano che Laachroui in realtà è uno dei due kamikaze di Zaventem. 

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