Pietro Ciucci si dimette dalla guida dell'Anas per non farsi cacciare dal governo. Palazzo Chigi da tempo studia un avvicendamento
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Dimettersi per non essere cacciato. Ha scelto la strada più indolore Pietro Ciucci, presidente dell'Anas, per passare il testimone della gestione della rete stradale italiana. Una posizione in bilico la sua, da tempo nel mirino di Palazzo Chigi e attenzionata dal nuovo ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio. Sarebbe ingeneroso dire che l'ennesimo viadotto franato, quello dell'autostrada tra Palermo e Messina, sia stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Di certo non è stato un ottimo biglietto da visita.
Negli ambienti renziani si auspica da un po' un cambio di testimone. Un avvicendamento oggetto del colloquio fissato stamattina da Delrio con Ciucci nell'ufficio del neoministro. Il capo dell'Anas se lo aspettava. Così, incassata l'intenzione del governo di avviare le pratiche per la successione, ha anticipato quello che poteva diventare un caso: "Rassegno io le mie dimissioni". Così a metà pomeriggio il comunicato ufficiale, un passo indietro che sarà esecutivo a metà maggio, dopo l'approvazione del bilancio. Si farà da parte "per rispetto per il nuovo Ministro al fine di favorire le più opportune decisioni in materia di governance di Anas". Una formula quantomeno irrituale per un uomo ai vertici apicali dell'azienda dal 2006, prima come presidente del Cda, poi come amministratore unico, infine come massimo rappresentante dal 2013.
Anni, questi ultimi due, in cui Ciucci è stato travolto da incessanti polemiche sulla gestione della rete viaria italiana, martoriata da continui crolli e ritardi elefantiaci dei lavori appaltati. L'uno-due dell'ennesimo cedimento in Sicilia e di una durissima puntata di Report sulla gestione complessiva dei cantieri, sono stati ferali. "È un po' di tempo che è allo studio un avvicendamento - spiega una fonte vicina a Matteo Renzi - certo che le coincidenze, se così vogliamo chiamarle, degli ultimi giorni potrebbero aver accelerato il processo".
D'altronde bastava sentire quel che diceva stamattina Erasmo D'Angelis, coordinatore della Struttura di missione di Palazzo Chigi, a la Stampa: "Anas non può continuare a fare lo scaricabarile. A me sembrava già una vicenda incredibile il crollo di Capodanno del viadotto; quest'altro caso, che conoscevano da dieci anni, mi sembra francamente imbarazzante. Mi chiede de Ciucci deve andarsene? Io dico che ognuno si deve assumere le proprie responsabilità".
Le voci sulle dimissioni continuavano a rincorrersi con insistenza da alcune settimane. "Avrei poco senso di responsabilità verso Anas se mi alzassi e rassegnassi le mie dimissioni", liquidava la questione Ciucci il 30 marzo scorso. Parole che arrivavano dopo le dimissioni di Maria Cannata del Mef e Sergio Dondolini del Mit, due dei tre membri del Cda del gruppo oltre allo stesso Ciucci, un gesto che era suonato come una presa di distanza dal Presidente. La sostituzione dei due era in calendario per giovedì, ma potrebbe essere rinviata a maggio nel quadro di un riordino complessivo della governance.
E se è vero che il crollo di un pilone non può essere iscritto alla responsabilità del massimo dirigente dell'Anas, di suo Ciucci è incappato in una serie di scivoloni che hanno dell'incredibile. Tra le ultime la rimozione dall’incarico di Claudio Bucci, responsabile dell’Area progettazione e nuove costruzioni, dopo il crollo del viadotto di Scorciavacche. Era stato il premier in persona a chiedere la testa del responsabile. Detto, fatto. Solo che Bucci è stato poi rimandato con lo stesso incarico all’Aquila, dove risiede con la moglie anche lei dipendente Anas. Al suo posto venne nominato Sergio Lagrotteria, rimosso due giorni dopo perché nessuno di era accorto di una condanna in primo grado (modificata poi in appello con l'assoluzione) per tangenti e escavazioni selvagge.
"Credo che se il mio azionista avesse voluto chiedermi qualcosa me lo avrebbe chiesto in un incontro diretto", aveva aggiunto il 30 marzo. "Il mio incarico scade tra un anno ed e' sempre stato a disposizione - erano state le parole di Ciucci - io non resisto abbarbicato alla poltrona come l'ultimo dei mohicani: è il ministro che deve decidere". Due settimane dopo, il ministro ha deciso.
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