È quando fallisce anche l'ultima mediazione di Gianni Letta che Silvio Berlusconi, ad Arcore, inizia la registrazione del video messaggio in cui annuncia la rinascita di Forza Italia. In nome della battaglia contro la "persecuzione giudiziaria" e della necessità di una riforma della giustizia contro le toghe politicizzate. Con parole più dure di quelle usate nel '94. È pronto e i ben informati assicurano che avrà un effetto "deflagrante" sul governo. Il timing della crisi prevede che andrà in onda domenica sulle reti Mediaset, il giorno prima dell'inizio dei lavori della Giunta del Senato.
Eccolo, lo spartito della guerra. Il via libera arriva a metà pomeriggio dopo che Gianni Letta, dal suo studio al Nazareno, informa per telefono il Cavaliere che gli ultimi contatti col Quirinale non hanno portato nessun risultato. E che il Colle è fermo alla nota del 13 agosto: non concede altri spazi. L'ultimo canovaccio diplomatico messo a punto dal principe delle colombe berlusconiane prevedeva un grande scambio in nome della "responsabilità di governo". Con Silvio Berlusconi che avrebbe potuto vergare un'appassionata lettera di dimissioni da senatore per evitare la rissa sulla decadenza e blindare il governo. E Giorgio Napolitano che, di fronte a un gesto di tale nobiltà, avrebbe potuto concedere (secondo l'idea di Gianni Letta) una "grazia immediata" senza aspettare che il condannato iniziasse a scontare la pena.
Un'operazione praticamente impossibile su cui Gianni Letta ha registrato un forte scetticismo del Cavaliere, poco propenso a una fiducia "in bianco" nei confronti del capo dello Stato: "Come posso fidarmi - è stato il suo ragionamento - di uno che vuole farmi fuori e che come ultimo atto ostile nei miei confronti ha nominato quattro senatori a vita di sinistra?". Né il Quirinale ha concesso qualcosa in più rispetto alla cornice chiarita nella nota di agosto, in cui veniva spiegato che per la grazia ci sono precise condizioni, e la prima è che il condannato rispetti la sentenza e inizi a scontare la pena. È in questo quadro che tutta l'operazione diplomatica si è arenata. Anzi è saltata. Compreso l'appuntamento di Fedele Confalonieri, altro interlocutore del Quirinale. Sarebbe dovuto salire al Colle per un colloquio fissato da tempo ma al momento nessuno ha ravvisato le condizioni per un incontro.
Ecco l'umore nero del Cavaliere. Fonti autorevoli che hanno parlato con lui così sintetizzano l'esito dei contatti col Quirinale: "Al massimo gli dà un passaporto per scappare, niente di più". Nella battuta c'è la grande paura di queste ore. O meglio: l'incubo. Che ha a che fare non solo con la condanna Mediaset, ma con il timore dell'arresto in relazione a tutti gli altri procedimenti giudiziari. Niccolo Ghedini è certo che a Napoli, sulla vicenda della compravendita dei parlamentari, la richiesta di arresto sia già scritta. È proprio la paura che le procure possano scatenarsi ad alimentare i propositi bellicosi di Berlusconi. Convinto che a questo punto l'era della diplomazia sia finita. E che tutti i tentativi di trattativa siano ormai inutili.
E adesso l'unica discussione è sui tempi. E cioè su "quando" rompere. Occorre un "appiglio", un fatto concreto. L'idea, rispetto all'ipotesi di venerdì, è di aspettare lunedì l'inizio della discussione in Giunta, per registrare l'ostilità del Pd. Per questo proprio a lunedì è stato spostato l'ufficio di presidenza inizialmente fissato per venerdì. In quel giorno, invece, è prevista una riunione ad Arcore con la cerchia più stretta dei dirigenti.