giovedì 8 dicembre 2016

Questi si che sono giornalisti.

Referendum, ha vinto la accozzaglia, che ha unito la sinistra più estrema e Casa Pound, hanno vinto i nemici delle riforme. Ma, “senza riforme l’Italia va a fondo.La dieta vegana non basta”, avverte Giuseppe Turani, in questo articolo pubblicato anche su Uomini & Business. Ma ci può essere un punto di ripartenza, quel 40% che ha votato per le riforme.

Rimettere assieme i cocci non sarà tanto facile. Mai in Italia due diverse storie si si sono confrontate così direttamente: da una parte un’Italia che voleva cambiare, spezzando un po’ di lacci e lacciuoli (Renzi), dall’altra una vecchia Italia con un patrimonio genetico di fallimenti biblici.
Ha vinto ha seconda, ha vinto cioè l’Italia che non vuole cambiare, che non vuole diventare moderna. Ha vinto un’accozzaglia che va dagli eredi di un certo Pci (bandiere rosse e idee no) a quelli di casa Pound, passando per tutto quello che c’è in mezzo. Naturalmente, programmi zero e la mattina dopo la grande vittoria, tutti sciolti e tutti per le proprie strade. L’accozzaglia, come previsto, si è già sciolta.
I grillini vogliono solo elezioni immediate, con qualsiasi legge, convinti di poter andare al governo appena chiuse le votazioni. Gli altri si accontenterebbero di qualcosa di meno. Ignorando che i grillini vogliono tutto per loro: non fanno accordi, non imbarcano nessuno, e sono  pazzi. Ma sono anche i veri vincitori di questo confronto.
La partita, quindi, è difficile. La frattura è stata grossa. E non esistono mediazioni possibili.
La politica farà delle sue magie e alla fine un governo verrà partorito, ma sarà robetta, tanto per tirare a campare.
Se si legge il risultato non in termini di schieramenti politici, ma di strati sociali, è ancora peggio.
La media borghesia impoverita, unita a fasce di sottoproletariato eversivo, ha dato la vittoria ai grillini. La retorica degli scontrini e della quantità enorme di bugie e diffamazioni hanno fatto il resto. La borghesia italiana aveva una possibilità di rinnovamento e non l’ha colta. Ha pensato alle sue rendite: se sei un taxista ti tieni la licenza, se sei un dipendente dell’Atac puoi anche non lavorare, sei vai a piedi o in bicicletta spendi comunque meno, dal medico puoi evitare di andarci se diventi vegano.
La media borghesia italiana ha scelto queste cose qui. È disperante, ma è così.
E’ inutile girarci intorno. Le avevano offerto una straordinaria occasione di cambiamento, non l’ha colta, come sempre.
Allora la battaglia è già persa? Non resta che rassegnarsi e tirare a campare?
Forse no. La novità  più interessante di questo confronto sul referendum è che ha fatto emergere, raccolto intorno al si e a Matteo Renzi un blocco di 12 milioni italiani (il 40 per cento dei votanti) che invece è per le riforme. E forse sono anche di più.
Certo, il percorso per far contare questo 40 per cento in politica sarà lungo e tortuoso. Ma si può fare.
In parte Renzi ha già anticipato la strada: ai vincitori toccano gli onori e gli oneri. In sostanza, hanno vinto, hanno il 60 per cento dei voti, governino, se sono capaci.
Impresa complessa perché l’accozzaglia vincente si è già dissolta, fra quelli che vogliono andare subito al voto fino a quando hanno il vento nelle vele (grilloidi) e quelli che invece non hanno nessun vento (Berlusconi e sinistra dem), e che quindi vorrebbero bordeggiare sotto costa, a caccia di qualche poltrona e di qualche favore.
Sarà una guerra dura, che potrà diventare ancora più aspra se Renzi deciderà di sfidare di nuovo i suoi avversari, ad esempio dimettendosi da segretario e convocando un congresso straordinario.
In mezzo a tutto questo c’è il Paese. La Confindustria, prima delle votazioni, aveva diffuso un documento, a fini elettorali e quindi un po’ terroristico., nel quale prevedeva, con la vittoria del no,  il ritorno della recessione per almeno un paio d’anni.
Forse, ripeto, si trattava di un’ipotesi eccessiva, ma il momento è delicato e chiunque lo capirebbe. Con il ritorno della disoccupazione sopra il 12 per cento e una lenta fuga delle nostre imprese.
È stato spiegato mille volte: senza riforme questo Paese rimane fermo e il suo unico destino sono la decrescita e il commissariamento da parte di Bruxelles. Non può funzionare un Paese che ha un milione e 700 mila metalmeccanici e un milione di mezzo di persone che vivono di politica, senza produrre nemmeno una matita.
Insomma, non siamo messi bene. E solo ceti borghesi ubriachi possono pensare di venirsene fuori senza altri sacrifici. In Francia, dove le cose stanno persino un po’ meglio che in Italia, il candidato Fillon si presenta con un programma reaganiano: via 500 mila dipendenti pubblici, orario di lavoro da 35 a 39 ore (pagate solo 37), tagli allo stato sociale.
Qui in Italia, affidandosi a Grillo, pensate che possa finire meglio? Tempo un mese e arriva la troika. E la ricetta sarà quella di Fillon, mica le stronzate di Di Maio. Le preziose licenze dei taxi i taxisti se le potranno vendere a Porta Portese, come fanno a Mosca con i berretti da generale dell’Armata Rossa. I farmacisti idem. Gli autisti dell’Atac saranno licenziati in tronco dopo la seconda assenza dal lavoro.
In sostanza, questa brava borghesia che ha scelto di rifugiarsi, insieme al sottoproletariato urbano, nelle braccia dell’accozzaglia (cioè in sostanza di Grillo) pur di evitare le  riforme non sfuggirà al suo destino. Poteva scegliere da sé quali riforme fare e in quali tempi, le dovrà fare di corsa e sotto dettatura degli altri.
L’alternativa, come ho già spiegato, non è,  forse, quella tragica illustrata dalla Confindustria (tre anni di recessione anche abbastanza pesante). Si può scegliere anche una deriva lenta: ogni anno si fa una finta crescita dello 0,5 per cento e alla fine ci si ritrova morti senza nemmeno averlo deciso.
Ma forse non si potrà fare nemmeno questo: a insegnare a questa borghesia spocchiosa di protestatari protetti da contratti di ferro nel pubblico impiego come si sta al mondo penserà la troika. Un paio di finlandesi e un tedesco potrebbero andare bene.
Altro che Di Maio che vi dà  il reddito di cittadinanza con i soldi che stampa di notte. E le città vegane dove non si muore mai e si vive con quattro cavolfiori piantati sul balcone, poveri ma belli.
Comunque, la nostra borghesia riottosa deve ancora finire di bere le bottiglie di champagne che ha aperto ieri sera. Lasciamola fare. Si risveglierà in un altro mondo.

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