È però anche il giorno dell'istituzionalizzazione definitiva del Movimento 5 stelle. Anzi, l'elezione di Roberto Fico alla presidenza della Commissione di Vigilanza della Rai rappresenta un'ipertrofia nel turbolento e complicato processo di inserimento della pattuglia dei grillini all'interno del Palazzo. Un punto di arrivo, dopo mesi nei quali il profilo barricadiero e l'estraneità al grande gioco del Parlamento è stata la cifra dell'agire stellato. Ma anche un punto di partenza, che potrebbe far scaturire un cambio qualitativo della presenza a 5 stelle nelle stanze della politica.
Molti osservatori l'hanno sottolineato: di per sé, lo scranno più alto della Vigilanza non reca a chi vi si siede un surplus di potere in grado di cambiare gli equilibri dello scacchiere. Ma l'attenzione che da sempre catalizzano le vicende di Viale Mazzini rende quella posizione cruciale sia a livello politico, sia a livello mediatico. Sul controllo della televisione pubblica lo scontro è perpetuo. Una guerra combattuta giornalmente a bassa intensità, con picchi di deflagrazione improvvisi e violentissimi.
Per avere una prova basta scorrere i membri designati dal Popolo della Libertà. Si va da Renato Schifani a Maurizio Gasparri, passando per Augusto Minzolini, Paolo Romani e Paolo Bonaiuti. Quando il 'soldato semplice' Luca D'Alessandro è stato eletto capogruppo, i suoi compagni di partito lo hanno bonariamente preso in giro: "Non ti montare la testa, è solo perché sei l'unico a non avere altri incarichi".
La pattuglia dei berluscones è tra le più corazzate possibili. Il Cavaliere sa che negli equilibri interni al piccolo schermo si gioca gran parte della ricaduta mediatica del tema del conflitto d'interessi. Un terreno sul quale già da tempo i grillini hanno minacciato di dare battaglia. Ma i veti incrociati sul Copasir e la preoccupazione di Berlusconi sulla Giunta per le elezioni e le immunità hanno reso l'elezioni di Fico un passaggio inevitabile anche per il Pdl.
Se Luigi Di Maio e Laura Bottici sono già stati eletti alla vicepresidenza della Camera e al collegio dei questori del Senato, l'ascesa al soglio televisivo di Fico rappresenta tuttavia un qualcosa di diverso. Sarà onere e onore del deputato a 5 stelle calendarizzare proposte, stabilire ordini del giorno, parlare a nome della plenaria di uno dei luoghi simbolo dell'eterno contrasto tra Pd e Pdl. I due principali partiti di governo sanno che le mine di cui è disseminato il campo della Rai rappresentano una dei principali insidie sulle quali il rapporto tra i due eterni rivali potrebbe esplodere. Ma, plasticamente, l'elezioni di Fico rappresenta proprio la rottura dello schema che negli ultimi vent'anni ha voluto alternarsi in quella posizione di volta in volta un azzurro e un democratico.
A compattare le fila traballanti della maggioranza potrebbe essere il programma annunciato dall'esponente. Il suo faro sarà "togliere le mani dei partiti dal servizio pubblico". "Ci proveremo in tutti i modi", scandisce nella conferenza stampa convocata in tutta fretta a Montecitorio. Per raggiungere l'obiettivo nominerà "uno staff di alto livello per far sì che questo avvenga nel modo migliore". Il fine ultimo è quello di "far sì che io sia l'ultimo presidente di quest'organo". Smantellare la Vigilanza significa smontare il sistema del servizio pubblico radiotelevisivo per come lo si è conosciuto in questi ultimi anni. Un piano ambizioso, che dovrà andare a braccetto con il ruolo istituzionale, che impegnerà Fico a dirimere le questioni che man mano si affastelleranno sulla sua scrivania e a rappresentare il massimo organo di controllo della Rai in tutte le sedi. Istituzionali e mediatiche. Un aspetto al quale il fedelissimo di Beppe Grillo non si vuole sottrarre: "Andrò ai talk show, ma deciderò caso per caso". Insomma, da oggi il M5s è un Movimento di lotta, ma anche un po' di governo.