Continua la farsa dei parlamentari del M5S che parlano di "vitalizi" quando in realtà sono stati aboliti dal 2012 e che vogliono essere trattati come "cittadini normali" ma senza rinunciare ai contributi d'oro derivanti dai 5 anni di "lavoro" in Parlamento
Oggi il MoVimento 5 Stelle festeggia il V-Day ovvero il giorno del Vitalizio. Da oggi infatti i parlamentari dell’attuale legislatura hanno maturato il diritto a ricevere il trattamento pensionistico. Gli attuali deputati e senatori percepiranno l’assegno pensionistico al compimento dei 65 anni (per quelli al primo mandato) e dei 60 per coloro che sono stati in parlamento per due legislature (o più). È chiaro quindi che per i parlamentari della legislatura in corso non si può parlare propriamente di vitalizio.
Vitalizi fantastici e come percepirli
Il vitalizio inteso come rendita parzialmente alimentata da un prelievo sull’indennità del periodo di esercizio della carica che veniva erogata sotto una certa soglia di età è stato abolito dalla riforma del 2012 che ha introdotto il metodo di calcolo contributivo. Nonostante quello che vuole far credere la macchina della propaganda del MoVimento 5 Stelle tutta la cagnara mediatica sul V-Day è completamente scissa dalla discussione della proposta di legge Richetti che invece ha l’obiettivo di riformare i vitalizi percepiti dai deputati delle precedenti legislature. Detto ancora in modo più chiaro: i parlamentari eletti nel 2013 non percepiranno alcun vitalizio ma una pensione da 1000 euro al compimento dei 65 anni di età.
Ci sono ovviamente ex parlamentari che – in base alla legge in vigore – percepiscono il famigerato vitalizio. La proposta di legge Richetti mira appunto a tagliare fino al 40% l’ammontare di questi vitalizi che vengono percepiti da circa 2.600 ex parlamentari della Repubblica. La legge però è ferma in Senato dove la maggioranza che ha votato a favore alla Camera non ha – anche con l’aiuto del M5S – i numeri per farla approvare. Se la legge venisse approvata poi i risparmi non sarebbero poi così clamorosi. In un’audizione alla Camera del maggio 2016 il Presidente dell’Inps Tito Boeri aveva detto che con la legge Richetti e l’applicazione retroattiva a tutti gli ex parlamentari del sistema contributivo attualmente in vigore ci sarebbe stato un risparmio di 79 milioni di euro per il 2016 e di 83,2 milioni per il 2017, pari a circa il 40% della spesa che è intorno ai duecento milioni di euro l’anno.
I 5 Stelle e l’autocertificazione per rifiutare il “vitalizio”
Gli onesti e trasparenti parlamentari del M5S continuano però a chiamare la pensione che percepiranno a partire dai 65 anni d’età “vitalizio”. E c’è da capirli: da quando sono entrati in Parlamento strillano per far abolire i vitalizi che però erano già stati aboliti prima del loro ingresso in Parlamento. E anche la proposta di Di Maio per l’abolizione dei vitalizi dei parlamentari – che è sostanzialmente identica a quella di Richetti – riguarda solo i vitalizi già in essere e non il trattamento pensionistico dei parlamentari dell’attuale legislatura (tra cui Di Maio e i suoi compagni di partito). Ma la questione dei privilegi della casta – di cui fanno parte a pieno titolo – è cruciale per il M5S che è arrivato letteralmente alle mani sulla legge per l’abolizione dei vitalizi.
Come ha spiegato il Presidente dell’INPS Tito Boeri qualche tempo fa inoltre la proposta di Di Maio non abolisce i vitalizi oggi in essere perché per quelli ci vuole, invece, una legge. Secondo Boeri, infatti, se è possibile modificare gli assegni dei parlamentari attraverso il regolamento della Camera, diventerebbe più complicato se venissero equiparati ad altre pensioni e accumulati a quelli di altre gestioni previdenziali. Per farlo, servirebbe una norma di legge, oltre che una specifica gestione presso l’Inps o qualche cassa ad hoc dove accreditarli: nella loro proposta, i 5 Stelle non affrontano il nodo, ma lo rimandano ai questori delle Camere e a successivi decreti attuativi. Ma i 5 Stelle hanno trovato lo stesso una soluzione.
In conferenza stampa oggi alla Camera Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio e altri deputati del 5 Stelle hanno deciso di firmare la rinuncia al privilegio a nome di tutti i parlamentari. I pentastellati hanno inviato una lettera ai presidenti delle due camere, Laura Boldrini e Piero Grasso, dove chiedono di “prendere atto della loro volontà e di trovare il modo con cui si possa applicare, a tutti i portavoce del MoVimento, la legge Fornero”. Come è evidente però una lettera non è una legge e i Presidenti delle Camere non potranno fare nulla a riguardo perché andrebbero contro la legge. Non è poi così vero che i 5 Stelle rinunciano ai privilegi una volta giunti a 67 anni d’età perché chiedono «di dirottare i nostri contributi alle casse di appartenenza di ogni singolo parlamentare o all’Inps per chi non aveva aperta una posizione previdenziale prima di entrare in Parlamento». Insomma nemmeno i 5 Stelle sono disposti a rinunciare ai contributi (quelli sì sostanziosi) versati in questi 5 anni di “lavoro”. Del resto visto che alcuni di loro prima di entrare in Parlamento avevano un reddito pari a zero rinunciare del tutto ai privilegi della casta sarà sembrato uno spreco.
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