giovedì 14 settembre 2017

Se la sinistra fa la sinistra vince. Il populismo grillino e leghista possono vivere solo a causa di errori della sinistra che non deve avere paura di cambiare.

VIALE DEL TRAMONTO PER IL COMICO

C'è disaffezione fra i grillini e cadono anche nei sondaggi. Nulla è stato fatto di quanto promesso.
di GIUSEPPE TURANI | 
Per la prima volta Grillo ha paura. Paura che il suo giocattolo gli si sfasci fra le mani vicino al traguardo, costringendolo a fare davvero il pensionato. I segnali di una crisi sono tanti e il comico genovese teme che tutto esploda prima della gran corsa per le politiche generali del 2018.
Ecco i segnali:
1- I sindaci grillini sono dei gran pasticcioni, dove non hanno combinato disastri, tirano a campare. Il tanto sbandierato cambiamento non si è visto. L’unica cosa notata è che, quando la prova si fa difficile (Torino, Roma, Livorno) vanno in tilt, non sorretti da adeguati staff e, a volte, stupidamente premuti da Grillo e Casaleggio che nulla sanno di quelle realtà locali, fanno stupidaggini. Sta venendo fuori, e con molta chiarezza, che non basta un po’ di ideologia e la retorica dell’onestà per amministrare delle città: bisogna saperlo fare, cosa che si impara solo con l’esperienza e con collaboratori che siano all’altezza. L’idea di dirigere tutto stando negli uffici della Casaleggio a Milano (una modesta impresa informatica, con i bilanci sempre in rosso e pochi clienti) o nella villa sulla collina genovese si sta rivelando folle.
2- I fan, e questo è il segnale più grave, sono in fuga. La Casaleggio, i cui conti un po’ riflettono l’andamento dei 5 stelle visto che sono loro a gestire tutto il Movimento, sono perennemente in rosso e anche in calo: c’è meno traffico, meno clic, meno gente ha bisogno di andare a abbeverarsi sul sacro blog. Insomma, c’è disaffezione.
3- Fra un paio di settimane, anche meno, ci sarà la grande adunata di Rimini, dove dovrà essere annunciato il nome del premier (che sarà lo scolorito e inutile Di Maio, non ha ancora imparato a parlare italiano), ma le sottoscrizioni vanno a rilento: non arrivano soldi. A oggi siamo a circa un terzo rispetto agli anni d’oro. Alla fine ci sarà gente perché parte verrà “cammellata”, ma tira un’aria di disarmo.
4- In più, a ogni occasione esplodono contrasti. E’ evidente, ad esempio, che Roberto Fico, molto forte nei gruppi parlamentari e “fondamentalista”, cioè grillino della prima ora e fedele ai primi enunciati, non è quasi mai d’accordo con quello che combinano Grillo e Casaleggio, veri padroni di tutta la baracca.
5- Quasi certamente, anche se qualche dubbio permane, vinceranno le elezioni in Sicilia. Il che significa che si infileranno in un’altra storia tipo Roma, cioè in una realtà ingestibile, dove potranno collezionare solo disastri. Di Maio pensa che basti eliminare un po’ di auto blu per sistemare le cose, perché questo gli hanno spiegato alla Casaleggio, ma questo dimostra solo quanto sia limitato.
6- Insieme al nome del candidato premier a Rimini doveva anche essere annunciata la squadra di governo, cioè i nomi dei futuri ministri grillini (nel caso in cui vadano a palazzo Chigi). Invece adesso dicono che i nomi verranno fatti entro Natale: segno che non hanno ancora trovato nessuno di presentabile, a parte quattro perdigiorno sempre pronti a fare i ministri. Insomma, la fantastica squadra di governo, da urlare evviva e aprire le bottiglie di champagne, non c’è. Come per la giunta di Roma, nel caso, ci si arrabatterà alla meglio con scartine di secondo livello.
Misera fine di un ex comico e dei suoi guitti.

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