Il senso di Travaglio per il M5S
Qualche anno fa tenevo in gran considerazione Marco Travaglio. Erano i tempi della maggioranza bulgara di Silvio Berlusconi e dell’immobilismo del PD pre-renziano. I tempi di D’Alemoni, tanto per dire. Marco Travaglio si poneva come una sorta di sentinella super partes che vigilava sulla condotta di maggioranza e opposizione, mantenendo un apparente distacco. Nessuno poteva immaginare che, deliberatamente o meno, l’ex Calandrino (non tutti sanno che Marco Travaglio scrisse per qualche tempo sulla “Padania” con questo pseudonimo) stesse in realtà calamitando attorno a sé una fetta di popolazione avversa alla politica tradizionale, finendo poi per trasformarla nei lettori del suo giornale. Un giornale che nasceva come, per l’appunto, voce super partes e che riusciva a mettere d’accordo cittadini di destra, sinistra e centro disgustati dalla lotta sterile fra berlusconismo e antiberlusconismo che paralizzava il Paese.
Parallelamente, Beppe Grillo aumentava i suoi consensi nelle piazze e soffiava sulle fiamme del già esacerbato disgusto degli italiani verso la situazione contingente. I due personaggi, Travaglio e Grillo, in concerto o meno, agivano come abili pianisti sulla tastiera del malcontento dei cittadini e finivano per diventare, agli occhi degli elettori che si sentivano traditi, i due paladini della verità, dell’onestà e della trasparenza. Travaglio fondò il Fatto Quotidiano e non ci volle molto, ovviamente, perché si trasformasse nell’house organ ufficioso del m5s, perdendo inesorabilmente un’ampia quota di lettori moderati e avversi allo stile forcaiolo della testata. Con l’avvento di Matteo Renzi, poi, il Fatto Quotidiano – come ha fatto notare, preoccupato, Michele Santoro – è diventato il giornale degli antirenziani con Travaglio, Gomez, Padellaro e Scanzi come avanguardia televisiva, in particolar modo su La7, dove sostituiscono di fatto gli esponenti del m5s nei contraddittori (cui i portavoce pentastellati non si sottopongono mai).
Con la trasformazione del Fatto Quotidiano nel Fatto Antirenziano, Travaglio ha gettato la maschera rivelando quello che non era immediatamente evidente all’epoca di Berlusconi. L’ex Calandrino, infatti, lungi dal portare avanti una battaglia per la democrazia, è a capo di una non ben definita compagine determinata a fomentare l’opinione pubblica contro il Governo in carica, qualunque esso sia (quello di Renzi in primis, in quanto fortissimo baluardo contro il m5s), e indirizzare consensi verso Grillo e la setta pentastellata, sminuendone le opacità (tantissime) ed enfatizzandone esageratamente i (pochissimi quasi nulli) pregi, chiudendo sapientemente gli occhi su firme false, espulsioni azzardate, repressione del dissenso, bufale usate come arma letale contro l’avversario, e così via.
Travaglio è un’altra delle “facciate per bene” del m5s e grazie alla sua fama di giornalista super partes (conquistatasi sparando indiscriminatamente a zero su Berlusconi e PD, ora se ne capisce il motivo) lo legittima e lo sdogana anche ai moderati. Negli ultimi tempi, spiazzato dalla deriva dell’incoerenza pentastellata, Travaglio ha iniziato a parlare come il classico grillino che si incontra in rete tutti i giorni. “E allora il PD?”, “Guardate De Luca” (che per statura politica, cultura e ars oratoria Travaglio se lo mangia a colazione, pranzo e cena), “Gli altri sono molto peggio” e così via. Possiamo solo augurarci che rinsavisca al più presto, smetta di fare da cassa di risonanza a Grillo e si dissoci da quello che personalmente considero un gravissimo pericolo per la democrazia. Perderà sicuramente molti lettori pentastellati ma ne riconquisterà molti di più fra i cittadini di ogni schieramento politico, preoccupati di un futuro che si prefigura sempre più NERO e che lui, Travaglio, contribuisce ad annerire inesorabilmente.
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