domenica 15 gennaio 2017

Io credo che il popolo bue italiano non meriti Renzi. Ma io amo questo paese che non appartiene ai leghisti o ai grillini e quindi fino a quando avrò un solo respiro mi batterò per cambiare in meglio l'Italia. Ed il meglio non è espresso dalla destra, dai grillini, dai leghisti e dai sindacalisti. Il meglio oggi e nel popolo del PD. Probabilmente non neanche una maggioranza nel paese. Ma occorre continuare a lottare se non per il popolo bue per la nostra dignità.

Matteo Renzi: «La sconfitta brucia, ho pensato di lasciare. M5S? Un algoritmo»

matteo renzi

L'ex premier a Repubblica ha raccontato il suo dopo-referendum: «Il vero dubbio è stato se continuare»

La sconfitta al referendum «brucia, eccome se brucia». «Tanto che il vero dubbio è stato se continuare o lasciare. Ma poi uno ritrova la voglia e riparte». È quanto affermato da Matteo Renzi in una lunga intervista rilasciata ad Ezio Mauro per Repubblica. L’ex presidente del Consiglio ammette di aver pensato «al ritiro», ma di essere anche pronto, ora, a ripartire dagli errori, e a rilanciare il Partito Democratico.

MATTEO RENZI: «SCONFITTA AL REFERENDUM? HO PENSATO DI LASCIARE»

«Credo nel Pd – dice – lo rilanceremo con facce nuove e valori forti». E sul voto: «Io non ho fretta, decidiamo quel che serve all’Italia, senza ansie ma anche senza replicare il 2013». Dunque, il segretario Dem dice di aver già ripreso la «battaglia»:
Segretario Renzi, la sua prima intervista dopo il referendum si può incominciare solo così: che sventola! Quanto le brucia?

«E deve domandarmelo, non se lo immagina? Brucia, eccome se brucia. Tanto che il vero dubbio è stato se continuare o lasciare. Ma poi uno ritrova la voglia e riparte».

Davvero ha pensato di uscire dalla politica?

«Sì, nei primi giorni. Mi tentava: e devo dirle, un po’ per curiosità, un po’ per arroganza».

Poi?

«Poi ho pensato che solo il vigliacco scappa nei momenti di difficoltà. Ho ripensato alle migliaia di lettere ricevute, al desiderio di futuro espresso da milioni di persone. La nostra battaglia è appena incominciata».

Una rivincita o una vendetta?

«Nessuna delle due: sono parole che pensano al passato. Noi guardiamo avanti, non indietro».

Non è anche questo un modo per scappare dalla sconfitta?

«Se uno nasconde la testa sotto la sabbia e fa finita di niente, sì. Ma vorrei ricordarle che io mi sono dimesso, in un Paese dove di solito le dimissioni si annunciano».

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MATTEO RENZI: «CASO ETRURIA? CI È COSTATO MOLTO»

Matteo Renzi ha anche parlato del caso Etruria. «Ci è costato molto», ha detto. «Ma abbiamo fatto – ha continuato – tutto quello che andava fatto. Abbiamo commissariato la banca, mandato a casa gli amministratori compreso il padre della Boschi, Etruria è l’unica banca sanzionata due volte, ci sono indagini della magistratura e ci saranno processi: vedremo chi sarà condannato e chi no». E ancora: «Non vedo l’ora che parta la commissione di inchiesta per fare chiarezza sulle vere responsabilita’, dai politici ai manager ai controllori istituzionali».

MATTEO RENZI: «M5S? UN ALGORITMO»

Non sono mancate le frecciate agli avversati. Il Movimento 5 Stelle è stato definito un «algoritmo»:
Rimpiange di essere salito a palazzo Chigi dall’ascensore di servizio e non dallo scalone d’onore, con il voto?

«No. Per la mia immagine è stato un errore, ma serviva al Paese e l’Italia vale di più della mia immagine. Ma lei ricorda quei momenti? Eravamo bloccati e impauriti, la disoccupazione cresceva, il Pil crollava. Ora l’Italia ha qualche diritto in più e qualche tassa in meno. Ancora non andiamo bene, ma andiamo meglio di prima. Dobbiamo stringere i denti e fare di più».

Non sente oggi come suona male quella continua polemica coi gufi e i rosiconi?

«Bisognava dar l’idea della svolta. Forse non dovevo usare quelle parole, va bene: ma l’ottimismo fa parte della politica. Detto questo adesso posso confessarlo: a me i gufi stanno simpatici. Gli animali, intendo».

Grillo punta invece sul catastrofismo: conviene?

«Sì. Lui vince se denuncia il male. Non se prova a cambiare. Quei ragazzi sono già divisi, si odiano tra gruppi dirigenti, fanno carte e firme false per farsi la guerra. Ma sono un algoritmo, non un partito. Lui è il Capo di un sistema che ripete ai seguaci solo quello che vogliono sentirsi dire, raccogliendo la schiuma dell’onda del web. Dovremmo fare una colletta per liberare la Raggi e i parlamentari europei dalle orrende manette incostituzionali che multano l’infedeltà al partito, ogni ribellione o autonomia. Ma quelli che vedevano la deriva autoritaria nella riforma costituzionale, su questo tacciono. Se l’immagina una misura del genere nel Pd? Io non voglio una sinistra dell’algoritmo: la voglio libera, capace di pensare con la sua testa, coi suoi valori, la sua cultura, i suoi ideali».
(Foto: REUTERS / Alessandro Bianchi)

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