sabato 17 dicembre 2016

Roma docet, ecco perchè i grillini non vogliono votare

Terza Repubblica
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Tutto l’apparato di propaganda grillino è impegnato nel denunciare le malefatte altrui. Ma per vincere le elezioni tutto questo potrebbe non bastare
 
A sentire quei grillini che non hanno mai amato Virginia Raggi, e che politicamente si riconoscono nel gruppo romano guidato da Paola Taverna, l’avviso di garanzia per la sindaca cinquestelle sarebbe imminente. E, in caso di avviso di garanzia, le dimissioni della giunta dovrebbero essere automatiche, e nuove elezioni a Roma inevitabili.
In realtà non è detto che vada così: il sindaco grillino di Livorno ha ricevuto il suo bravo avviso di garanzia ed è ancora al suo posto; quello di Parma, in circostanze analoghe, è stato “sospeso” dal Movimento ma non indotto alle dimissioni (lascerà poi spontaneamente il M5s). E’ dunque piuttosto difficile, almeno per quanto si sa delle inchieste in corso, che la giunta capitolina sia ormai al capolinea: del resto, elezioni anticipate a meno di un anno dalla vittoria sarebbero per il M5s un’autentica catastrofe.
Ciò nonostante, e qualunque sia l’esito giudiziario e politico delle inchieste, è evidente che la corsa grillina verso palazzo Chigi ha subito in queste ore un brusco rallentamento. Sapremo dai prossimi sondaggi se l’asticella del consenso è scesa, e in che misura: ma dal punto di vista politico la situazione è senza dubbio molto grave.
Grillo aveva infatti scelto Roma – dopo le catastrofi di Alemanno e di Marino – per sfidare l’establishment e i partiti tradizionali: ma, dopo una vittoria ampiamente preannunciata e tuttavia non adeguatamente preparata dallo stesso Movimento, Roma rischia oggi di dimostrare l’esatto contrario: e cioè che i grillini, molto banalmente, non sono (ancora) pronti ad assumere responsabilità di governo. Roma è difficile da amministrare, d’accordo: ma l’Italia non è certo più semplice da governare.
Se proiettiamo l’implosione della giunta Raggi sullo scenario più generale del governo e della sua durata, dunque, potremmo incontrare qualche sorpresa. Siamo sicuri che il M5s desideri davvero andare subito alle elezioni? L’unica vera forza di cui dispone è la debolezza degli altri: è sulle difficoltà, gli insuccessi, l’inefficienza (quando non la corruzione) degli altri partiti che il partito di Grillo ha costruito e costruisce le sue fortune; viceversa, ogni volta che i riflettori si spostano sulle esperienze di governo grilline, il consenso inesorabilmente diminuisce.
Tutto l’apparato di propaganda grillino è impegnato nel denunciare le malefatte altrui, vere o presunte o spesso inventate (ieri sera Di Battista ha tenuto una conferenza stampa sul Monte dei Paschi, anziché sul Campidoglio), o a rivendicare una pretesa “diversità” nella gestione dei rimborsi e dei contributi pubblici. Ma per vincere le elezioni tutto questo potrebbe non bastare: è ben vero, infatti, che quote crescenti di elettorato sono sempre più disgustate dalla classe politica di centrosinistra e di centrodestra, ma è altrettanto vero che chi non ne può più della vecchia politica vuole e chiede un’alternativa praticabile, non il caos.
Non dovremo dunque stupirci se, nelle prossime settimane, all’invocazione urlata delle urne e alla farsa dell’Aventino si accompagnerà, in silenzio e lontano dai riflettori, un movimento contrario diretto a prolungare la durata della legislatura oltre giugno, e magari anche oltre l’autunno. Già l’indisponibilità a discutere qualsiasi legge elettorale che non sia la propria è indice di un’ambiguità di fondo, perché chi vuole votare dovrebbe anche volere al più presto una legge che gli consenta di farlo.
Ma se questo è il vero disegno di Grillo – rafforzato nelle motivazioni reali dalla catastrofe capitolina – sarebbe bene che gli altri partiti, di maggioranza e di opposizione, si decidano ad affrontare presto e bene il problema, approvando già prima della sentenza della Consulta una riforma elettorale dignitosa.

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