Il banchiere Passera consegna la sua inconsistenza nella mani di Salvini
Matrimonio politico tra l’ex ministro di Monti e la destra milanese. Un’ammucchiata sempre più eterogenea con la memoria breve e la paura di perdere
Alla fine, dopo mesi di imbarazzante teatrino, dopo le vagonate di soldi spese per tappezzare le nostre città con i manifesti del suo movimento (Italia Unica?), dopo essere sceso in campo “per combattere tutti i populismi”, dopo aver annunciato in pompa magna la sua candidatura a sindaco di Milano, Corrado Passera ha deciso di ritirarsi e di appoggiare la corsa di Stefano Parisi, il candidato della destra.
“Il mio impegno per cambiare Milano – ha detto l’ex ministro del governo Monti – trova oggi una nuova importante dimensione. Ho infatti accolto l’invito di Stefano Parisi per rafforzare in modo determinante la componente civica e indipendente della sua alleanza e per iniziare a tracciare una nuova strada, partendo proprio da Milano. In dieci mesi con il mio fantastico comitato siamo riusciti a elaborare un insieme di proposte radicali per fare di Milano una vera capitale in Europa e nel mondo”.
Parisi risponde al miele di Passera con parole altrettanto dolci: “Dà un contributo molto forte, il turbo a questa coalizione. A Milano si può generare nuovo modello di governo. Oggi si apre una fase importante – ha detto Parisi -. Avevamo due piattaforme molto simili, anzi il suo lavoro di approfondimento è ancora più ricco del nostro, perché è iniziato prima. E abbiamo una forte identità di vedute per rimettere Milano in moto, in una logica di governo liberale. Sono molto contento – ha aggiunto – che Corrado ha accettato le mie richieste perché questo serve alla nostra piattaforma”.
Cosa sarà stato a far cambiare idea a Passera per convincerlo a desistere? Forse ha notato in giro per Milano troppi manifesti e troppi camper con slogan dal dubbio gusto (i suoi) e si è stancato lui stesso? O forse gli è stato promesso un angolino in caso (remoto) di successo? In realtà, probabilmente ha visto i sondaggi che lo davano intorno al 3% (nonostante ora vada sbandierando un consenso pari al 10%), che prefiguravano un disastro elettorale che avrebbe messo fine al suo già inesistente (se non fosse per i suddetti cartelli e camper) movimento politico.
Ma tant’è. Il grande salto è compiuto. E il banchiere Passera consegna così la sua inconsistenza nella mani di Matteo Salvini e soci. Proprio quel Salvini che parlava dell’ex candidato in questi termini: “Occorre partire dai progetti e figuriamoci se un banchiere che ha fatto il ministro per Monti può essere il futuro. Certa politica bancaria ha rovinato l’Italia. Servono idee nuove, persone nuove e progetti concreti”. E lo stesso Passera ricambiava con parole altrettanto nette: “Dopo l’errore di essere al servizio di ‘Matteo 1′ (Renzi), ora sarebbe un errore mettersi al servizio di ‘Matteo 2′ (Salvini). Anche perché la Lega non è Centrodestra ma destra estrema e potrebbe fare le primarie solo con Casapound“.
Ma ancora una volta ha prevalso la logica dell’ammucchiata. Memoria breve e paura di perdere hanno fatto il resto. “Se c’è una cosa che riesce bene alla destra – sottolinea il segretario del Pd Pietro Bussolati – è anteporre l’interesse personale a quello dei cittadini. Passera getta la maschera e si ritira. Dopo sei mesi di campagna elettorale e di prese in giro ai milanesi, adesso l’armata brancaleone di centrodestra finisce tutta nelle mani dell’estremista Salvini. Noi restiamo con i milanesi. Noi abbiamo un solo interesse: Milano, una città sicura e viva, che guarda avanti e che si lascia alle spalle gli anni bui del ventennio che ha preceduto il nostro buon governo”.
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