Virginia Raggi: "Se Beppe Grillo me lo chiedesse, io mi dimetterei"
«È giusto che ci sia un garante per far rispettare i nostri principi. Non ho mai ricevuto "mail anonime": conosco le persone del cosiddetto staff. E meno male che ci aiutano. Sfido i poteri forti di Roma, ma anche le piccole illegalità quotidiane, inclusi i portoghesi dei bus». Parla la candidata del Movimento 5 Stelle per sindaco di Roma
Virginia Raggi, 37 anni, nata e cresciuta a Roma in zona Appio Latino, elementari alla Giardinieri, medie alla Pascoli, liceo scientifico Newton all'Esquilino, studi universitari in Giurisprudenza («Ho capito che la matematica non era il mio forte»), laurea con 110 e lode, quindi il ben noto praticantato allo studio Previti («Un mio professore mi ha messo in contatto con loro, ho fatto un colloquio e mi hanno preso»), poi in proprio con altri legali. Da 15 anni vive in zona Ottavia e oggi è la candidata del Movimento 5 stelle alla carica di sindaco di Roma, in testa a tutti sondaggi.
Qual è il problema più sentito e più urgente da affrontare a Roma?
«Il traffico, la mobilità».
Da affrontare come?
«Prima di tutto facendo applicare le norme. Le auto in seconda fila creano ingorghi, quindi anche inquinamento, e costituiscono un ostacolo alla visibilità, perciò aumentano il rischio di incidenti: bisogna multarle. Poi servono tante corsie preferenziali, con i semafori intelligenti collegati via gps all'autobus, per creare un'onda verde. Per le preferenziali è necessario riorganizzare i pass e mettere più controlli, sia attraverso più personale in strada sia con dispositivi elettronici. E bisogna riparare le buche, facendo le gare in modo legale e partendo dalle strade più devastate e trafficate».
Gli autobus turistici enormi, che ingolfano le strade e se trovano un'auto in seconda fila fermano tutto mezza giornata?
«Li terremo fuori dall'anello ferroviario, con parcheggi di scambio che portino i turisti in centro con navette elettriche e navette ibride, ma anche con mezzi pubblici normali. Progressivamente gli autobus turistici verranno tolti dal centro».
A Roma c'è una percentuale di "portoghesi" sui mezzi pubblici del 29 per cento. Il doppio della media nazionale. Cosa pensa di fare?
«È una delle nostre battaglie storiche e la vogliamo combattere in maniera ferrea. In metropolitana metteremo la vidimazione del biglietto anche in uscita. Sugli autobus prevederemo l'entrata solo dalla porta anteriore in modo che un controllore (e, progressivamente, lo stesso autista) verifichi che chi sale a bordo abbia un regolare titolo di viaggio. In più, sviluppo e diffusione del biglietto elettronico, anche personalizzato e con eventuali sconti sulla tariffa in determinate fasce orarie».
Non sono sicuro che gli autisti dell'Atac siano disposti a fare anche da controllori.
«All'inizio infatti prevediamo una seconda persona a bordo. Più avanti, concorderemo le funzioni in più dell'autista confrontandoci con i loro sindacati. Se l'obiettivo comune è riorganizzare l'azienda, si può trovare un accordo. Ma non solo per i controllori, anche per il resto».
Cioè?
«Serve un business plan per rivedere la struttura di Atac e renderla più funzionale. Ridurremo il numero dei dirigenti ma vorremmo riorganizzare anche il personale operativo, amministrativo, i funzionari, o quadri. Sempre parlando con i sindacati per l'obiettivo comune di rivitalizzare l'Atac».
Come pensa di affrontare il problema della cosiddetta emergenza abitativa in città?
«Prima di tutto dobbiamo far ripartire la macchina delle assegnazioni perché abbiamo una lista d'attesa lunghissima. C'è gente in attesa dal bando del 2000, qualcuno è pure morto mentre aspettava un alloggio».
Ma il comune ce le ha le case da assegnare?
«C'è da fare un rapido ed efficace censimento del patrimonio pubblico comunale per capire quanti immobili possono essere destinati a questa emergenza. Poi bisogna fare un lavoro sulle occupazioni abusive, un fenomeno che ha due facce: da una parte ci sono prepotenze e racket, dall'altra veri drammi umani da non prendere sotto gamba. È un terreno molto scivoloso, in cui dovremo mettere ordine. Ma l'urgenza è far ripartire le assegnazioni regolari, anche con verifiche periodiche sulla permanenza dei requisiti: una casa popolare non deve essere assegnata a vita, come avviene ora, ma soltanto finché sussiste il disagio economico di chi la richiede».
È giusto staccare la luce e l'acqua a chi occupa case?
«L'acqua no, è un diritto di tutti e a tutti deve essere erogata. Sulla luce effettivamente una riflessione può essere fatta. Ma la vera questione è porre termine alle occupazioni abusive con programmi di reinserimento delle famiglie fuori dalle case del Comune».
È giusto che il Comune si occupi di accogliere gli immigrati, specie quelli transitanti?
«Questo è previsto dalle norme, giusto o sbagliato che sia. Sarebbe giusto invece che il governo centrale si occupasse meglio di questo tema, decidendo chi deve essere compreso in un programma di inclusione e chi invece deve essere espulso. Invece ora i migranti vengono lasciati nelle città a ciondolare e basta».
L’anno scorso a Roma le strutture comunali per l’accoglienza ai migranti erano zero. Senza la Croce Rossa, le Ong e il Baobab migliaia di persone avrebbero dormito per strada. E ora gli sbarchi stanno ricominciando.
«Il Comune deve occuparsi di queste persone prevedendo delle strutture di transito, purché sia davvero un transito».
Lei come sindaco darebbe strutture comunali ad associazioni o Ong - come il Baobab appunto - per fare accoglienza?
«Ci si può riflettere, ma è importante che il Comune abbia comunque il controllo di queste strutture, anche se gestite da associazioni o volontari. Bisogna controllare le attività che fanno, i servizi che erogano e così via. In generale, e non solo per l'accoglienza ai migranti, quando il Comune affida a soggetti terzi l'erogazione di alcuni servizi poi non deve mai lavarsene le mani, deve sempre controllare, è una sua funzione».
Hanno fatto bene Tronca e Alfano a sgomberare il Baobab?
«Il problema è sempre questo: diritti, doveri e drammi umani. L'amministrazione ha omesso per anni di gestire delle situazioni che adesso stanno esplodendo come bombe. Pare che al Baobab ci fossero delle situazioni poco chiare, ma allo stesso tempo il Baobab per alcuni periodi ha permesso di ospitare persone che avevano trovato altra sistemazione quindi l'alternativa era buttarle per strada».
Ma lei da sindaco avrebbe chiesto lo sgombero del Baobab sì o no?
«Io da sindaco avrei controllato molto meglio in modo da avere poi tutti gli elementi per valutare e decidere».
Che cosa vuol fare con i campi rom?
«Dobbiamo progressivamente superarli, come del resto ci dice l'Europa. Prima di tutto con un vero censimento non solo anagrafico, ma anche patrimoniale di tutte le persone che ci abitano. Poi dobbiamo avviare queste persone verso percorsi di inclusione dividendo quelle che sono in una condizione economica tale da meritare un supporto e quelle che invece no. I cittadini di etnia rom hanno i diritti e i doveri di tutti gli altri: se sono in età scolare devono andare a scuola, se sono in età lavorativa devono cercare un lavoro e pagare le tasse, se hanno la possibilità di pagarsi una casa se la devono trovare, se non ce l'hanno vanno aiutati come gli altri».
Alcuni dicono: brava la Raggi, ma i poteri di Roma sono incancreniti e diffusi, se la "magneranno", cioè le metteranno i bastoni tra le ruote su tutto, dalla raccolta dei rifiuti al funzionamento dei mezzi pubblici.
«Ne ho piena coscienza. Ma io anzi mi auguro che ci provino, a mettermi i bastoni tra le ruote perché vuol dire che sto iniziando a scardinare i poteri forti e i loro equilibri. Li sfido».
Come li affronterà, questi poteri?
«Rimanendo molto determinata sul programma».
Che giudizio dà dell’operato di Tronca in questi mesi?
«Tronca ha ecceduto nelle sue prerogative, a partire dalla privatizzazione degli asili nido, dal taglio dei servizi, dalle nomine di super funzionari con cui poi il sindaco eletto dovrà lavorare per cinque anni senza averli scelti. E la sua lotta agli sprechi è stata molto comunicata sui media ma poco fatta nella realtà».
Voto su Tronca da uno a dieci?
«Insufficiente».
E della giunta Marino che giudizio dà?
«Scarso, scarsissimo. Abbiamo provato a lottare non solo su quelli che erano i nostri punti programmatici ma anche su temi indicati proprio dal programma di Marino (mobilità sostenibile, servizi sociali, trasparenza del ciclo dei rifiuti) e che la sua stessa giunta ignorava. Pensavamo che focalizzandoci su quegli aspetti che anche noi condividevamo si sarebbe potuto portare a casa qualche risultato: lei non ci crederà ma anche su quelle battaglie che facevano parte del programma di Marino abbiamo trovato opposizione netta. Poi la vicenda di Mafia Capitale ha mostrato come gli stessi problemi che avevano caratterizzato la giunta Alemanno si erano riprodotti uguali».
Voto da uno a dieci dei due anni e mezzo di Marino?
«Largamente sotto la sufficienza»
Hanno fatto bene o male i consiglieri comunali del Pd ad andare a dimettersi davanti al notaio per mandarlo a casa?
«Hanno fatto male per la scelta della procedura. Noi avevamo depositato una mozione di sfiducia e chiedevamo a gran voce che avessero il coraggio di venire in aula a votare la sfiducia al sindaco per il suo operato. Loro hanno preferito una via più vigliacca, andando dal notaio».
Renzi ha mandato a casa Marino, ma chi può garantire che lei non sia obbligata a rispondere, da sindaco, alle mail firmate "staff di Grillo" come quella denunciata da Pizzarotti?
«Quali mail dovrebbe inviarmi lo staff di Grillo?».
Non lo so, Pizzarotti ne ha ricevuta qualcuna e ha risposto che non era tenuto a fornire repliche e spiegazioni a "mail anonime".
«Io quando ho ricevuto mail per sapere come stava andando la campagna ho sempre risposto».
Ma ha ragione Pizzarotti a definirle "mail anonime"?
«Secondo me no, dal momento che quella casella è sempre stata utilizzata per comunicazioni. O è sempre anonima o non è mai anonima, non è che lo diventa a un certo punto».
Ma se non è anonima lei quindi sa chi sono e come si chiamano le persone che sono dietro a questa casella.
«Penso di sì».
E chi sono?
«Dipende dalla comunicazione».
Scusi, ma se lei lo sa non ci può dire chi sono le persone che si firmano "staff di Grillo"?
«Io non ho mai ricevuto una mail firmata "staff di Grillo". Io ho ricevuto delle mail firmate da persone con nome e cognome, diverse a seconda delle questioni che venivano sottoposte, cioè due: mi hanno chiesto come stava procedendo la campagna e se avevo bisogno di un supporto».
E chi erano queste persone?
«Si tratta di comunicazioni private, quindi questo mi permetto di non dirlo».
Suppongo che lei abbia firmato il codice di comportamento per i candidati di Roma pubblicato sul blog di Beppe Grillo, giusto?
«Sì».
Al punto 2 il codice dice: "Le proposte di atti di alta amministrazione verranno preventivamente sottoposte a parere tecnico-legale a cura dello staff coordinato dai garanti del Movimento 5 Stelle". Questo vuol dire che prima di prendere una decisione su atti di alta amministrazione lei dovrà parlare con qualcuno a Milano. A quale titolo questo staff interviene nelle decisioni che lei dovrà prendere su Roma?
«È uno staff tecnico legale coordinato dai garanti. Avvocati che ci aiutano, per esempio, a fare ricerche legali sulle persone da nominare. È una garanzia ulteriore avere più occhi che controllano determinati atti come le nomine. Noi riteniamo che sia utile avere la possibilità di confrontarsi con qualcuno che si avvicina e propone la propria candidatura, anche come assessore».
Al punto 7 il codice dice che "le proposte di nomina dei collaboratori delle strutture di diretta collaborazione o dei collaboratori dovranno essere preventivamente approvate a cura dello staff coordinato dai garanti del Movimento 5 Stelle". Ma perché un sindaco di Roma deve farsi approvare i collaboratori da altri? Lei così non sarà autonoma o sbaglio?
«Io ritengo di essere autonoma».
Mi scusi avvocato, ma questo articolo dice il contrario.
«Io ritengo di poter validamente interpretare l'articolo nel senso che quelle che sono le persone che collaboreranno con me passeranno attraverso un parere di questo staff, ma poi sarò io a nominarle».
Ma il codice non parla di parere, parla di approvazione.
«Se il bene di tutti è quello di consentire al Movimento 5 Stelle di essere coadiuvato da persone valide e dallo staff arriva un parere che è ben motivato, ben venga un parere di questo genere, scherziamo?».
Ma lei poi deciderà in proprio?
«Io deciderò con l'aiuto di tutte le persone che sono chiamate a darmi un supporto».
Che cos'è questo "staff coordinato dai garanti del Movimento 5 Stelle"?
«Lo staff è un ufficio legale che si occupa di aiutarci. Ad esempio nelle nomine, come le dicevo».
Non pensa che avendo un ruolo non così secondario i cittadini debbano sapere da chi è composto, con nomi e cognomi?
«Sì, eventualmente ve li comunicheremo».
Come "ve li comunicheremo"?
«Le sto dicendo che glieli dirò».
Ma perché adesso non me li può dire?
«Perché non li ricordo a memoria».
Quindi mi manda una mail appena finita l'intervista?
«Perché no?»
È un impegno?
«Certo».
(L'intervista è stata fatta martedì 17 maggio all'ora di pranzo. Al momento non è ancora pervenuta alcuna mail; se dovesse pervenire, queste righe saranno aggiornate. Ndr)
Al punto 9 il codice dice che il candidato «assume l’impegno di dimettersi laddove venga iscritto nel registro degli indagati e la maggioranza degli iscritti al M5S mediante consultazione in rete ovvero i garanti del Movimento decidano per tale soluzione». In altri termini, se lei si ritrova indagata i garanti del Movimento possono decidere di farla dimettere. Non ritiene che questo dia un potere eccessivo a qualcuno che i romani non hanno votato?
«Secondo me no. E ormai dei due garanti purtroppo è rimasto uno solo, visto che Casaleggio è morto, quindi c'è solo Beppe. Vede, il garante è una figura che ci aiuta a rispettare i nostri principi. Quindi io ritengo che nel momento in cui una persona si discosta da questi principi, se è onesta deve fare un passo indietro; se invece nonostante le violazioni continua a fare le cose in nome del Movimento, è giusto che ci sia qualcuno che a un certo punto dica basta».
Quindi se lei fosse eventualmente indagata e Beppe Grillo le chiedesse di dimettersi, lei lo farebbe?
«Questo c'è scritto, sì».
Pensa che questa situazione di attribuzione di poteri alla Casaleggio e al suo staff sia transitoria, e che gradualmente il M5s debba andare verso altre forme decisionali interne più democratiche, o questa situazione va bene, è quella giusta?
«Questo no lo so. So invece che il 72 per cento degli italiani intervistati in merito a questo codice etico ha detto di condividerlo pienamente, auspicando che anche gli altri partiti ne avessero uno come questo, perché sono stanchi di essere presi in giro da politici che fanno una campagna elettorale promettendo certe cose poi una volta eletti cambiano casacca. In realtà quello che c'è scritto nel codice è quello che vorrebbero non dico tutti gli italiani, ma la grande maggioranza».
Magari non mettendo la decisione finale in mano a una sola persona o sbaglio?
«Il 72 per cento l'ha condiviso così com'è. Evidentemente va bene che ci sia la figura di un garante».
Il M5S secondo lei è più simile a Podemos o all'Ukip di Farage?
«Ritengo che sia distante da entrambi».
C'è qualche partito o movimento politico all'estero che le piace più di altri?
«Podemos lo stiamo osservando. È una realtà che, per quanto non vicina al M5S, sta portando avanti come noi un esperimento dal basso, quindi lo osserviamo. Così come abbiamo osservato il movimento di Occupy Wall Street e adesso guardiamo la Nuit debout in Francia. Questo significa che in tanti Paesi diversi le persone iniziano a prendere coscienza del potere che hanno».
Il M5S chiede un referendum perché i cittadini possano decidere se restare nell'euro o uscirne. Lei a quel referendum cosa voterebbe?
«Sono sincera: dovrei studiare bene la questione per capire i pro e i contro. A oggi credo che la cosa più importante sia dare ai cittadini la possibilità di scelta su una questione sulla quale nessuno di noi ha potuto scegliere. Sarebbe già un grandissimo passo in avanti. Per quanto riguarda me, credo che la questione sia molto delicata e vorrei avere la possibilità di studiarla prima di esprimermi in un senso o nell'altro».
Dice Giachetti che in questa campagna lei si rivolge a un elettorato di destra e usa un linguaggio più di destra che di sinistra.
«Giusto ieri sono stata a un convegno dell'Usb e mi hanno detto che facevo discorsi di sinistra. Noi diciamo cose di buon senso poi a seconda di chi ci legge talvolta sembra che parliamo all'elettorato di destra o a quello di sinistra. La verità che quello che noi proponiamo è condiviso da cittadini che provengono sia da destra sia da sinistra. Andrei oltre questo schema».
Ecco: che cosa vogliono dire secondo lei oggi destra e sinistra?
«Nulla. Visto che tra l'altro al governo stanno insieme, Renzi, Alfano, Verdini...».
Questi i partiti. Ma quanto agli "ideali" di destra e sinistra?
«Gli ideali purtroppo sono morti. Un partito sedicente di sinistra come il Pd sta attuando cose più di destra della destra stessa. Veda le privatizzazioni, l'abolizione dell'articolo 18, il Jobs act. Politiche che storicamente non potremmo mai definire di sinistra».
Ci può dire due o tre libri - saggi o romanzi - che lei considera formativi della sua personalità umana e politica?
«Ho letto tanto, specie da giovane e avuto diversi periodi. Quello in cui mi sentivo molto stimolata da Herman Hesse, ad esempio. Un altro in cui mi sentivo molto stimolata da Oriana Fallaci. Poi c'è stato quello in cui intellettualmente mi stimolava Cesare Pavese. Sono andata un po' a blocchi, ecco».
E adesso?
«Ora sto leggendo "E io pago", di Daniele Frongia e Laura Maragnani. Parla del disastro di Roma, gli sprechi, le cose sbagliate. Molto interessante».
Per chiudere, allora, torniamo su Roma. Qual è la cosa di questa città che le piace di più e quella che le piace di meno?
«Quella che mi piace di più è affacciarmi e vedere il Tevere scorrere: una cosa che mi rilassa. Quella che mi piace di meno è il degrado, il traffico, i rifiuti. Ma anche il degrado sociale di una città in cui le persone solo sole, in cui sembra sparita la coesione».
Qual è il problema più sentito e più urgente da affrontare a Roma?
«Il traffico, la mobilità».
Da affrontare come?
«Prima di tutto facendo applicare le norme. Le auto in seconda fila creano ingorghi, quindi anche inquinamento, e costituiscono un ostacolo alla visibilità, perciò aumentano il rischio di incidenti: bisogna multarle. Poi servono tante corsie preferenziali, con i semafori intelligenti collegati via gps all'autobus, per creare un'onda verde. Per le preferenziali è necessario riorganizzare i pass e mettere più controlli, sia attraverso più personale in strada sia con dispositivi elettronici. E bisogna riparare le buche, facendo le gare in modo legale e partendo dalle strade più devastate e trafficate».
Gli autobus turistici enormi, che ingolfano le strade e se trovano un'auto in seconda fila fermano tutto mezza giornata?
«Li terremo fuori dall'anello ferroviario, con parcheggi di scambio che portino i turisti in centro con navette elettriche e navette ibride, ma anche con mezzi pubblici normali. Progressivamente gli autobus turistici verranno tolti dal centro».
A Roma c'è una percentuale di "portoghesi" sui mezzi pubblici del 29 per cento. Il doppio della media nazionale. Cosa pensa di fare?
«È una delle nostre battaglie storiche e la vogliamo combattere in maniera ferrea. In metropolitana metteremo la vidimazione del biglietto anche in uscita. Sugli autobus prevederemo l'entrata solo dalla porta anteriore in modo che un controllore (e, progressivamente, lo stesso autista) verifichi che chi sale a bordo abbia un regolare titolo di viaggio. In più, sviluppo e diffusione del biglietto elettronico, anche personalizzato e con eventuali sconti sulla tariffa in determinate fasce orarie».
Non sono sicuro che gli autisti dell'Atac siano disposti a fare anche da controllori.
«All'inizio infatti prevediamo una seconda persona a bordo. Più avanti, concorderemo le funzioni in più dell'autista confrontandoci con i loro sindacati. Se l'obiettivo comune è riorganizzare l'azienda, si può trovare un accordo. Ma non solo per i controllori, anche per il resto».
Cioè?
«Serve un business plan per rivedere la struttura di Atac e renderla più funzionale. Ridurremo il numero dei dirigenti ma vorremmo riorganizzare anche il personale operativo, amministrativo, i funzionari, o quadri. Sempre parlando con i sindacati per l'obiettivo comune di rivitalizzare l'Atac».
Come pensa di affrontare il problema della cosiddetta emergenza abitativa in città?
«Prima di tutto dobbiamo far ripartire la macchina delle assegnazioni perché abbiamo una lista d'attesa lunghissima. C'è gente in attesa dal bando del 2000, qualcuno è pure morto mentre aspettava un alloggio».
Ma il comune ce le ha le case da assegnare?
«C'è da fare un rapido ed efficace censimento del patrimonio pubblico comunale per capire quanti immobili possono essere destinati a questa emergenza. Poi bisogna fare un lavoro sulle occupazioni abusive, un fenomeno che ha due facce: da una parte ci sono prepotenze e racket, dall'altra veri drammi umani da non prendere sotto gamba. È un terreno molto scivoloso, in cui dovremo mettere ordine. Ma l'urgenza è far ripartire le assegnazioni regolari, anche con verifiche periodiche sulla permanenza dei requisiti: una casa popolare non deve essere assegnata a vita, come avviene ora, ma soltanto finché sussiste il disagio economico di chi la richiede».
È giusto staccare la luce e l'acqua a chi occupa case?
«L'acqua no, è un diritto di tutti e a tutti deve essere erogata. Sulla luce effettivamente una riflessione può essere fatta. Ma la vera questione è porre termine alle occupazioni abusive con programmi di reinserimento delle famiglie fuori dalle case del Comune».
È giusto che il Comune si occupi di accogliere gli immigrati, specie quelli transitanti?
«Questo è previsto dalle norme, giusto o sbagliato che sia. Sarebbe giusto invece che il governo centrale si occupasse meglio di questo tema, decidendo chi deve essere compreso in un programma di inclusione e chi invece deve essere espulso. Invece ora i migranti vengono lasciati nelle città a ciondolare e basta».
L’anno scorso a Roma le strutture comunali per l’accoglienza ai migranti erano zero. Senza la Croce Rossa, le Ong e il Baobab migliaia di persone avrebbero dormito per strada. E ora gli sbarchi stanno ricominciando.
«Il Comune deve occuparsi di queste persone prevedendo delle strutture di transito, purché sia davvero un transito».
VEDI ANCHE:
Roberto Giachetti: 'Hanno fatto bene a mandare a casa Marino'
«Con il chirurgo, non c'era più un rapporto di fiducia con la città e lui ha avuto anche qualche problema di moralità». «Il premier? Qui a Roma deciderò solo io». «I riciclati nelle mie liste? Pochissimi». «La moglie di Franceschini? Non mi risulta sia così potente come dicono». «Raggi? Non si capisce che cosa sia». Parla il candidato sindaco del Pd
«Ci si può riflettere, ma è importante che il Comune abbia comunque il controllo di queste strutture, anche se gestite da associazioni o volontari. Bisogna controllare le attività che fanno, i servizi che erogano e così via. In generale, e non solo per l'accoglienza ai migranti, quando il Comune affida a soggetti terzi l'erogazione di alcuni servizi poi non deve mai lavarsene le mani, deve sempre controllare, è una sua funzione».
Hanno fatto bene Tronca e Alfano a sgomberare il Baobab?
«Il problema è sempre questo: diritti, doveri e drammi umani. L'amministrazione ha omesso per anni di gestire delle situazioni che adesso stanno esplodendo come bombe. Pare che al Baobab ci fossero delle situazioni poco chiare, ma allo stesso tempo il Baobab per alcuni periodi ha permesso di ospitare persone che avevano trovato altra sistemazione quindi l'alternativa era buttarle per strada».
Ma lei da sindaco avrebbe chiesto lo sgombero del Baobab sì o no?
«Io da sindaco avrei controllato molto meglio in modo da avere poi tutti gli elementi per valutare e decidere».
Che cosa vuol fare con i campi rom?
«Dobbiamo progressivamente superarli, come del resto ci dice l'Europa. Prima di tutto con un vero censimento non solo anagrafico, ma anche patrimoniale di tutte le persone che ci abitano. Poi dobbiamo avviare queste persone verso percorsi di inclusione dividendo quelle che sono in una condizione economica tale da meritare un supporto e quelle che invece no. I cittadini di etnia rom hanno i diritti e i doveri di tutti gli altri: se sono in età scolare devono andare a scuola, se sono in età lavorativa devono cercare un lavoro e pagare le tasse, se hanno la possibilità di pagarsi una casa se la devono trovare, se non ce l'hanno vanno aiutati come gli altri».
Alcuni dicono: brava la Raggi, ma i poteri di Roma sono incancreniti e diffusi, se la "magneranno", cioè le metteranno i bastoni tra le ruote su tutto, dalla raccolta dei rifiuti al funzionamento dei mezzi pubblici.
«Ne ho piena coscienza. Ma io anzi mi auguro che ci provino, a mettermi i bastoni tra le ruote perché vuol dire che sto iniziando a scardinare i poteri forti e i loro equilibri. Li sfido».
Come li affronterà, questi poteri?
«Rimanendo molto determinata sul programma».
Che giudizio dà dell’operato di Tronca in questi mesi?
«Tronca ha ecceduto nelle sue prerogative, a partire dalla privatizzazione degli asili nido, dal taglio dei servizi, dalle nomine di super funzionari con cui poi il sindaco eletto dovrà lavorare per cinque anni senza averli scelti. E la sua lotta agli sprechi è stata molto comunicata sui media ma poco fatta nella realtà».
Voto su Tronca da uno a dieci?
«Insufficiente».
E della giunta Marino che giudizio dà?
«Scarso, scarsissimo. Abbiamo provato a lottare non solo su quelli che erano i nostri punti programmatici ma anche su temi indicati proprio dal programma di Marino (mobilità sostenibile, servizi sociali, trasparenza del ciclo dei rifiuti) e che la sua stessa giunta ignorava. Pensavamo che focalizzandoci su quegli aspetti che anche noi condividevamo si sarebbe potuto portare a casa qualche risultato: lei non ci crederà ma anche su quelle battaglie che facevano parte del programma di Marino abbiamo trovato opposizione netta. Poi la vicenda di Mafia Capitale ha mostrato come gli stessi problemi che avevano caratterizzato la giunta Alemanno si erano riprodotti uguali».
Voto da uno a dieci dei due anni e mezzo di Marino?
«Largamente sotto la sufficienza»
Hanno fatto bene o male i consiglieri comunali del Pd ad andare a dimettersi davanti al notaio per mandarlo a casa?
«Hanno fatto male per la scelta della procedura. Noi avevamo depositato una mozione di sfiducia e chiedevamo a gran voce che avessero il coraggio di venire in aula a votare la sfiducia al sindaco per il suo operato. Loro hanno preferito una via più vigliacca, andando dal notaio».
Renzi ha mandato a casa Marino, ma chi può garantire che lei non sia obbligata a rispondere, da sindaco, alle mail firmate "staff di Grillo" come quella denunciata da Pizzarotti?
«Quali mail dovrebbe inviarmi lo staff di Grillo?».
Non lo so, Pizzarotti ne ha ricevuta qualcuna e ha risposto che non era tenuto a fornire repliche e spiegazioni a "mail anonime".
«Io quando ho ricevuto mail per sapere come stava andando la campagna ho sempre risposto».
Ma ha ragione Pizzarotti a definirle "mail anonime"?
«Secondo me no, dal momento che quella casella è sempre stata utilizzata per comunicazioni. O è sempre anonima o non è mai anonima, non è che lo diventa a un certo punto».
Ma se non è anonima lei quindi sa chi sono e come si chiamano le persone che sono dietro a questa casella.
«Penso di sì».
E chi sono?
«Dipende dalla comunicazione».
Scusi, ma se lei lo sa non ci può dire chi sono le persone che si firmano "staff di Grillo"?
«Io non ho mai ricevuto una mail firmata "staff di Grillo". Io ho ricevuto delle mail firmate da persone con nome e cognome, diverse a seconda delle questioni che venivano sottoposte, cioè due: mi hanno chiesto come stava procedendo la campagna e se avevo bisogno di un supporto».
E chi erano queste persone?
«Si tratta di comunicazioni private, quindi questo mi permetto di non dirlo».
Suppongo che lei abbia firmato il codice di comportamento per i candidati di Roma pubblicato sul blog di Beppe Grillo, giusto?
«Sì».
Al punto 2 il codice dice: "Le proposte di atti di alta amministrazione verranno preventivamente sottoposte a parere tecnico-legale a cura dello staff coordinato dai garanti del Movimento 5 Stelle". Questo vuol dire che prima di prendere una decisione su atti di alta amministrazione lei dovrà parlare con qualcuno a Milano. A quale titolo questo staff interviene nelle decisioni che lei dovrà prendere su Roma?
«È uno staff tecnico legale coordinato dai garanti. Avvocati che ci aiutano, per esempio, a fare ricerche legali sulle persone da nominare. È una garanzia ulteriore avere più occhi che controllano determinati atti come le nomine. Noi riteniamo che sia utile avere la possibilità di confrontarsi con qualcuno che si avvicina e propone la propria candidatura, anche come assessore».
Al punto 7 il codice dice che "le proposte di nomina dei collaboratori delle strutture di diretta collaborazione o dei collaboratori dovranno essere preventivamente approvate a cura dello staff coordinato dai garanti del Movimento 5 Stelle". Ma perché un sindaco di Roma deve farsi approvare i collaboratori da altri? Lei così non sarà autonoma o sbaglio?
«Io ritengo di essere autonoma».
Mi scusi avvocato, ma questo articolo dice il contrario.
«Io ritengo di poter validamente interpretare l'articolo nel senso che quelle che sono le persone che collaboreranno con me passeranno attraverso un parere di questo staff, ma poi sarò io a nominarle».
Ma il codice non parla di parere, parla di approvazione.
«Se il bene di tutti è quello di consentire al Movimento 5 Stelle di essere coadiuvato da persone valide e dallo staff arriva un parere che è ben motivato, ben venga un parere di questo genere, scherziamo?».
Ma lei poi deciderà in proprio?
«Io deciderò con l'aiuto di tutte le persone che sono chiamate a darmi un supporto».
Che cos'è questo "staff coordinato dai garanti del Movimento 5 Stelle"?
«Lo staff è un ufficio legale che si occupa di aiutarci. Ad esempio nelle nomine, come le dicevo».
Non pensa che avendo un ruolo non così secondario i cittadini debbano sapere da chi è composto, con nomi e cognomi?
«Sì, eventualmente ve li comunicheremo».
Come "ve li comunicheremo"?
«Le sto dicendo che glieli dirò».
Ma perché adesso non me li può dire?
«Perché non li ricordo a memoria».
Quindi mi manda una mail appena finita l'intervista?
«Perché no?»
È un impegno?
«Certo».
(L'intervista è stata fatta martedì 17 maggio all'ora di pranzo. Al momento non è ancora pervenuta alcuna mail; se dovesse pervenire, queste righe saranno aggiornate. Ndr)
Al punto 9 il codice dice che il candidato «assume l’impegno di dimettersi laddove venga iscritto nel registro degli indagati e la maggioranza degli iscritti al M5S mediante consultazione in rete ovvero i garanti del Movimento decidano per tale soluzione». In altri termini, se lei si ritrova indagata i garanti del Movimento possono decidere di farla dimettere. Non ritiene che questo dia un potere eccessivo a qualcuno che i romani non hanno votato?
«Secondo me no. E ormai dei due garanti purtroppo è rimasto uno solo, visto che Casaleggio è morto, quindi c'è solo Beppe. Vede, il garante è una figura che ci aiuta a rispettare i nostri principi. Quindi io ritengo che nel momento in cui una persona si discosta da questi principi, se è onesta deve fare un passo indietro; se invece nonostante le violazioni continua a fare le cose in nome del Movimento, è giusto che ci sia qualcuno che a un certo punto dica basta».
Quindi se lei fosse eventualmente indagata e Beppe Grillo le chiedesse di dimettersi, lei lo farebbe?
«Questo c'è scritto, sì».
Pensa che questa situazione di attribuzione di poteri alla Casaleggio e al suo staff sia transitoria, e che gradualmente il M5s debba andare verso altre forme decisionali interne più democratiche, o questa situazione va bene, è quella giusta?
«Questo no lo so. So invece che il 72 per cento degli italiani intervistati in merito a questo codice etico ha detto di condividerlo pienamente, auspicando che anche gli altri partiti ne avessero uno come questo, perché sono stanchi di essere presi in giro da politici che fanno una campagna elettorale promettendo certe cose poi una volta eletti cambiano casacca. In realtà quello che c'è scritto nel codice è quello che vorrebbero non dico tutti gli italiani, ma la grande maggioranza».
Magari non mettendo la decisione finale in mano a una sola persona o sbaglio?
«Il 72 per cento l'ha condiviso così com'è. Evidentemente va bene che ci sia la figura di un garante».
Il M5S secondo lei è più simile a Podemos o all'Ukip di Farage?
«Ritengo che sia distante da entrambi».
C'è qualche partito o movimento politico all'estero che le piace più di altri?
«Podemos lo stiamo osservando. È una realtà che, per quanto non vicina al M5S, sta portando avanti come noi un esperimento dal basso, quindi lo osserviamo. Così come abbiamo osservato il movimento di Occupy Wall Street e adesso guardiamo la Nuit debout in Francia. Questo significa che in tanti Paesi diversi le persone iniziano a prendere coscienza del potere che hanno».
Il M5S chiede un referendum perché i cittadini possano decidere se restare nell'euro o uscirne. Lei a quel referendum cosa voterebbe?
«Sono sincera: dovrei studiare bene la questione per capire i pro e i contro. A oggi credo che la cosa più importante sia dare ai cittadini la possibilità di scelta su una questione sulla quale nessuno di noi ha potuto scegliere. Sarebbe già un grandissimo passo in avanti. Per quanto riguarda me, credo che la questione sia molto delicata e vorrei avere la possibilità di studiarla prima di esprimermi in un senso o nell'altro».
Dice Giachetti che in questa campagna lei si rivolge a un elettorato di destra e usa un linguaggio più di destra che di sinistra.
«Giusto ieri sono stata a un convegno dell'Usb e mi hanno detto che facevo discorsi di sinistra. Noi diciamo cose di buon senso poi a seconda di chi ci legge talvolta sembra che parliamo all'elettorato di destra o a quello di sinistra. La verità che quello che noi proponiamo è condiviso da cittadini che provengono sia da destra sia da sinistra. Andrei oltre questo schema».
Ecco: che cosa vogliono dire secondo lei oggi destra e sinistra?
«Nulla. Visto che tra l'altro al governo stanno insieme, Renzi, Alfano, Verdini...».
Questi i partiti. Ma quanto agli "ideali" di destra e sinistra?
«Gli ideali purtroppo sono morti. Un partito sedicente di sinistra come il Pd sta attuando cose più di destra della destra stessa. Veda le privatizzazioni, l'abolizione dell'articolo 18, il Jobs act. Politiche che storicamente non potremmo mai definire di sinistra».
Ci può dire due o tre libri - saggi o romanzi - che lei considera formativi della sua personalità umana e politica?
«Ho letto tanto, specie da giovane e avuto diversi periodi. Quello in cui mi sentivo molto stimolata da Herman Hesse, ad esempio. Un altro in cui mi sentivo molto stimolata da Oriana Fallaci. Poi c'è stato quello in cui intellettualmente mi stimolava Cesare Pavese. Sono andata un po' a blocchi, ecco».
E adesso?
«Ora sto leggendo "E io pago", di Daniele Frongia e Laura Maragnani. Parla del disastro di Roma, gli sprechi, le cose sbagliate. Molto interessante».
Per chiudere, allora, torniamo su Roma. Qual è la cosa di questa città che le piace di più e quella che le piace di meno?
«Quella che mi piace di più è affacciarmi e vedere il Tevere scorrere: una cosa che mi rilassa. Quella che mi piace di meno è il degrado, il traffico, i rifiuti. Ma anche il degrado sociale di una città in cui le persone solo sole, in cui sembra sparita la coesione».
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