Attenti alla destra
La strada giusta è una identità che risponda ai bisogni del nuovo millennio essendo, insieme, riformista e di sinistra
Secondo me è stata data per spacciata troppo presto, fidando sulle difficoltà di vario tipo insorte negli ultimi anni perla leadership di Berlusconi. Le divisioni, le incertezze strategiche, la perdita di presa della guida che ha segnato la vicenda italiana degli ultimi venti anni hanno fatto pensare che quel mondo fosse destinato a sparire o a confluire altrove. Invece , come tutti i sondaggi dimostrano, le diverse anime della destra ottengono ancora oggi , complessivamente, una cifra pari o superiore a quella attribuita al Pd o a Cinque Stelle. Si guardino i dati nazionali o quelli delle previsioni elettorali di Roma, dove i due candidati del centro destra raccolgono complessivamente una cifra superiore al quaranta per cento,o quelli di Milano che vedono la candidatura di Stefano Parisi, che ha invece unito lo schieramento, essere competitiva con quella, davvero autorevole, di Sala.
E anche a Napoli i sondaggi indicano il candidato di centro destra come il più probabile avversario di De Magistris al ballottaggio. Io credo che il mondo di centro destra stia cambiando pelle, sia impegnato in una mutazione genetica che tende a delineare più chiaramente di prima due identità distinte. Una, almeno apparentemente, più moderata, che sceglie per le candidature personalità espressione della società civile, e un’altra che cerca di essere la sezione italiana di quel coacervo di umori che in Francia spinge verso la Le Pen, in Austria verso il Fpoe, in Inghilterra verso l’Ukip e negli Usa trova, per me non inaspettatamente, in Donald Trump, candidato ormai unico del partito repubblicano, la vera è più autentica leadership. Due anime che, in Italia, possono essere conflittuali, come a Roma, o convergenti, come a Milano. Non si pensi però che queste due metà della stessa mela separeranno il loro destino. Saranno nel loro campo e, alla fine, troveranno una intesa per le politiche. Sarebbe un disastro per il paese, e lo sarebbe per le città, se questa insana e incongruente alleanza finisse col prevalere.
Ma si deve sapere che il rischio esiste, e non sottovalutarlo. E si deve guardare il mondo , le tendenze culturali e politiche che attraversano le opinioni pubbliche prese da una pericolosa spirale emotiva e da un sentimento , la paura dell’altro , che ha sempre spinto a destra. Sulle amministrative voglio solo aggiungere una cosa: è una clamorosa sconfitta per il paese e per il Pd che non si riesca addirittura a trovare delle candidature per i comuni calabresi più colpiti dall’attacco della ndrangheta.
Colpa di un clima di intimidazione intollerabile per un paese civile e colpa di partiti, nessuno escluso, infeudati da capibastone senza eliminare i quali, anche rinunciando a voti, la politica, quella vera, sarà morta per sempre. Questione di non oggi. L’appello ai giovani democratici a lottare contro i “capibastone”, così li definii, fu infatti il tema dell’ultimo discorso che tenni prima delle dimissioni da segretario del Pd.
È infine un fatto importante che Londra sia tornata ad essere governata dai laburisti, dopo otto anni di mandato del conservatore, a dir poco, Boris Johnson. È un fatto importante, in questi tempi, che un uomo di religione musulmana, figlio di immigrati, oggi rappresenti a pieno titolo i cittadini della capitale di un paese che tra poche settimane deciderà se restare o no in Europa. Decidendo così anche se il processo di integrazione europea continuerà o si spiaggerà definitivamente. Ma le buone notizie del voto inglese si fermano qui.
Non si deve, se si vuole capire davvero cosa sta accadendo, dimenticare la sconfitta bruciante dei laburisti di Corbyn in Scozia, dove tradizionalmente il partito della sinistra inglese aveva una primazia assoluta. A trionfare lì è stato il partito indipendentista, indizio non rassicurante per il prossimo referendum. Come non lo è la buona affermazione del partito di destra e antieuropeo di Nigel Farage.
C’è materia di riflessione per i laburisti e i progressisti, non solo inglesi. Il successo a Londra di Kahn, che appartiene al filone riformista e filo europeo della migliore tradizione del Labour e la sconfitta di Corbyn, che tutto ha giocato su un recupero della antica identità del partito, quella che purtroppo consentì il trionfo della Thatcher per un lungo periodo dovrebbero far capire, ancora una volta, ciò che la storia recente ha più volte dimostrato.
Cioè che la strada giusta, in questa parte dello schieramento politico e ideale occidentale, è una identità che risponda ai bisogni del nuovo millennio essendo, insieme, riformista e di sinistra. Mai solo l’una, mai solo l’altra.
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