La verità fa male, Travaglio perde la testa (e le copie vendute)
È bastato che Matteo Renzi proponesse alla Leopolda un gioco sui titoli di giornale più surreali degli ultimi mesi per scatenare un’ira scomposta
La verità fa male, qualche volta fa malissimo e può spingere anche galantuomini abitualmente misurati come Marco Travaglio a perdere il controllo. È bastato che Matteo Renzi proponesse alla Leopolda un gioco sui titoli di giornale più surreali degli ultimi mesi per scatenare un’ira scomposta. Tutti sanno che il Fatto è il bollettino dei Pm (soprattutto di quelli che non riescono mai a portare a sentenza un processo) e il megafono di Casaleggio, di cui condivide il metodo squadrista: ma se qualcuno lo fa notare, che peste lo colga.
La differenza fra il giornale di Travaglio e tutti gli altri sta proprio qui: il Fatto si considera intoccabile perché portatore di verità. È qui la sua radice totalitaria e illiberale: nell’incapacità di accettarsi come una parte anziché come il tutto, nell’indisponibilità a riconoscere la parzialità delle proprie opinioni, nell’arrogante pretesa di essere il solo depositario della verità.
Ma il bollettino dei Pm e dei grillini è, appunto, un bollettino: utile a comprendere gli umori malmostosi della parte peggiore del Paese, ma privo di peso nel dibattito pubblico degli adulti; raffinato nell’interlocuzione con gli avversari (la Leopolda, scrive oggi l’innamorato deluso Travaglio, è popolata di “parecchie sciure in botox, pelliccia e menopausa”) ma povero, poverissimo di fatti; prigioniero di un rancore sordo e triste ma, proprio per questo, costretto a spingersi ogni volta più in basso, a sguazzare nell’insulto e nella diffamazione, a grufolare nella polvere sperando di essere notato dalle persone rispettabili.
Intanto le copie vendute continuano pericolosamente a scendere: a ottobre sono calate del 2,6% rispetto al mese precedente, su base annua il crollo è dell’8,6%. Dev’essere per questo che oggi lo regalano alla Leopolda.
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