domenica 13 dicembre 2015

Quando impareremo noi italiani a isolare l'estrema destra becera e padana.

Elezioni Francia, Marine Le Pen sconfitta. La diga contro il Front National tiene ancora una volta

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MARINE LE PEN

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Regge il mito dell'Union Sacrée e la diga alzata contro il Front National tiene ancora una volta. Nessuna regione al partito di Marine Le Pen. Neppure l'Alsazia, dove il mancato ritiro del candidato socialista aveva fatto sperare nella vittoria di Florian Philippot, numero due dei lepenisti.
«Se il Fn vincesse anche in una sola regione sarebbe un fulmine a ciel sereno», aveva scritto Le Monde due giorni fa. Il fulmine è stato evitato grazie a un dato numerico, l'aumento dell'affluenza alle urne anche attraverso il voto “per procura” (consentito in Francia), ma soprattutto a un fatto politico: il “sacrificio” dell'elettorato di sinistra, che nelle due Regioni-simbolo delle Le Pen si è recato ai seggi per votare i candidati Repubblicani, resistendo alla tentazione di starsene a casa.
Vince dunque il voto utile. Il voto dato “turandosi il naso”. I socialisti francesi ne hanno antica esperienza, da quando nel 2002 si misero in fila per eleggere Chirac e sbarrare la strada al vecchio Jean Marie Le Pen. Ma stavolta era più difficile. I quotidiani francesi si sono riempiti per giorni delle perplessità di quadri sindacali, intellettuali, studenti, davanti ad “dovere morale” di votare personaggi anche antropologicamente lontanissimi da loro: candidati come il repubblicano Christian Estrosi, vincitore in Provenza, detto “Il motodidatta” perché arrivato alla politica direttamente dalle corse motociclistiche, ostile alle unioni gay e fautore della pena di morte. O Xavier Bertrand, l'avversario di Marine Le Pen nel Nord-Pas-de-Calais, sostenitore del pugno di ferro contro migranti e rifugiati, con affermazioni a volte più estreme dello stesso Fn. Mettere la croce su quei nomi, e impegnarsi in loro favore, è stato un sacrificio ben superiore a quello fatto in passato in favore del leader gollista.
Eppure è andata. Ora l'esito del voto pone una seria ipoteca sulle ambizioni presidenzialiste di Marine, che aveva bisogno di un'esperienza di governo per rompere il tetto di cristallo che divide una fortissima forza di opposizione da una credibile leadership nazionale, ma non solo. Ne sarà rafforzata la tendenza dei Repubblicani di Sarkozy a inseguire il modello lepenista, che è stata la chiave di questa tornata elettorale, e la svolta muscolare della ex-destra “moderata” che intravede la possibilità di svuotare il bacino elettorale del Front National sulla base di un semplice assunto: diciamo più o meno le stesse cose, ma noi possiamo farle e il Fn no perché non governerà mai.
Sull'altro fronte, quello socialista, le cose sono più complesse. La scelta di ritirare i candidati nelle Regioni più a rischio lascerà tracce nell'elettorato, che l'ha vissuta come un innaturale sopruso più che come un atto “patriottico” da parte di Hollande. E i ringraziamenti all'elettorato di sinistra pronunciate dai vincitori Repubblicani subito dopo la diffusione degli exit poll, in mezzo al tripudio di bandiere della destra, sono suonate come una beffa a una base costretta a scegliere tra due avversari ugualmente disprezzati, e talvolta ugualmente odiati, in nome del male minore.
Queste Regionali 2015, in ogni caso, cancellano in modo definitivo l'antico schema del bipolarismo francese. La corsa a tre non è più un dato episodico, ma un dato strutturato e permanente. Il Fn si è dimostrato forza di livello in quasi tutte le regioni del Paese, esclusa solo l'area metropolitana di Parigi, e con questo dato si dovranno fare i conti. Perché se è vero che Marine non ha vinto nulla, è altrettanto vero che da domani potrà utilizzare al meglio il suo principale argomento polemico contro i vecchi partiti: l'esistenza di un “patto delle élite” contro i francesi. 
Non a caso, nella prima dichiarazione dopo la batosta, la Le Pen ha definito il risultato negativo “il prezzo da pagare per l'emancipazione di un popolo”, giocando nonostante tutto in attacco, mentre sul fronte opposto il primo ministro socialista Manuel Valls si trincerava in difesa dicendo: “Non abbiamo ceduto niente”. Insomma, per l'eterogenesi dei fini che spesso si verifica in politica, è persino possibile che la vittoria dell'Union Sacrée, nella prospettiva delle prossime Presidenziali, si riveli un atout per gli sconfitti.

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