Dare la colpa alla Germania non fa di noi un Paese migliore
Renzi cerca il braccio di ferro con i tedeschi sulla questione banche, debito e anche sui migranti. Ma la nostra cattiva coscienza non ci permette né alibi, né ripicche
23 Dicembre 2015 - 11:22
«In questi anni ci siamo tutti divertiti a dire la nostra sulla Germania - ha scritto, qualche anno fa, l'economista Giacomo Vaciago - il lunedì ne abbiamo paura; il martedì le attribuiamo le colpe dei nostri errori; il mercoledì le facciamo sapere in che cosa noi siamo migliori; il giovedì le chiediamo di fare di più; il venerdì le rinfacciamo Auschwitz; nel weekend ci riposiamo e poi si ricomincia».
Difficile dare torto a Vaciago. È almeno dal 2008 che la Germania è additata, soprattutto, quale causa primigenia di tutti i nostri mali. C’è da dire che con Letta prima e Renzi poi un po' si era persa, questa tradizione. E un po' ci avevamo sperato, in fondo, che il nostro governo si stesse disintossicando dalla dipendenza dall'alibi esterno e dalle paranoie.
Ci sbagliavamo, purtroppo. Negli ultimi giorni, il presidente del Consiglio sembra infatti voler far di tutto per rinverdire la tradizione germanofoba dei suoi illustri predecessori. L'ha fatto alla Leopolda, affermando in piena bufera banche che i nostri istituti di credito sono più sani e solidi di quelli tedeschi. L'ha fatto dopo che l'Unione Europea ha avviato una procedura d'infrazione nei nostri confronti per la mancata identificazione dei profughi, ricordando come anche la Merkel, nel pieno dell'emergenza siriana aveva detto che prima veniva la solidarietà e poi la burocrazia. Lo ha fatto, infine, in numerose interviste alla stampa estera, spiegando come il voto spagnolo, portoghese e greco siano una risposta alle politiche di austerità adottate dall'Europa su imposizione della Germania.
I guai dei nostri istituti di credito non dipendono dalla Germania o dai controlli della Banca Centrale Europea quanto piuttosto da una gestione, diciamo, “borderline” di fidi, prestiti e obbligazioni subordinate
Spiace dover ricordare spiacevoli verità al premier e a chi, alla sua destra e alla sua sinistra, non vedeva l'ora di poter soffiare sul fuoco contro chi è stato definito da Time personaggio dell'anno e “cancelliera del mondo libero”. Purtroppo, però, qualche puntino sulle i tocca metterlo.
Ricordando, ad esempio, che i guai dei nostri istituti di credito non dipendono dalla Germania o dai controlli della Banca Centrale Europea - cui peraltro abbiamo dato previo assenso - quanto piuttosto da una gestione, diciamo, “borderline” di fidi, prestiti e obbligazioni subordinate, nonché dalla, diciamo, scarsa vigilanza di Bankitalia e Consob. Spostare l'attenzione altrove - «Guarda maestra, loro sono peggio di noi» - non cambia le carte in tavola. Né sposta di un millimetro la gravità del problema. Anche perché, e su questo Renzi ha ragione, il sistema bancario tedesco è stato puntellato e protetto a tempo debito, mentre noi dormivamo il sonno dei giusti.
Passiamo ai profughi. Ricordando, ce ne fosse bisogno, che in questi giorni stiamo esaminando le richieste di asilo di chi è sbarcato in Italia nel 2013, grazie a un sistema di commissioni pensato quando in Italia arrivavano circa 12mila presunti rifugiati all'anno, non 200mila come lo scorso anno. Una situazione un po' diversa, ne converrete, rispetto a quella in cui mezza Siria si riversa in Germania. Abbastanza tuttavia per tracciare l'ennesimo parallelismo, per puntare il dito sull'ennesimo, presunto, trattamento di favore nei confronti dei tedeschi. Dimenticandosi che senza una gestione europea dell'emergenza, qual è stata grazie alla prova di forza della Merkel, a noi e alla Grecia sarebbe toccato gestire l'emergenza in completa solitudine o quasi.
Evocare l'avanzata populista ed euroscettica che altrove ruba voti ai partiti di governo non cancella la realtà
Arriviamo al voto spagnolo, infine. Ricordando, sperando non ce ne fosse bisogno, che i parametri di Maastricht che fissarono i parametri del 3% del deficit su Pil e del 60% del debito su Pil furono decisi e votati a Maastricht, nel 1992. Che di quei parametri ce ne siamo simpaticamente dimenticati per anni. Che la dopo la crisi del nostro spread, figlia del nostro debito monstre e della nostra crescita inesistente, abbiamo pure inserito il pareggio di bilancio nella Carta Costituzionale. Che i 17 miliardi di clausole di salvaguardia sono lì che pendono sulla nostra testa, inserite in Legge di Stabilità dal governo stesso, a garanzie delle mance generosamente elargite a destra e a manca. E che le promesse di revisione della spesa pubblica - che avrebbero dovuto abbattere debito e deficit - sono tristemente rimaste tali. Evocare l'avanzata populista ed euroscettica che altrove ruba voti ai partiti di governo non cancella queste realtà.Darne la colpa alla Germania, ancora meno.
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