Da Palermo a Bologna, la Firmopoli a Cinque stelle si allarga a macchia d’olio
A Bologna gli indagati sono quattro, tre attivisti e il consigliere comunale Marco Piazza. A Palermo sono partiti i primi inviti a comparire. La linea difensiva dei vertici M5S scricchiola
Non c’è pace per il Movimento 5 Stelle. Dopo Palermo, scoppia anche a Bologna un caso firme false. Due vicende dalle somiglianze inquietanti.
Nel capoluogo emiliano la Procura indaga quattro persone nell’ambito dell’inchiesta su presunte irregolarità nelle modalità di raccolta delle firme per le liste circoscrizionali del Movimento dei candidati alle elezioni regionali del 2014. Tra questi c’è Marco Piazza, vice presidente del consiglio comunale. Oltre Piazza, braccio destro di Massimo Bugani (capogruppo M5s a Palazzo D’Accursio e candidato sindaco) l’inchiesta coinvolge direttamente Stefano Negroni dipendente comunale e simpatizzante grillino. A cui si aggiungono due militanti, Tania Fioroni e Giuseppina Maracino, rei di aver partecipato ai banchetti di raccolta firme.
Secondo l’indagine assegnata alla pm Michela Guidi e seguita dal procuratore Giuseppe Amato, sarebbero diverse le irregolarità riscontrate. Piazza è coinvolto in quanto certificatore, Negroni avrebbe avuto il ruolo di autenticatore delle firme, le due militanti si sarebbero prestate ad un’operazione irregolare. Secondo gli inquirenti, che stanno continuando a interrogare i titolari delle firme, o presunti tali, sarebbero già state individuate una trentina di casi “di rilievo investigativo” e sarebbero state raccolte le testimonianze di almeno quattro persone che avrebbero completamente disconosciuto la propria firma.
L’inchiesta era nata da un esposto presentato da Paolo Pasquino e Stefano Adani, ex militanti grillini di Monzuno, paese dell’Appennino.
Intanto a Palermo sono partiti i primi inviti a comparire per gli indagati nell’inchiesta della Procura di Palermo sulle firme false per la lista del M5s alle comunali del 2012. Secondo indiscrezioni una serie di indagati avrebbero concordato con i pm la data dell’interrogatorio prima ancora dell’invito a comparire. che vale come avviso di garanzia. Sono almeno una decina le persone indagate: tra loro i deputati regionali Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio, che si sono autosospesi, e alcuni deputati nazionali. Gli interrogatori, che comprendono quelli dei parlamentari Riccardo Nuti e Claudia Mannino, dovrebbero iniziare nel week-end.
In queste settimane nel capoluogo siciliano sono state circa 400 le persone ascoltate dalla Digos, chiamate a verificare la veridicità della loro firma. Molti non le hanno riconosciute e altri, come il genero di Paolo Borsellino, Fabio Trizzino, hanno riferito di aver sottoscritto la petizione a sostegno del referendum abrogativo della legge sulla privatizzazione dell’acqua pubblica, ma di non aver mai messo la propria firma sotto alcuna lista elettorale. Un dato, questo, che sembra sbugiardare la già debole linea difensiva di alcuni esponenti di spicco del Movimento (tra cui Alessandro Di Battista) secondo la quale “non si tratta di una vera falsificazione delle firme ma solo di una ricopiatura”.
Da Bologna a Palermo, la linea, all’interno del M5S, da Grillo in giù, è quella di minimizzare, scaricare le responsabilità sui songoli e possibilmente spostare l’attenzione su altro, anche con sparate pirotecniche di alto livello (vedi “serial killer” e “scrofe ferite“). A difesa di Piazza arriva lo stesso Bugani, che oltre ad essere capogruppo del M5S a Bologna, è anche membro dello staff di Davide Casaleggio: “Su Marco ci metto non una ma due mani sul fuoco, mi fido più di lui che di me stesso. Andrà subito a parlare con i pm per chiarire la situazione. Se ci sono errori, se un fessacchione ha preso qualche firma a Roma (durante un evento dei 5 Stelle al Circo Massimo, ndr) si dimostrerà che sono firme vere che poi un fessacchione probabilmente le ha portate a un banchetto e infilate dentro gli altri moduli”.
Immediata la risposta del Pd. Matteo Orfini, presidente del Partito Democratico, scrive su twitter
Duro il commento di Matteo Ricci, responsabile Enti Locali del Partito Democratico. “Di fronte alla vicenda firme false di Palermo e Bologna Grillo, anziché rispondere nel merito, cerca di distrarre l’attenzione con il solito repertorio. È un atteggiamento disperato di chi teme la verità. Nuti e Mannino indagati, ed emerge che i vertici nazionali dei 5 stelle sapevano. Grillo, Di Maio, Di Battista smettessero di scappare e rispondano nel merito“.
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