domenica 2 aprile 2017

I dazi di Trump. Perché il protezionismo è superato dalla storia

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Secondo Roberto Sommella, direttore delle Relazioni Esterne dell’Antitrust, l’idea dei dazi nei confronti di prodotti europei rappresenta sopratutto un attacco indirizzato alla Germania di Angela Merkel, rea di raffigurare un ostacolo per Trump nei suoi rapporti con la Russia
 
Si fa sempre più concreta la possibilità che l’amministrazione di Washington arrivi a imporre dazi pari al 100% del valore dei prodotti su una serie di marche europee, dagli scooter Vespa all’acqua minerale San Pellegrino e Perrier, fino al formaggio Roquefort. Ieri Donald Trump ha inaugurato la sua guerra commerciale con due diversi ordini esecutivi: il primo decreto prevede un’indagine su larga scala per individuare le cause del deficit commerciale Usa, il secondo una stretta sul fronte delle misure antidumping per combattere la concorrenza sleale. Perché si arriva a tanto, a chi conviene davvero? E soprattutto, quali sono gli effetti per il Vecchio continente?
Ne abbiamo parlato con Roberto Sommella, Direttore delle Relazioni Esterne dell’Antitrust e fondatore de La Nuova Europa, secondo il quale l’idea dei dazi nei confronti di prodotti europei rappresenta sopratutto un attacco indirizzato alla Germania di Angela Merkel, rea di raffigurare un ostacolo per Trump nei rapporti con la Russia.
Cerchiamo innanzitutto di chiarire un concetto: Trump, ammesso che voglia arrivare fino in fondo, può imporre davvero i tanto paventati dazi senza andare incontro ad alcuna conseguenza?
Lo spazio ideale per discutere queste cose, tra paesi civili, è il Wto, ovvero l’organizzazione mondiale del commercio. Esistono poi i trattati nei quali si possono regolamentare i rapporti commerciali tra due confederazioni, in questo caso tra quella americana e l’Unione europea. Ma l’anomalia sta proprio in questo passaggio: Trump ha voluto tranciare i due trattati (quello con il Pacifico e quello con l’Unione) dove davvero avrebbe potuto trovare un modus vivendi negli scambi commerciali e adesso vuole imporre unilateralmente dei dazi. Sinceramente mi sembra che Washington stia andando un po’ a tentoni. E poi in un mondo globalizzato come quello di oggi non si possono imporre dazi unilateralmente, altrimenti si va in corso a ritorsioni.
Cosa si nasconde dietro questa avversione di Washington nei confronti dell’Ue?
Dietro le recenti politiche americane anti-Europa non può che esserci il braccio di ferro con Angela Merkel. Gli americani hanno la necessità di diventare i referenti esclusivi della Russia di Putin che invece in Europa, fino ad oggi, ha avuto rapporti sempre con la Germania. L’attacco ai prodotti europei è quindi un attacco alla Germania, l’unico soggetto forte dell’Unione che oggi fa da cuscinetto tra la Nato e la Russia. L’america vuole dialogare bilateralmente con la Russia senza interlocutori di mezzo e la Germania viene considerata un ostacolo per la sua forza commerciale e politica.
Come si porrà l’Organizzazione internazionale del commercio di fronte una scelta del genere?
La Wto potrebbe anche sconfessare la mossa di Trump. Dazi così mirati verso un’unione pacifica che da 60 anni garantisce la pace potrebbe anche essere negata dall’organizzazione mondiale del commercio. Anche perché l’Unione europea non è la Corea del Nord: una mossa del genere risulterebbe del tutto ingiustificata. È chiaro che se poi Washington mettesse i dazi sul made in Italy e sul lusso le cose cambierebbero, ma Trump sa bene che il lusso fa girare molti soldi, anche nei suoi Stati Uniti.
Come deve reagire invece l’Europa?
Deve pensare soprattutto a se stessa. L’unione europea ha un mercato che è quasi il doppio in termini di consumatori rispetto a quello degli Stati Uniti (quasi 500 milioni), ha il 25% del Pil mondiale e il 50% delle spese di Welfare sono prodotte nel Vecchio Continente. Le grane di questi tempi, Brexit, la Francia che svolta a destra, piuttosto che le politiche di Trump devono essere uno stimolo per l’Unione per farle riprendere coscienza della sua forza.
Gli storici sostengono come, dai tempi della repubblica marinara di Venezia, un atteggiamento isolazionistico non faccia altro che danneggiare la crescita del Paese che lo sceglie.
Vero, ricordiamo cosa è successo anche in Germania e in l’Italia ai tempi della seconda guerra mondiale. Oggi non è più l’epoca del protezionismo semplicemente perché basta un normale smartphone per superarlo. Puoi continuare a comprare una Vespa dalla California, il modo di farla arrivare lo troverà poi Amazon. D’altra parte, oggi, questi colossi contano più degli Stati stessi. Basti pensare che Amazon ha comprato delle navi in Cina per essere completamente autonomo: gli oggetti acquistati te li porta direttamente con i propri mezzi. E nel frattempo l’intelligenza artificiale si sta sviluppando sempre di più. Al punto che con un semplice apparecchio collegato alla lavatrice di casa ti viene spedito il detersivo nel momento in cui si esaurisce. Di fronte a tutto questo che senso hanno i dazi? Non funzionavano nella Venezia di Marco polo, non funzioneranno oggi: vengono imposti in un territorio che non esiste più. Il territorio oggi è la rete: ecco perché o togli internet oppure i dazi non hanno alcun senso.

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