domenica 30 luglio 2017

Le responsabilità del M5S nel delirio novax

Vaccini
no vax
L’elettorato grillino non esaurisce il fronte antivaccinista, ma ne assorbe una larghissima parte, fomentandola e fornendole uno sbocco politico-partitico e parlamentare
 
I malumori antivaccinisti, culminati nell’aggressione verbale a tre deputati del Pd a Montecitorio, sono l’ennesima declinazione di un sentimento “antielitista”, più generalmente antimoderno, diffusosi come un’epidemia in tutto l’occidente. In un’ottica per così dire macrostorica si tratta della più grande offensiva antimodernista dal secondo dopoguerra a oggi: sono in crisi, in egual misura, la democrazia rappresentativa, la fiducia nel libero mercato (gli accordi commerciali vengono esorcizzati come il peggiore dei mali) e, per l’appunto, la scienza.
Il tutto in favore della mitizzazione “popolo”, un’entità che nel recente passato, sostanzializzandosi nei totalitarismi, ha avallato le più grandi e sanguinose stragi della storia. Qualunque élite – foss’anche quella “scientifica”, la più autorevole in assoluto, perlomeno sino a qualche anno fa – viene ipso facto squalificata come combriccola di malintenzionati («casta!») che complotta contro “il popolo”.
È un mood internazionale – antilluminista, premoderno, come si diceva – che in Italia, come spesso ribadito, Beppe Grillo è riuscito a capitalizzare egregiamente: il partito che ha fondato, infatti, si caratterizza anzitutto perla sua ostilità alla democrazia rappresentativa (e cioè, in ultima istanza, alla democrazia tout court), baluardo politico-istituzionale della modernità da archiviare in favore di una cyber-democrazia plebiscitaria, rousseauiana – e cioè priva di qualsivoglia élite politica: decide di volta in volta la maggioranza.
E così la constituency del Movimento Cinque Stelle, degradata a folla manzoniana nell’illusione di esser elevata ad amministratrice di se stessa e nella convinzione che l’onestà possa surrogare la competenza, s’è convinta di poter fare a meno non solo della cosiddetta classe dirigente, ma di qualunque classe dirigente – nella fattispecie anche di quella medico-scientifica, prevalentemente composta, a dire dei militanti a cinque stelle, da untori al soldo di Big Pharma.
Naturalmente l’elettorato grillino non esaurisce il fronte antivaccinista, ma ne assorbe una larghissima parte, fomentandola e fornendole uno sbocco politico-partitico, oltreché ampia rappresentanza parlamentare: il M5S, alla Camera, ha ovviamente votato contro il decreto vaccini – assieme alla Lega: o è una coincidenza o è destra reazionaria –, non senza aver intrapreso contro gli stessi una cruenta battaglia mediatica, avvalendosi del sistema digitale messo su dalla Casaleggio Associati srl.
Da qualche mese a questa parte il partito di Grillo ha avviato una fase di normalizzazione finalizzata a destare qualche simpatia presso l’elettorato cosiddetto “moderato”, la stragrande maggioranza del quale teme il M5S proprio in virtù della sua natura antidemocratica e illiberale  malcelata dietro il buonsensismo di Luigi Di Maio, candidato premier in pectore e figura “istituzionale” del Movimento; ma si tratta di mera comunicazione o poco più: sebbene la “parlamentarizzazione” di un partito che trova nell’antiparlamentarismo la sua ragion d’essere possa aver silenziato le sue frange più estreme, l’identità ideologica del Movimento è nota, né è il trend delle votazioni del gruppo parlamentare – non ultima quella in questione sull’obbligatorietà dei vaccini – certifica che l’inversione di rotta è effettiva.
Il fronte antimodernista, più specificamente antiscientifico, è dunque vivo e vegeto, si comporta come tale e gode di una forte legittimazione popolare, che alimenta con clickbaiting e fake news: ridimensionarlo sarà una sfida culturale e politica di vitale importanza per la salute della democrazia e non solo.

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