Sotto il condannato, la frana. Nell’ora più difficile il Pdl sta già smottando. Si ragiona ad horas, in modo confuso. Sentite Sandro Bondi, falco: “O la politica è capace di trovare delle soluzioni oppure l’Italia rischia davvero una forma di guerra civile dagli esiti imprevedibili per tutti”.
Sì, avete capito bene: guerra civile, se Napolitano non “grazia” Berlusconi. E adesso sentire Mariastella Gelmini: “Massimo rispetto per il presidente Napolitano. Da parte nostra non c'è alcuna intenzione di fare indebite pressioni: noi chiediamo al capo dello Stato di far rientrare un ordine dello Stato nell'alveo della democrazia liberale”. Sì, avete capito bene: rispetto. Che è l’opposto della guerra civile.
E’ un Pdl sull’orlo di una crisi di nervi, che nella notte si è confrontato, anzi scontrato, sulla nervosa e quasi isterica escalation prodotta nel corso della riunione coi gruppi parlamentari. La verità è che una linea non c’è. C’è la rabbia, la paura, l’orgoglio, l’idea di reagire, di provocare il Pd. C’è la suggestione delle elezioni, dell’ordalia finale, ma non è un piano. Il Capo è provato, e non ha deciso ancora: “Sta peggio del giorno della sentenza”. Ecco che la manifestazione, che doveva essere una marcia sul Colle si trasforma in una riunione in piazzetta. L’appuntamento non è più per domani in piazza Santi Apostoli per poi salire al Quirinale, ma in via del Plebiscito, sotto palazzo Grazioli. Punto. Ci saranno parlamentari e ministri. È il frutto della grande frenata delle colombe. È stato Gianni Letta, con tutti i ministri del governo a spiegare che la tensione col Colle è alle stelle, e così si rischia di aprire la crisi di governo dagli esiti imprevedibili. Politici, ma non solo. È il tasto che riguarda la “sorte delle aziende” quello che usano le colombe per far ragionale il Cavaliere: “Mediaset – ragiona un ex ministro - sta andando bene con questo governo. Di comunicazioni si occupa Catricalà, uomo di Gianni Letta. Solo dei pazzi possono mettere a rischio questa situazione. Se cade il governo fanno un altro governo e il conflitto di interessi in un minuto”.
È in un clima di reciproca diffidenza, accuse, veleni che, con l’ex premier frastornato, è iniziata uno scontro feroce: “Ma non lo capisci – ha detto la Santanchè al Cav – che così ti fottono un’altra volta? Prima ti dicono di stare calmo e di sostenere il governo per tenere buoni i giudici, e invece la sentenza era già scritta. Ora ti dicono di dimetterti, di non fare casino sennò perdi Mediaset. Se li ascolti finirà che tu stai ai domiciliari e ti massacreranno Mediaset”.
Col Capo rientrato a Milano con la figlia Marina – altro segnale della frenata, la sua assenza dalla piazza – sono iniziate le grandi manovre. Con Alfano che, con Lupi e Quagliariello, è incollato al telefono con Enrico Letta. Per evitare che il premier, di fronte alle minacce, salga al Colle. In fondo, finita la messinscena, è agosto. E il Pdl, assicurano, non aprirà la crisi. Sull’altro fronte, Verdini, forte anche degli house organ del Cavaliere sta avvelenando i pozzi, con l’idea di far saltare tutto, provocando il Pd: andando avanti così la sinistra non “regge” e si aprirà la crisi. Chissà. Falchi, colombe, piazze e piazzette. C’è tutto l’animo bipolare del Capo in questa situazione, descritto in queste ore come piegato, infelice, ma con la voglia di spaccare il mondo. E che nelle ultime ventiquattrore ha rassicurato il governo, poi lo ha minacciato, poi ha convocato la piazza. Poi è partito per Milano.
L'attesa e la sentenza, i giorni del processo Mediaset
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Ansa
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