Elsa Fornero: "Ai parlamentari chiedo un contributo di solidarietà sulle pensioni"
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Una “pacificazione” sulle pensioni più alte e sui vitalizi record dei parlamentari: il contributo di solidarietà va “inasprito”. All’indomani della proposta del presidente dell’Inps, Tito Boeri, di ricalcolare i vitalizi di deputati e senatori con il metodo contributivo anche per il passato per ridurre la spesa, l’ex ministro del Lavoro, Elsa Fornero, lancia la sua proposta in un’intervista all’Huffington Post: “Rifare tutti i calcoli non è possibile e non lo faranno: la soluzione realistica è che chi ha avuto di più ora deve dare un contributo maggiore”. Un cavallo di battaglia, quello del contributo di solidarietà, che l’ex titolare del dicastero di via Veneto rivendica come proprio fin dal suo mandato nel governo Monti: “Dieci giorni dopo che sono stata nominata ministro - spiega - ho chiesto io un appuntamento al presidente Fini, che ho incontrato insieme al presidente Schifani, per sollevare il tema della partecipazione dei parlamentari ai sacrifici chiesti ai cittadini”. Il passaggio immediato al contributivo anche per loro fu il risultato di quell’iniziativa. Per quanto riguarda invece il contributo di solidarietà non se ne fece più nulla. Oggi Fornero rilancia: “Credevo allora, e ne sono ancora convinta oggi, che nel momento in cui si chiedono sacrifici ai cittadini, la classe politica debba dare l’esempio, in particolare rinunciando a privilegi troppo spesso considerati intoccabili”.
Professoressa, Boeri propone una stretta sui vitalizi dei parlamentari. Cosa ne pensa della sua proposta?
“E’ irrealistica, difficile. Secondo me non se ne farà nulla”.
“E’ irrealistica, difficile. Secondo me non se ne farà nulla”.
Per Boeri però il sistema dei vitalizi parlamentari così è “insostenibile”.
“La soluzione realistica è che i trattamenti di quiescenza più elevati, che si chiamino pensioni o vitalizi, diano un contributo di solidarietà maggiore di quello oggi previsto. Non credo che il richiamo del presidente dell’Inps indurrà il Parlamento, e ancor meno i Consigli regionali, a cambiare i loro regolamenti, e infatti i distinguo sono già cominciati. Credo che le regole per il futuro debbano essere trasparenti, uniformi e non debbano ammettere privilegi, e questo il metodo contributivo lo realizza abbastanza bene. Quello che serve, invece, per il passato è una sorta di “pacificazione”.
“La soluzione realistica è che i trattamenti di quiescenza più elevati, che si chiamino pensioni o vitalizi, diano un contributo di solidarietà maggiore di quello oggi previsto. Non credo che il richiamo del presidente dell’Inps indurrà il Parlamento, e ancor meno i Consigli regionali, a cambiare i loro regolamenti, e infatti i distinguo sono già cominciati. Credo che le regole per il futuro debbano essere trasparenti, uniformi e non debbano ammettere privilegi, e questo il metodo contributivo lo realizza abbastanza bene. Quello che serve, invece, per il passato è una sorta di “pacificazione”.
In cosa consisterebbe questa pacificazione?
“Quando parlo di ‘pacificazione’ dico che sono state commesse molte ingiustizie, sotto forma di autentici “regali” a chi sta meglio. Non ci si deve scandalizzare se si dà di più, rispetto ai contributi versati, a chi riceve una pensione bassa: è compito dello Stato aiutare le persone più deboli sul mercato del lavoro. Dal punto di vista sociale sono però inaccettabili i “regali” dati ai redditi più elevati. In momenti difficili, è giusto rimetterli in discussione”.
“Quando parlo di ‘pacificazione’ dico che sono state commesse molte ingiustizie, sotto forma di autentici “regali” a chi sta meglio. Non ci si deve scandalizzare se si dà di più, rispetto ai contributi versati, a chi riceve una pensione bassa: è compito dello Stato aiutare le persone più deboli sul mercato del lavoro. Dal punto di vista sociale sono però inaccettabili i “regali” dati ai redditi più elevati. In momenti difficili, è giusto rimetterli in discussione”.
Quando lei era ministro cosa si è fatto?
“Torno sull’episodio che le ho citato all’inizio. A dieci giorni dalla mia nomina a ministro chiamai il presidente della Camera Fini, lo incontrai e gli dissi: il Governo sta varando una riforma severa, credo che sia necessario un segnale che faccia sentire la vicinanza del Parlamento ai milioni di famiglie interessate da questa riforma. Nel pomeriggio ci rincontrammo di nuovo, questa volta insieme al presidente del Senato Schifani. Proposi anche per i parlamentari il passaggio al metodo contributivo che sarebbe avvenuto per tutti gli italiani il primo gennaio 2012: la proposta fu accolta. E proposi anche un contributo di solidarietà. Io lo proposi ma poi non se ne fece più nulla. Non era uno stravolgimento delle regole, ma un segnale significativo. Lo voglio ricordare perché sembra che il nostro governo fosse poco sensibile al tema dell’equità”.
“Torno sull’episodio che le ho citato all’inizio. A dieci giorni dalla mia nomina a ministro chiamai il presidente della Camera Fini, lo incontrai e gli dissi: il Governo sta varando una riforma severa, credo che sia necessario un segnale che faccia sentire la vicinanza del Parlamento ai milioni di famiglie interessate da questa riforma. Nel pomeriggio ci rincontrammo di nuovo, questa volta insieme al presidente del Senato Schifani. Proposi anche per i parlamentari il passaggio al metodo contributivo che sarebbe avvenuto per tutti gli italiani il primo gennaio 2012: la proposta fu accolta. E proposi anche un contributo di solidarietà. Io lo proposi ma poi non se ne fece più nulla. Non era uno stravolgimento delle regole, ma un segnale significativo. Lo voglio ricordare perché sembra che il nostro governo fosse poco sensibile al tema dell’equità”.
Professoressa, il governo studia un anticipo del pensionamento per chi è nato tra il 1951 e il 1953. Pensa che l’Ape (Anticipo pensionistico ndr) lanciato dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, sia un colpo alla sua riforma che ha allungato l’età pensionabile?
“Io non ritengo proprio che l’introduzione di un po’ di flessibilità equivalga a smantellare la riforma”.
“Io non ritengo proprio che l’introduzione di un po’ di flessibilità equivalga a smantellare la riforma”.
Se lei oggi fosse ancora ministro sarebbe d’accordo con questa forma di flessibilità in uscita?
“L’avrei introdotta io stessa se avessimo avuto condizioni finanziarie meno dure. Il Tesoro obiettava che lasciare la possibilità di andare prima in pensione, pur con una penalizzazione, avrebbe compromesso il necessario risanamento dei conti pubblici”.
“L’avrei introdotta io stessa se avessimo avuto condizioni finanziarie meno dure. Il Tesoro obiettava che lasciare la possibilità di andare prima in pensione, pur con una penalizzazione, avrebbe compromesso il necessario risanamento dei conti pubblici”.
L’Ape quindi è una misura giusta?
“Se oggi ci sono margini finanziari maggiori, e chi discute in Europa sa se ci sono o meno, ritengo giusto che siano utilizzati per i lavoratori precoci, cioè quella categoria di lavoratori che hanno cominciato a lavorare molto presto e che in generale hanno avuto vite lavorative molto dure. Quella che veniva chiamata flessibilità in uscita a maglie larghe ha un costo di sette miliardi: se l’Ape costa un miliardo non mi sembra uno smantellamento della mia riforma”.
“Se oggi ci sono margini finanziari maggiori, e chi discute in Europa sa se ci sono o meno, ritengo giusto che siano utilizzati per i lavoratori precoci, cioè quella categoria di lavoratori che hanno cominciato a lavorare molto presto e che in generale hanno avuto vite lavorative molto dure. Quella che veniva chiamata flessibilità in uscita a maglie larghe ha un costo di sette miliardi: se l’Ape costa un miliardo non mi sembra uno smantellamento della mia riforma”.
La riforma Fornero è salva?
“Farei molto attenzione a cambiare le regole generali. D’altronde nei documenti ufficiali si dice che la sostenibilità finanziaria dei conti pubblici dipende dal mantenimento di un equilibrio nella spesa pensionistica. E quando si parla di sostenibilità finanziaria si deve intendere di non gravare le generazioni giovani e future di ulteriori debiti”.
“Farei molto attenzione a cambiare le regole generali. D’altronde nei documenti ufficiali si dice che la sostenibilità finanziaria dei conti pubblici dipende dal mantenimento di un equilibrio nella spesa pensionistica. E quando si parla di sostenibilità finanziaria si deve intendere di non gravare le generazioni giovani e future di ulteriori debiti”.
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