Venerdì scorso, nel cuore della notte, Ignazio La Russa ha preso a male parole gli agenti di polizia richiamati dal frastuono della festa che stava svolgendosi in casa sua. E lui -come riferisce il verbale, uscito su “La Repubblica”- li ha accusati di agire al servizio delle “zecche comuniste”.
L’energumeno in questione, convinto che il potere gli dia anche il diritto di molestare il prossimo con musica ad alto volume fino a ora tarda in un quartiere residenziale, è un tipico epigono del ventennio della destra milanese (1991-2011). Fascista e picchiatore rivestito di grisaglia per affiancare la crescita dell’immobiliarista Ligresti e garantirne la protezione nell’alveo del berlusconismo. Oggi ridiamo della sua prosopopea ma, per favore, non dimentichiamoci che è stato davvero un padrone di Milano oltre che un protagonista della peggiore telepolitica che ha invaso il piccolo schermo. Gente come lui in Italia trova sempre il modo di passarsela bene, e di cavarsela quando cade in disgrazia. Salvo poi sfogare la propria arroganza frustrata con dei semplici poliziotti che fanno il loro dovere nell’interesse della cittadinanza.
Liberi cittadini contro il regime partitocratico, i privilegi della casta sindacale della triplice, la dittatura grillina e leghista, la casta dei giornalisti
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