venerdì 9 giugno 2017

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In una chat con un collega ci sarebbe la prova del dolo. Il quotidiano di Travaglio dice che la Procura di Roma aveva ragione
MARIO NERI
Marco Lillo sul Fatto di oggi torna a parlare del capitano Giampaolo Scafarto. E lo fa raccontando di una chat che proverebbe il dolo del graduato del NOE nell’attribuire la frase “Renzi, l’ultima volta che l’ho incontrato” ad Alfredo Romeo che parla di Tiziano invece che a Italo Bocchino che parla di Matteo come si capisce dal contesto e dalla registrazione. La prova sarebbe in unaa chat scambiata da Scafarto il 3 gennaio del 2017 con il vicebrigadiere Remo Reale. Quello che si racconta è particolarmente grave:
Dopo avere ascoltato l’audio della conversazione tra Alfredo Romeo e Italo Bocchino, Reale scrisse al capitano che l’attribuzione della frase su un tal ‘Renzi’ a Romeo e la lettura in chiave accusatoria contro Tiziano Renzi, erano sbagliate. Reale, dopo avere scritto a dicembre, nel suo sunto, che a parlare non era Romeo (di Tiziano) ma Bocchino (di Matteo) lo riscrisse anche via whatsapp a Scafarto a gennaio.
Reale scrive che la frase “Renzi, l’ultima volta che l’ho incontrato” non è di Romeo ma di Bocchino pochi giorni prima che Scafarto scriva il contrario nell’informativa. Come se non bastasse, Reale invia a Scafarto l’audio perché senta con le sue orecchie. Il capitano però non ci sta e invita Reale a riascoltare l’audio con altri colleghi perché quella conversazione – nella sua lettura – poteva essere utile per l’arresto di Tiziano Renzi.
giampaolo scafarto tiziano renzi
Quindi a Scafarto era stato spiegato quello che era evidente, ovvero che la voce che pronunciava la frase era quella di Bocchino e il senso era diverso. Ma Scafarto ha continuato imperterrito a sostenere un’accusa insostenibile:
Inutile girarci attorno, la chat cambia la posizione di Scafarto. Il mero errore diventa difficile da sostenere. Nell’i potesi migliore si è comportato come un accusatore ottuso e pervicace vittima di un pregiudizio. Il fatto che Scafarto nella chat citi l’arresto di Tiziano Renzi per chiedere a Reale di riascoltare l’audio insieme ai colleghi, per il suo avvocato sarebbe un elemento a discarico dal punto di vista penale. Sarà. Di certo quella frase fa venire i brividi.
Bisogna dirlo chiaramente: se in giudizio fosse provato il suo dolo, il capitano Scafarto dovrà pagare come la legge prevede. E Tiziano Renzi, come qualsiasi cittadino sottoposto a un’indagine, ha tutto il diritto di protestare per come un funzionario dello Stato ha disatteso – su questo punto – il suo dovere di cercare la verità e non “la sua verità”.
La procura di Roma aveva ragione, conclude Lillo. Un’autocritica giusta e necessaria.

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