sabato 23 gennaio 2016

Questa è la democrazia secondo il partito del presepe.

“Basta con i soliti intellettuali di sinistra”. E il sindaco leghista cancella il Festival della parola

Bufera su Bitonci, primo cittadino di Padova, che ha chiesto all’organizzatrice di non invitare alcuni giornalisti e scrittori. Augias: «Sono liste che rievocano il fascismo»
Massimo Bitonci, sindaco di Padova

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23/01/2016
ROMA
«Basta sempre e solo cose di sinistra. Basta sempre gli stessi intellettuali e scrittori del gruppo Espresso. Ogni sindaco ha la sua linea, è giusto che abbia il proprio programma culturale». Il sindaco leghista Massimo Bitonci vuole fare «cose di destra» e segnare una cifra di discontinuità dal suo predessore di sinistra Flavio Zanonanto. Anche sul piano della cultura. Così ha messo la parola fine al “Festival delle parole” (nell’ultima edizione del 2015 ha registrato 70 mila partecipanti) e defenestrato l’organizzatrice Bruna Coscia. Le aveva chiesto di allargare il giro degli invitati, di uscire dal solito cerchio di Ezio Mauro, Corrado Augias, Dacia Maraini, Michele Serra, Concita De Gregorio, Sergio Staino, Lella Costa, Paolo Di Paolo. «Sempre lo stesso giro del gruppo», è la stilettata del primo cittadino di Padova, che ha pensato di affidare a Vittorio Sgarbi l’ideazione di evento nuovo di zecca. Obiettivo: aprire a destra.  

A parte il fatto che il “Festival delle parole” non era niente affatto un maso chiuso - ogni anno c’era un ampio ventaglio di offerta culturale – la verità è che Bitonci ha colto l’occasione della rottura quando ha chiesto all’organizzatrice Bruna Coscia di non invitare più Augias, Mauro, Staino, Di Paolo, Costa. Una sorta di lista di proscrizione che è stata rimandata al mittente presso Palazzo Moroni. Insomma volano libri in testa e Bitonci è abituato a questo tipo di polemiche visto che viene da un’altra querelle, quella dei libri gender: non ha concesso una sala del Municipio per la lettura. Ma la Coscia non ci sta a passare per un fossile di sinistra. «Ho capito che tira un’altra aria, che tra il sindaco e un certo mondo culturale non corre buon sangue, ma questo non giustifica il fango che è stato gettato addosso a me. E’ legittimo che un sindaco decida di confermare o meno un evento. E’ anche legittimo che lo affidi a chi vuole. Ma non è accettabile che venga fatta una lista nera degli autori e che si dica che io abbia preso dei finanziamenti senza giustificare le spese». 

Per essere più precisi: il “Festival delle parole” nell’edizione 2015 è costato al Comune 80 mila euro; il resto (fino a 120 mila euro) arriva dalla Fondazione Cariplo. Non proprio una cifra enorme, visto il costo di altre manifestazioni e che si tratta (si trattava) di un evento di sei giorni, 180 eventi, 250 tra autori, scrittori, attori e cantanti. E considerato che la giunta di Bitonci ha appena approvato uno stanziamento di 150 mila euro per gli spogliatoi di una struttura privata di paddle a Chiesanuova. Comunque, per dirla in altri termini, la questione è tutta politica, con la voglia segnare anche un cambio di passo culturale che la Lega vuole incarnare. E questo non poteva che passare attraverso l’eliminazione della Coscia e di quei giornalisti, intellettuali e artisti di difficile digestione leghista. Giornalisti e intellettuali che si sono fatti sentire contro la «lista di proscrizione» di Bitonci, che avrebbe voluto allargare alla presenza dell’ex ministro iperliberista Antonio Martino, agli scrittori Camillo Langone, Costanza Mirano, Pietrangelo Buttafuoco, ma anche a giornalisti come Fabrizio Rondolino e Gianluca Nicoletti. Dice Ezio Mauro: «Se il sindaco ritiene di fare delle discriminazioni rispetto a chi la pensa diversamente da lui sono onorato, pur senza merito, di far parte dei discriminati». Più pungente Augias: «Sono liste che rievocano il fascismo. Compiango il sindaco Bitonci che ha avuto letture scarse».  

Bitonci risponde a brutto muso. Intanto, spiega, non c’è alcuna lista di proscrizione. «Avevo chiesto che venissero inseriti altri ospiti in una manifestazione pagata con soldi pubblici. Ma mi è stato risposto di no dalla signora Costa, che aveva detto di no anche all’assessore della Cultura della precedente giunta di sinistra. Lei ha voluto una manifestazione culturale molto ideologica e legata a un unico gruppo editoriale. Quanto ad Augias, che dice che sono un ignorante che non legge libri, dico di pensare ai suoi problemi, a quello che ha combinato nel 2009 copiando un libro. Per questo abbiamo chiesto che non partecipasse. Ci sono atti giudiziari – continua come un rullo compressore Bitonci – che dicono che percepisse in nero delle prestazioni per partecipare a questo tipo di eventi. Augias risponda alla Guardia di Finanza, non al sindaco Bitonci». 

Sgarbi, il nuovo D’Annunzio della Destra, se la ride. «Non voglio entrare in queste diatribe e non capisco questo messaggio ricevuto da Augias che ti leggo: “Caro Vittorio, ti confermi ancora una volta bizzarro e imprevedibile”. Bè, io faccio il mio lavoro e vado dove mi chiamano. Cosa farò? Un po’ di idee le ho dette a Bitonci. Intanto cambiamo nome e logo. Pensavo di fare una mostra della civiltà del Seicento veneziano, ma non so se lo faremo quest’anno o il prossimo. La cosa che invece sicuramente faremo, ed è curioso perché il sindaco leghista l’ha accettato, ha un’idea trainante: l’islam nella visione degli scrittori islamici e arabi che vivono in Occidente. Farò aprire il nuovo festival a Franco Battiato che di islam e sufismo ne sa e lo farò chiudere a Roberto Vecchioni. Roberto era il professore di latino e greco nel liceo dove era preside mio zio Bruno Cavallini da cui prende il nome, insieme a quello degli Sgarbi, la mia fondazione con la sua collezione d’arte. Fondazione che il sindaco Bitonci è disposto ad ospitare in pianta stabile a Padova». Sgarbi dice che è ora di finirla con chi sostiene che la cultura alta è solo di sinistra e che la Lega (e la destra in generale) sia incolta. «Tra l’altro sia questa giunta che quella di sinistra precedente non si è accorta che dentro palazzo del Municipio c’è un Tintoretto. Pensa, su quel quadro hanno scritto “imitatore Tintoretto”».  

Una vera vergogna utilizzare le istituzioni per interesse di partito. Iniziamo una rivolta fiscale contro la regione Lombardia.

http://milano.repubblica.it/cronaca/2016/01/23/news/pirellone_regione_milano-131902027/

Ma se il segretario della Lega Nord è così sicuro di vincere perché non si candida come sindaco?

Milano, Salvini: "Vinceremo le elezioni, potrei fare l'assessore alla Sicurezza" /

 POLITICA
  
Milano, Salvini: Vinceremo le elezioni, potrei fare l'assessore alla Sicurezza /Video
Matteo Salvini (Fotogramma)
"Le elezioni di Milano le vogliamo vincere, le vinceremo(Video), il nome del candidato è l'ultima delle mie preoccupazioni anche se fortunatamente sta arrivando, così finisce il Superenalotto". Così il segretario della Lega, Matteo Salvini, interviene a Milano a margine di un incontro della Scuola di formazione politica del Carroccio.
"Stiamo lavorando al programma per una Milano sempre più aperta, sempre più internazionale, sempre più sicura e attenta ai quartieri popolari dimenticati per cinque anni dal Pd e da Pisapia", aggiunge.
A chi gli chiede se avrà un ruolo nell'eventuale prossima giunta come assessore alla Sicurezza, Salvini replica: "Sono a disposizione. Se può servire la mia ventennale esperienza a Palazzo Marino sarei ben contento di rimotivare i tremila uomini della polizia locale che a oggi sono degli esattori e dei multatori di professione, mentre potrebbero riportare molta più sicurezza sui mezzi pubblici e nei quartieri".

Perché la Apple ha scelto Napoli come sede del Centro sviluppo App

apple napoli
L'intervista dell'amministratore delegato Tim Cook a Repubblica
L’amministratore delegato di Apple Tim Cook, intervistato da Riccardo Luna su Repubblica, spiega perché ha scelto di investire in Italia e nello specifico a Napoli dove sarà creato il Centro sviluppo app.
«Lei mi chiede se questo non sia il momento peggiore per venire a investire in Europa, con la continue liti politiche, il rischio di una stagnazione economica, le tensioni sui mercati finanziari. Ecco, le rispondo così: quando vado a Bruxelles respiro pesantezza, burocrazia, difficoltà, mentre qui in Italia c’è una meravigliosa aria di cambiamento, ottimismo, opportunità; qui sento che the sky is the limit, che tutto è davvero possibile»
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Apple a Napoli, la Silicon Valley si trasferisce sul Golfo

Perché Napoli? Sembra che Cook sia stato colpito da un discorso di Matteo Renzi…
Allora perché Napoli e non Milano, dove sta la Bocconi e dove batte il cuore del design?
«Per lo spirito imprenditoriale della città e, francamente, perché da un punto di vista economico credo che lì possiamo dare una mano, fare maggiormente la differenza. Quando a Milano annunciai a Renzi che avremmo voluto aprire una scuola per sviluppatori di app, lui mi chiese di immaginare una linea che divide l’Italia in due. Sopra quella linea, spiegò, ci sono dati demografici ed economici più alti dei paesi più ricchi d’Europa; sotto quella linea invece siamo ai livelli della Grecia. Questo discorso ci ha molto colpito e per questo abbiamo deciso di andare sotto la linea. E Napoli ci è sembrata la scelta più logica».
È mai stato a Napoli?
«No ma ci andrò sicuramente, può scommetterci, appena apriremo la scuola».
L’apertura in Italia è l’inizio di una nuova strategia di attenzione verso l’Europa?
«Noi intanto siamo partiti da qui. Faremo altre mosse? Spero di sì. Ma intanto siamo felici di partire in Italia, penso che tra Apple e l’Italia possa nascere una relazione simbiotica».
E sulla questione Fisco spiega…
A proposito di fare le cose per bene, il contenzioso con il fisco italiano pare finalmente risolto con il pagamento di 318 milioni di euro. Cosa cambia?
«Ora non ci sono più discussioni e questo mi fa sentire molto meglio quando penso all’Italia. Sono pieno di energia e davvero non vedo l’ora di tornare qui per l’inaugurazione della scuola di Napoli».
Quando è prevista?
«Stiamo ancora lavorando sui dettagli ma prima possibile».

Ecco perché a Salvini piace Putin.

http://www.huffingtonpost.it/2016/01/23/pirellone-family-day_n_9058612.html?utm_hp_ref=italy

Ma chi ha ordinato prete questo uomo?

Il parroco di Arnasco, don Angelo Chizzolini, è accusato di non aver bendetto benedetto la salma della moglie marocchina di un concittadino. La coppia è tra le cinque vittime del crollo della palazzina di Bezzo di Arnasco. Ma lui smentisce. Don Chizzolini è il sacerdote che nell'estate scorsa, mentre il papa invitava le parrocchie ad aprirsi per l'accoglienza dei migranti, disse che prima di dare la sua canonica ai profughi l'avrebbe bruciata
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Il parroco di Arnasco, don Angelo Chizzolini, è accusato di non aver benedetto la salma di Aicha Bellamoudden, la moglie marocchina di Dino Andrei. La coppia è tra le cinque vittime del crollo della palazzina di Bezzo di Arnasco, avvenuto nella notte di venerdì scorso. Aicha aveva cominciato un cammino di conversione al cristianesimo. Don Chizzolini è il sacerdote che nell’estate scorsa, mentre il papa invitava le parrocchie ad aprirsi per l’accoglienza dei migranti, disse che prima di dare la sua canonica ai profughi l’avrebbe bruciata. Ma lui smentisce tutto.



Il prete che non benedice la salma di Aicha

Sconcerto e un po’ di tensione hanno accompagnato la cerimonia funebre per l’atteggiamento del sacerdote che guida anche le parrocchie di Vendone e Onzo (dove si trova la canonica che avrebbe voluto bruciare). Aicha aveva quasi completato il suo percorso di conversione e, secondo quanto è stato possibile apprendere, le mancava solo il battesimo per confermare la conversione. Anche per questo motivo il vescovo mons. Guglielmo Borghetti aveva permesso che il funerale della donna avvenisse nella chiesa Nostra Signora Assunta di Arnasco, al fianco del marito. Ma per tutta la cerimonia funebre il sacerdote non ha mai citato Aicha e quando è arrivato il momento della benedizione dei feretri don Chizzolini ha evitato la salma della marocchina. E tanto ha fatto anche al cimitero prima della tumulazione.  La storia è stata raccontata da Savonanews: proprio per l’amore che Aicha aveva nei confronti del marito e di Arnasco i famigliari si erano rivolti nei giorni scorsi al Vescovo coadiutore Borghetti per chiedergli il nulla osta affinché, nonostante Aicha non fosse cristiana, si potesse fare un unico funerale con il marito Dino e che il suo corpo potesse essere posto a fianco a quello del marito nel cimitero di Arnasco.
Nulla Osta che in pieno spirito cristiano e religioso, termine inteso nel suo significato più ampio e cioè d’amore, Borghetti non aveva tardato a rilasciare. Durante la cerimonia funebre di oggi, tuttavia, la bara di Aicha non ha ricevuto alcuna benedizione e ne’ la donna è stata ricordata, se non dalle parole cariche di commozione del sindaco Gallizia che ha abbracciato più volte i famigliari della donna e che si è rivolto alla comunità affermando la propria vicinanza a tutte le vittime, ed in modo particolare ad Aicha e ad i suoi famigliari.
“Aicha era parte integrante della nostra piccola comunità – afferma il Primo Cittadino – si era trasferita con il marito da poco e, da subito si era innamorata del Nostro paese. Ho parlato a lungo con i suoi famigliari che mi hanno raccontato come Dino non avesse parenti e come i due avessero vissuto un amore lungo 35 anni decidendo di trascorrere la loro vecchiaia insieme proprio ad Arnasco e qui era stata accolta a pieno come tutti nella nostra comunità”.

Don Angelo Chizzolini e i migranti

Ma Don Chizzolini ha smentito tutto con l’agenzia di stampa ANSA:

“Ho fatto tutto ciò che dovevo fare non è vero che non ho ricordato Aicha e che non ho benedetto il feretro”. Questo ha detto don Chizzolini al vescovo coadiutore della diocesi di Albenga mons. Guglielmo Borghetti che le riferisce all’ANSA. “Mi ha chiamato raccontandomi che si stava dicendo che non aveva ricordato Aicha e non aveva benedetto la salma. Ha detto che non era così. Io non sapevo nulla, sento dire il contrario. Se in una piccola chiesa si è avuta questa percezione… Se è vero è mancanza di buon senso”.
“Piuttosto che dare la canonica ai migranti la brucio”, aveva invece detto don Angelo Chizzolini nel settembre scorso secondo il consigliere comunale Giuliano Arnaldi, che raccontò di essere rimasto sconcertato: «Ha detto proprio così, me l’ha ribadito di persona, quando gli ho telefonato per organizzare l’accoglienza in paese ma a quanto so lo aveva già detto sul sagrato della chiesa. Sempre così: brucio la canonica piuttosto che darla ai migranti. Sono parole sconcertanti». Il prete, interpellato da Repubblica, non confermò ma neppure smentì all’epoca la sua ferma contrarietà a ospitare dei rifugiati: “La canonica è casa mia e in casa mia non ospito nessuno, al massimo i miei genitori, di sicuro non i profughi. Evangelicamente bisognerebbe accogliere, lo so, ma i problemi concreti nei paesi sono altri, noi non abbiamo spazio, qui ho la canonica e poi un altro appartamento già dato a una famiglia bisognosa. Cosa dovrei fare, ospitarli in casa mia?”.

Questi erano quelli che non parlavano con Bersani se non erano in streaming. Complimenti per la trasparenza.

Il Corriere: sono le conversazioni a smentire i vertici quando dicono di non aver saputo nulla di De Robbio e sostengono che l'argomento in discussione fosse l'aumento degli stipendi del capogruppo Nicolais
ALESSANDRO D'AMATO
Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera torna oggi sulle intercettazioni di Quarto Flegreo e sulle smentite di ieri arrivate da Roberto Fico e Luigi Di Maio. Il quotidiano pubblica una lettera di smentita arrivata da Di Maio con una risposta piuttosto chiara:
capuozzo di maio intercettazioni 1
E nell’articolo la tesi del Corriere è chiarissima:
Sono le conversazioni avvenute tra novembre e dicembre intercettate dai carabinieri per ordine dei magistrati di Napoli — il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e il sostituto Henry John Woodcock — a smentire i vertici quando dicono di non aver saputo nulla specificando che l’argomento in discussione fosse l’aumento degli stipendi deciso dal capogruppo Alessandro Nicolais, come sostenuto ieri da Luigi Di Maio che per questo ha reso pubblici anche i messaggi whatsapp dell’epoca.

Rosa Capuozzo, Di Maio e le intercettazioni di Quarto

Il Corriere quindi pubblica le conversazioni tra la Capuozzo e i consiglieri comunali e parla esplicitamente dell’espulsione di De Robbio, arrivata ufficialmente il 14 dicembre, ovvero il giorno prima, con una mail poi resa pubblica ieri da Roberto Fico nella quale si fa riferimento alla faccenda dello Stadio Giarrusso, indicata esplicitamente da Woodcock nelle carte dell’avviso di garanzia all’ex consigliere grillino:
E’ il 15 dicembre scorso. Capuozzo parla con Daniela Monfrecola e la informa di essere «stata chiamata dall’Antimafia, due volte sono stata interrogata e il perno principale sono i collegamenti tra Giovanni De Robbio e alcune persone». Parlano a lungo, analizzano che cosa fare. Monfrecola: «Rischia di distruggerci, quindi la mia preoccupazione è come gestirla al meglio perché una cosa è che se ne va l’assessore e una cosa che se ne va un nostro consigliere anziano, viene espulso dal Movimento…».
Capuozzo: «Si deve gestire mediaticamente in un certo modo, ma io non sono in grado di gestirla. Minimo verranno, ci spiegheranno come la dobbiamo gestire, ovviamente finché non arrivano… cercare di rimanere in silenzio senza mettere i manifesti… questo è il problema che come al solito ci arriva addosso e non siamo preparati, capito?… Prima del consiglio dobbiamo sedere al tavolo con tutti quanti… non è una cosa piacevole».
Monfrecola: «Digli a Fico di non arrivare tra una settimana perché senno noi tra una settimana non ci arriviamo, lui dovrebbe arrivare subito per darci indicazioni, che ne so».
Capuozzo: «Sì spero che venga anche Luigi («Di Maio» annotano i carabinieri) che è molto più duro».
Monfrecola: «Sì ti ho detto, questa cosa la vedo enorme, questa ci cade addosso e ci distrugge».
Il sindaco affronta l’argomento con Nicolais il giorno successivo. Lui dice di aver ricevuto un sms da Fico che gli ha detto «andate avanti». Capuozzo risponde: «Lo so che viene giù, lo so che viene», lasciando intendere di averci parlato a sua volta. Tanto che lo informa sull’esito dei colloqui con i capi: «La decisione è già stata presa». Nicolais conclude: «Quindi già si sa che sarà espulso».
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La nota dei Cinquestelle

Intanto ieri sera  in una nota congiunta i capigruppo del M5S alla Camera e al Senato, Davide Crippa e Mario Michele Giarrusso chiede a “tutti gli organi di stampa e alle testate giornalistiche di procedere a rettificare articoli e titoli che risultino contrari alla verità dei fatti, in merito agli accadimenti che vede coinvolto il Comune di Quarto. Diversamente, il M5S si vedrà costretto a procedere nelle opportuni sedi al fine di tutelare integralmente la propria posizione”.  “Solo grazie alle intercettazioni pubblicate dai giornali, il M5S ha appreso che il sindaco Rosa Capuozzo ha subito una serie di presunti ricatti da parte di Giovanni De Robbio sottaciuti dal sindaco sia agli organi del M5s che a Luigi Di Maio e Roberto Fico. Gli eventuali ricatti il sindaco Capuozzo li avrebbe dovuto denunciare immediatamente all’autorità giudiziaria competente, cosa che invece non ha fatto ed è per questo che il M5S ha deciso di avviare la procedura di espulsione a garanzia dei principi e dei valori del M5S”. “L’accusa infondata e falsa imputata a Luigi Di Maio: I giornali hanno strumentalizzato alcuni passi delle intercettazioni per fare credere che la Capuozzo avesse informato Luigi Di Maio circa l’eventuale ricatto ricevuto da Giovanni De Robbio e che avesse chiesto al Vicepresidente della Camera un incontro proprio per questo motivo”, continua la nota. “Luigi Di Maio, infatti, ha ricevuto dei messaggi whatsapp, pubblicati in data odierna, da parte del sindaco Rosa Capuozzo mediante la quale quest’ultima chiedeva un incontro, non per parlare degli asseriti ricatti ricevuti da De Robbio, ma per risolvere i dissidi che stava creando il Capo Gruppo al Consiglio Comunale Alessandro Nicolais il quale voleva modificare il regolamento comunale al fine di aumentare il numero di Commissione per avere un maggior numero di gettoni di presenza e, dunque, un aumento delle indennità”. “A tale richiesta Di Maio aveva risposto confermando la disponibilità all’incontro per risolvere tale questione. Ci sono prove scritte che possono testimoniare il tutto. Pertanto il presunto ricatto o le pressioni ricevute dalla Capuozzo non sono mai state portate a conoscenza di Luigi Di Maio”, sottolinea il comunicato. “L’accusa infondata e falsa imputata a Roberto Fico: il messaggio inviato da Roberto Fico a Nicolais in data 15 dicembre 2015 dal seguente tenore letterale: “appena possibile. Pero ascoltatemi. Andate avanti e cercate di lavorare tranquillamente. Un abbraccio” era riferito solo ed esclusivamente alla procedura di espulsione avviata dallo staff del M5S nei confronti di Giovanni De Robbio, avvenuta il 14 dicembre 2015. Tale messaggio, pubblicato in data odierna dallo stesso Roberto Fico, era un riscontro ad un ulteriore messaggio ricevuto dal Capo Gruppo Alessandro Nicolais. Dunque, contrariamente a quanto affermato dai giornali, Roberto Fico non era a conoscenza in alcun modo di eventuali ricatti in atto nei confronti del Sindaco Capuozzo, ma si limitava ad invitare il Gruppo ad andare avanti, dunque a procedere con il proprio operato, dopo l’espulsione di De Robbio”, conclude la nota firmata da Crippa e Giarrusso.
di maio whatsapp
Le conversazioni su Whatsapp pubblicate da Di Maio

Un De Luca straordinario.

De Luca: “Cari Cinquestelle, non ci si inventa uomini di Stato”

M5S
Il governatore campano interviene sulle ambizioni di governo del M5S ridimensionate dopo il caso Quarto

dipocheparole     venerdì 27 ottobre 2017 20:42  82 Facebook Twitter Google Filippo Nogarin indagato e...