sabato 10 ottobre 2015

Questo è il paese nel quale Salvini vorrebbe farci vivere. Ma perché non se ne va con Razzi a vivere in Corea del Nord e ci lascia vivere nel nostro meraviglioso paese?

http://video.repubblica.it/mondo/kim-jong-un-siamo-pronti-a-qualsiasi-guerra-con-gli-stati-uniti/214273/213445

Pensare che in Italia questi poveri giovani strumentalizzati da Sel, Rifondazione Comunista, Sindacati e soci vari parlano come noi negli anni settanta. Roba da non credere.

Lavoreremo fino a 100 anni e faremo 40 lavori diversi

Il futurologo britannico Talwar: «Le scuole insegnino ad affrontare scenari nuovi. Bisogna imparare a rilassarsi e a gestire la complessità»

(Foto di FastFuture)

14255 ore fa
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Ai bambini non dobbiamo più chiedere: «Che lavoro vuoi fare da grande?». Piuttosto dovremmo dire: «Quali lavori vorrai fare?». Secondo l’accreditato futurista britannico Rohit Talwar i ragazzini che oggi hanno 11 anni, vivranno fino a 120 anni e lavoreranno fino a cento. Nel frattempo avranno svolto almeno 40 mansioni diverse. Tutto questo in un mercato del lavoro completamente diverso da quello attuale, in cui tra il 30 e l'80% dei lavori sarà scomparso e rimpiazzato da macchine e robot. È la previsione che Talwar ha presentato pochi giorni fa durante l’annuale Headmasters and Headmistresses Conference in Saint Andrews, la prestigiosa associazione dei direttori delle 243 scuole indipendenti britanniche. Rivolgendosi a esperti di Educazione, Talwar ha sottolineato l'importanza di cambiare i programmi scolastici in vista di questo nuovo scenario. Non basterà più insegnare solo matematica, inglese e le tradizionali materie. Bisognerà che gli alunni imparino, tra le altre cose, a rilassarsi, a gestire la complessità di un mondo sempre più intricato e a meditare. Rohit Talwar, è un ex Ingegnere Elettronico che da venti anni si occupa di previsioni del futuro. Futurista per lui è «chi aiuta a esplorare le nuove “forze” che stanno prendendo forma per capire come potrebbero dispiegarsi». Non significa fare previsioni. Ma immaginare più scenari possibili. Ha creato l’agenzia FastFuture, e tra i clienti vanta numerose banche, case farmaceutiche e persino il ministero della Difesa britannico. Lo abbiamo incontrato per capire da dove nascono le sue previsioni e come il sistema scolastico dovrà adattarsi ai nuovi scenari. È un viaggio nel futuro, ma spesso sembra di tornare alla saggezza dimenticata dei nostri nonni. E non è così terribile come sembra.
Sulla base di cosa ha calcolato che lavoreremo fino a 100 anni, faremo 40 mansioni diverse e che tra il 30 e l'80% dei lavori di oggi scompariranno?
Sono dati a cui siamo arrivati in una sessantina di futuristi, quelli che ho raccolto nel libro The Future of Business (FutureSCope, 2015, scritto da 62 pensatori del futuro, provenienti da 21 paesi e 4 continenti diversi, ndr). In Inghilterra ad esempio l'aspettativa di vita media è oltre gli 80 anni e cresce ogni anno di qualche mese. Assecondando questi ritmi, un ragazzino che oggi ha 11 anni, vivrà almeno fino a 120 anni. È questa è una stima prudente. Alcuni dicono addirittura che vivremo fino a 200 anni. Allo stesso tempo vediamo crescere i livelli di automatizzazione, la presenza di intelligenza artificiale e di robot nella vita quotidiana. Stanno nascendo nuove forme di smart software che rimpiazzeranno sempre più lavori. Questo porterà alla scomparsa di molte occupazioni attuali, che abbiamo calcolato tra il 30 e l’80%. Da qui a 50 anni, saranno molto poche le persone che lavoreranno full-time. Molte persone potrebbero non lavorare proprio.
«Molte persone potrebbero non lavorare proprio»
Ma avremo bisogno di trovare un modo di avere abbastanza soldi per comprare prodotti e servizi forniti dai robot. Per questo continueremo a lavorare, anche se non full-time. Intanto la tecnologia diventerà sempre più economica, e così la produzione di cibo e di prodotti, e internet permetterà lo scambio gratuito di cose. Il sistema pensionistico sarà scomparso nei prossimi 20 anni, perché ci saremo accorti che sarà impossibile mantenerlo con persone che vivranno fino a 120 anni. Quindi dovremo lavorare fino a 100 per essere sicuri di poterci mantenere fino a 120 anni.
Quali lavori scompariranno e quali resteranno?
È molto difficile dirlo con certezza. È difficile immaginare anche come saranno le cose solo tra 20 anni. La tecnologia sta cambiando così velocemente. Ma continueremo ad avere bisogno di contatto umano, almeno finché non diventiamo robot noi stessi. Possiamo immaginare che molti continueranno a preferire un essere umano al posto di un robot, e anziché avere il pranzo preparato da una macchina, scegliere un cuoco in carne e ossa. Quindi serviranno ancora scuole di formazione per cuochi. E così per la musica. Ascolteremo musica generata dai computer ma avremo bisogno anche di musicisti reali. Ci sarà sempre bisogno di chi organizzi eventi sportivi o culturali. Continueremo ad avere una parte di sistema capitalistico, con persone coinvolte nella produzione e che magari riceveranno benefit statali. Gli altri dovranno trovare altri lavori. L’opzione più probabile è che ciascuno farà un insieme di più lavori diversi, poche ore in più impieghi part-time, unendo ad esempio assistenza agli anziani, insegnamento, accompagnare in macchina qualcuno da qualche parte, ospitare gente con Airbnb, fare qualche consegna per Amazon. È molto difficile dirlo. Di sicuro lavori come contabili, avvocati e dottori saranno sempre più automatizzati. Le infermiere saranno sostituite da robot.
«Continueremo ad avere una parte di sistema capitalistico, con persone coinvolte nella produzione e che magari riceveranno benefit statali»
Pensa che diventerà una sorta di privilegio avere un essere umano che fa cose per te al posto di un robot?
Sarebbe interessante discuterne. Credo che dipenderà da come la ricchezza sarà distribuita. E dovremo capire se sarà un diritto o un privilegio ricevere le cure da un essere umano.
Perché crede che i programmi scolastici attuali non sono più adatti a uno scenario simile?
Il futuro sta diventando sempre più incerto. Continuiamo a dire: da grande farò questo e quello. Ma molti lavori non ci saranno più. Piuttosto che preparare le persone a un unico lavoro, dovremmo prepararle all'idea che avranno più impieghi. E per questo servono diverse skill. La più importante è imparare a imparare. Dovrai sempre imparare nuove skills. La seconda è la capacità di problem solving. Qualsiasi lavoro farai, se sei un problem solver, hai molto valore. Terzo, scenario planning, che significa fare previsioni di medio termine molto flessibili. Significa guardare a tutte le informazioni che abbiamo e chiedersi in quali differenti modi potrebbero combinarsi in futuro. È inutile fare un'unica previsione del futuro, non azzeccheremmo mai. E poi il mondo sta diventando sempre più complesso. E dobbiamo insegnare alle persone come navigare dentro quella complessità e darle un senso. (Un'area di business che diventerà importante è ad esempio il design thinking, cioè chi si occupa di ridisegnare i processi e riorganizzare in modo più semplice ed efficace)
«La cosa più importante sarà imparare ad imparare. E poi problem solving e fare previsioni flessibili»
E poi è utile imparare la collaborazione. Dovremo insegnare a padroneggiare la tecnologia. E poi soprattutto life-skills. Ad esempio quando a un bambino insegni come gestire lo stress come avere una routine, ti accorgi che a scuola va molto meglio. E ha molta più autostima. Ci sono scuole che insegnano come dormire e riposare, come rilassarsi a fine giornata. Spiegano che prima di andare aletto è molto meglio leggere un libro che guardare la televisione. Nella scuola di mio figlio monitorano anche le attività cerebrali, cosa ti succede mentre dormi. Pensiamo di saperlo, ma quanti adulti dormono male? La meditazione anche è molto potente, i rende più calmo, più focused, hai meno conflitti interni e vedi le cose più chiaramente. Molte scuole stanno insegnando meditazione e ne traggono molti risultati
Sembra di tornare agli insegnamenti dei nonni, no?
Sì. Avevano capito i fondamentali della vita, ad esempio il potere della collaborazione e della comunicazione come elemento fondamentale per far sopravvivere le comunità. Ci sono culture vecchie di secoli che contengono tutti questi valori, compresa l'importanza della meditazione. L'era tecnologica le ha in qualche modo dimenticate. Ma ora dobbiamo capire che l'unico modo per gestire tutta questa velocità di trasformazione è di tornare ad avere un rapporto forte con noi stessi. Dobbiamo tornare a focalizzarci su cosa ci interessa davvero, cosa desideriamo, e imparare di nuovo a usare intuizione e immaginazione.
Quindi il futuro è nelle mani di terapisti, filosofi, artisti..
Questi sono lavori che meno probabilmente verrano automatizzati. Come anche le guide spirituali, o i personal trainer. Tutte le professioni che interagiscono a fondo con l'essere umano e con le emozioni sopravviveranno, ne avremo sempre bisogno, finché non diventeremo robot noi stessi. Potrò accettare che un computer faccia lezione a mio figlio. Ma vorrò anche che abbia contatto umano con un insegnante vero. Abbiamo bisogno come esseri umani di connessioni chimiche, contatti reali, fatti di energia. Siamo anche questo.

Proprio vero. Salvo che ci sarebbe la necessità di avere dei nuovi vescovi e cardinali e preti.

Il Vicario di Roma: "Non più rinviabile tema di una nuova classe dirigente"

  
Il Vicario di Roma: Non più rinviabile tema di una nuova classe dirigente
Il cardinal Agostino Vallini (Infophoto)
"Il tema di una nuova classe dirigente non è più rinviabile". E' quanto ha affermato il cardinale Vicario di Roma, Agostino Vallini, parlando alla comunità di una parrocchia romana. Il Vicario di Roma, incontrando i parrocchiani di San Giovanni Battista De Rossi sui temi della famiglia e del Sinodo, ha fatto una digressione sulle ultime vicende che hanno portato alle dimissioni di Ignazio Marino. "Roma oggi ha una realtà molto sofferta - ha evidenziato il porporato - non solo per le vicende di Roma Capitale e per la corruzione. Ma guai a ridurre il discorso alla permanenza o meno del sindaco Marino". Il fatto è, ha denunciato ancora Vallini, che "in questa città c'è un'anemia spirituale. Viviamo in una realtà che ha bisogno di una scossa".
Il Vicario di Roma ricorda che il Consiglio pastorale diocesano sta lavorando alacremente alla stesura di un testo che sarà presentato alla comunità romana il prossimo 5 novembre. "Si tratta -ha spiegato- di una 'lettera alla città' che contiene il pensiero della chiesa di Roma e dei suoi laici e che ci invita a metterci tutti insieme in cammino per diffondere una cultura di maggior responsabilità".

Fiano imbarazza Di Battista : cosa combinate a Livorno e Parma ? - Porta...

Alfonso Sabella svela porcate 5 stelle a Ostia - Roberta Lombardi a Bers...

Romano sottomette Marcello De Vito : una caterva di malgestioni 5 stelle

FORTAPASC

Ieri apprendiamo dall'emerita Provincia Pavese che dentro l'ASM di Pavia vi erano un po' di ladri. Il fatto che le ASM hanno sempre avuto una trasparenza pari a zero è stato sempre a conoscenza di ogni singolo cittadino italiano. Questa conoscenza è così diffusa e consolidata che la Guardia di Finanza, a mio modesto avviso, dovrebbe ogni sei mesi recarsi in ogni ASM e controllare dalla A alla Z tutti i bilanci. A prescindere da singoli esposti presentati. Dove ci sono i soldi ci sono i ladri. E nelle ASM di soldi ne girano davvero tanti. Così come nella Sanità regionale Lombarda.
Il fatto che siano spariti 1,6 milioni di euro senza che nessuno si sia reso conto di niente fa pensare che forse è meglio privatizzare tutte le ASM eliminando quel sottobosco della politica e del sindacato che con quei soldi si arricchisce.
La cosa ancora più singolare è che i tre membri del collegio sindacale, i tre membri dell'organismo di vigilanza, la società di revisione di ASM ed i revisori dei conti del Comune di Pavia non abbiano visto niente né riscontrato alcuna irregolarità. Ma chi ha messo tutte queste persone nei posti che occupano? Per quale motivo sono stati pagati questi professionisti se non hanno visto transitare 1,6 milioni di euro verso un conto di una banca piacentina? E meritano veramente uno stipendio per il lavoro che non hanno svolto?
Straordinarie sono le dichiarazioni di Matteo Mognaschi che attraverso il suo partito ha imposto Giampaolo Chirichiello a Presidente dell'ASM. E sarebbe interessante sapere se anche il senatore Centinaio contribuì ad indicare Chirichiello come presidente dell'ASM. 
Ancora più straordinarie le dichiarazioni dell'ex assessore Galandra che aveva una delega per l'ASM. Anche lui scandalizzato da quanto è accaduto. Probabilmente mentre qualcuno era impegnato a rubare l'ex assessore era concentrato in altre attività di governo della città. Attività svolte così bene che i cittadini pavesi hanno ritenuto di non votarlo per un secondo mandato. 
Da scandalo sono poi le dichiarazioni dell'esponente PD Alberto Artuso il quale dichiara: " Ci fidavamo troppo l'uno dell'altro". Perché un esponente del PD di un consiglio d'amministrazione di ASM entra a controllare l'attività dell'ente fidandosi dei membri di maggioranza? 
Se non avessi letto questa dichiarazione non ci avrei creduto. E adesso capisco anche perché gente come me continua ad essere attaccata in tutte le sedi, politiche e professionali, da gentaglia che comprende bene contro quali persone oneste bisogna scagliarsi.
Nessuno ha visto niente. Neanche i dipendenti che lavoravano in un clima di intimidazione. E no, cari dipendenti. E' da quando sono nato che mi muovo, a causa della mia onestà, in un clima di continua intimidazione. E' da anni che, insieme a migliaia di altre persone che svolgono il proprio lavoro con onestà, sono continuamente perseguitato ed attaccato in tutti i modi. E' da anni che migliaia di persone oneste denunciano il marcio presente nella pubblica amministrazione e l'intreccio perverso tra la politica, i sindacati e gli affaristi più o meno legati alle organizzazioni mafiose e criminali. Basta con la frase....Tengo famiglia.......Basta con la frase....si lavorava sotto intimidazione..... 
La responsabilità che assegno ai ladri ed ai politici che li hanno messi in posti di comando va anche ai dipendenti. 
Giovanni Falcone diceva: “Perché una società vada bene, si muova nel progresso, nell'esaltazione dei valori della famiglia, dello spirito, del bene, dell'amicizia, perché prosperi senza contrasti tra i vari consociati, per avviarsi serenanel cammino verso un domani migliore, basta che ognuno facciail suo dovere.”
Tutto il resto sono chiacchiere in libertà o tentativi di trovarsi un'alibi.

Questi sono gli intellettuali di sinistra che per anni hanno tenuto l'Italia in una paralisi totale.

Lo show del “Palindromo” Asor Rosa sul Fatto: che Travaglio ce lo conservi

Il Fattone
Alberto-Asor-Rosa
In un’intera pagina sul Fatto Quotidiano Asor Rosa denuncia i rischi di deriva autoritaria, ma è troppo estasiato dal suo ombelico per trovare una soluzione
“Asor Rosa, sei un palindromo”, scrissero un giorno sui muri della Sapienza gli indiani metropolitani, l’ala creativa e dissacrante del movimento del ’77: già allora il principe dei baroni universitari appariva vagamente ridicolo. Indro Montanelli, che certo non simpatizzava con gli studenti che occupavano le facoltà, spiegò il significato della frase: “Lo si può leggere da sinistra o da destra, e vuol dire la stessa cosa, cioè niente”.
Dev’essere per questo che il Fatto di oggi gli dedica un’intera pagina (titolo: “Renzi e Verdini preparano una destra autoritaria”), presentandolo ai lettori come “antiberlusconiano intransigente”. Ma il Professor Palindromo ora guarda con tenerezza a “Silviuccio” – sì, lo chiama proprio così – incapace di “elaborare culturalmente” il progetto che Renzi ha invece messo vittoriosamente in campo: “avere sull’Italia un controllo totale”.
“Qualsiasi atto del presidente del Consiglio – s’infervora il Palindromo – mira al restringimento della democrazia”. Del resto, il Pd “è un partito nuovo che risponde al comando di un leader incontrastato, ha un gruppo dirigente conservatore di destra” e “la mutazione genetica ha investito anche i suoi elettori”. L’intervistatore, ammaliato da un’analisi tanto acuta, balbetta pensoso: “Il fatidico 40% alle Europee…” “Il punto culminante del suo successo – rassicura il Palindromo – è già alle nostre spalle”.
Pericolo scampato, dunque? Macché, “il Partito della nazione, sviluppato fino in fondo, comprenderà anche Berlusconi, non solo Verdini e Alfano”.
E allora che si fa? Boh. Il Palindromo è troppo estasiato dal proprio ombelico per indicare una soluzione. Qualche anno fa se ne uscì invocando lo stato di emergenza per eliminare Berlusconi: bisognava, disse, congelare le Camere e chiamare al governo Carabinieri, Polizia e magistratura. Qualche tempo dopo, visto che nessuno gli dava retta, alzò il tiro per lanciarsi in una nuova, nobile battaglia contro le “centinaia e centinaia di turisti domenicali” che turbavano “la pace e la serenità” del paesello toscano dove aveva comprato casa.
Sono fatti così, i Palindromi: e che Travaglio ce li conservi per altri cent’anni.

In questo paese i delinquenti ed i falsi poveri che vengono dall'estero ed anche dalla comunità europea non sono perseguiti da nessuno. Il popolo bue preferisce prendersela con persone come Marwan invece di scendere in piazza contro la Mafia e i delinquenti stranieri.


Marwan, il bimbo muto siriano in fuga dalla guerra

Il trauma delle bombe a 12 anni. I genitori uccisi. Lo choc che lo ha reso muto. Fino all'incontro con Allan. Che lo ha salvato: «Così siamo fuggiti da Aleppo».

da Beirut

La guerra in Siria è ormai la guerra dei 100 fronti.
Potenze regionali e mondiali si confrontano in cielo e sul terreno nel tentativo di affermare la propria superiorità in Medio Oriente.
In Libano, però, è anche la guerra delle centinaia di migliaia di siriani arrivati nel Paese.
Ognuno di quei volti ha una storia da raccontare, a volte anche con un finale non del tutto drammatico.
CON LO SGUARDO BASSO. «Noi profughi qui per le strade di Beirut siamo subito riconoscibili. Guardiamo sempre in basso, come se avessimo paura di guardare avanti a noi o dovessimo stare ancora attenti alle macerie o agli ordigni delle nostre strade».
Allan (il nome è falso per ragioni di sicurezza) ha 35 anni e viene da Hama.
FACEVA IL RICERCATORE. «Ero un ricercatore universitario, un parassitologo. Quando è iniziata la guerra la nostra casa è stata prima sequestrata dai ribelli e poi distrutta dai bombardamenti del governo. Pochi mesi dopo mio padre è morto, non per la guerra, ma per il dolore».
Dopo la morte del padre e la distruzione della loro casa, Allan e la sua famiglia sono scappati ad Aleppo.
ASSIEME A LUI MARWAN. Con Allan c’è un bambino di 12 anni, Marwan: «Non un mio parente, ma in un certo senso fa parte della mia famiglia».
Allan racconta che lo ha conosciuto nei mesi passati ad Aleppo.
«Dopo ogni bombardamento vedevo questo bambino aggirarsi tra le macerie. Un paio di volte ho provato a parlargli senza risultato».
ORFANO E SENZA PAROLA. Col passare del tempo ha scoperto la sua storia.
Tutta la famiglia era morta sotto uno dei primi bombardamenti.
Rimasto solo, sopravviveva grazie all’aiuto dei vicini, ma aveva sempre rifiutato di trasferirsi a casa di qualcuno di loro. Viveva nella strada dove una volta era la sua casa.
«Poi ho scoperto che per lo choc aveva smesso di parlare. Dopo ogni bombardamento andava in strada. Immagino alla ricerca dei suoi genitori».
AMICIZIA SILENZIOSA. Con il passare del tempo i due hanno stretto un'amicizia silenziosa.
«Non so perché, ma quel bambino mi aveva colpito, così ho iniziato a passare molto tempo con lui camminando per le strade in silenzio. A un certo punto Marwan ha accettato di fermarsi a dormire da noi e non solo di venire a mangiare».

La fuga in Libano grazie a una bugia

Allan ha tentato di scoprire se il piccolo avesse parenti ancora in vita.
Non trovando però nulla dagli assistenti sociali che avevano cercato di prendersi cura di Marwan.
Era davvero rimasto solo.
«Mi raccontarono che avevano cercato di portarlo in un centro di accoglienza, ma che lui continuava a scappare e a tornare nella sua strada, nel quartiere di al-Halabi».
ALEPPO INVIVIBILE. Con il passare del tempo la situazione ad Aleppo continuava a peggiorare.
«Non si poteva più vivere: bombe, colpi di mortaio, niente acqua e poco da mangiare. Con mia madre abbiamo deciso di andare in Libano, ormai avevamo perso tutti. Una sera parlai con Marwan e gli dissi che noi stavamo partendo e che sarebbe potuto venire con noi. Non mi rispose e mi guardò per un tempo che mi è sembrato lunghissimo, poi per la prima volta mi abbracciò».
Tutta la famiglia iniziò il viaggio che li ha portati alla frontiera libanese, lontano dalle bombe e dagli orrori della guerra.
«DISSI CHE ERA MIO FIGLIO». «Mano a mano che ci avvicinavamo al Libano mi chiedevo come avrei fatto a far entrare legalmente Marwan. Ho pensato che l’unico modo fosse dichiarare che era mio figlio, che mia moglie era morta e che nei bombardamenti avevo perso tutti i documenti».
Un rischio: «Ero terrorizzato, cosa sarebbe accaduto se non avessero creduto alla mia storia o se Marwan avesse parlato? Quando ci interrogavano lui si stringeva a me e credo che questo abbia aiutato a dare forza alla mia storia. In pochi minuti da single sono diventato sposato e vedovo con prole».
LONTANI DALLE BOMBE. Ora tutta la famiglia vive, con altri rifugiati, in una stanza umida e buia.
«Qui almeno non abbiamo paura dei cecchini o dei barili bomba. Dovrei far curare Marwan da uno psicologo, forse tornerebbe a parlare, ma qui riusciamo a malapena ad avere i soldi per mangiare. Non riesco a immaginare quale futuro ci aspetta. La Siria non esiste più e il Libano non ci ama».
«VORREI ANDARE IN EUROPA». Quale soluzione, dunque? «Vorrei andare in Europa. Sogno di riprendere il mio lavoro da parassitologo, magari con una delle università con cui collaboravo. Ma non posso partire, mia madre è troppo vecchia e Marwan è troppo piccolo per affrontare i rischi del viaggio fino da voi. Vorrei farle una domanda. Perché invece di accoglierci quando siamo disperati e rischiamo la vita e non ci fate partire regolarmente da qui?».

Era così difficile adottare questi provvedimenti? Eppure per venti anni.....per venti anni.......per venti anni......Lega Nord e Forza Italia hanno mandato avanti il mangiatoia.

Il governo pronto ad approvare il limite di cinque consiglieri. Soppressi anche gettoni di presenza e maxi-liquidazioni
NEXT QUOTIDIANO
Le società pubbliche in Italia sono una macchina mangiasoldi di prima categoria. Ci sono cinquemila buoni motivi per non tagliare i costi delle municipalizzate. Ad essere precisi sono 5008, e il numero ricalca quello dei posti di consigliere nelle aziende private-pubbliche, posti che spesso vanno a politici trombati o assistenti di parlamentari. Il governo cercherà di mettere un freno alla mangiatoia attraverso il limite di posti nei consigli d’amministrazioni: oggi c’è chi si ferma a cinque, chi arriva a sette e chi addirittura a nove. L’obiettivo dell’esecutivo è limitare a cinque i consiglieri. Le 5 mila nomine sono anche ben remunerate, sebbene nell’ultimo quadriennio il monte compensi si sia ridotto del 28,5% (a fronte di nomine calate del 27,8%) e il valore medio per carica abbia subìto una decurtazione del 5,4%. Agli amministratori di nomina pubblica risultava infatti riconosciuto nel 2013-2014 un monte compensi pari a 36,4 milioni di euro, 27,3 dei quali (75%) appannaggio delle cariche apicali. Il compenso medio è risultato pari a 24.700 euro, compreso tra i 36.700 euro degli apicali e i 12.500 euro dei non apicali. Gli emolumenti percepiti dai rappresentanti regionali sono significativamente superiori: circa 30mila euro contro i 24mila euro delle nomine comunali e i 18mila di quelle provinciali.
società pubbliche italia
Le società pubbliche in Italia (Corriere della Sera, 7 ottobre 2015)
Le intenzioni del governo:
Il testo unico prevede che gli statuti della società dovranno «sopprimere la carica di vice presidente», limitandosi a indicare un facente funzioni in caso di assenza o impedimento del presidente, «senza dare titolo a compensi aggiuntivi». E introdurre il «divieto di corrispondere gettoni di presenza o premi di risultato deliberati dopo lo svolgimento dell’attività o trattamenti di fine mandato». Tradotto, è uno stop ai ricchi bonus di fine mandato per i manager, spesso decisi in zona Cesarini. Quando scatteranno tutte queste norme? Al momento c’è ancora un punto interrogativo. Nelle bozze circolate in questi giorni viene indicata come scadenza la fine del 2016. Ma non è detto. Lo stesso Renzi ha spiegato che il pacchetto potrebbe essere trasformato in un disegno di legge collegato alla legge di Stabilità.
In questo caso la scadenza dovrebbe essere anticipata alla fine di quest’anno, in modo da produrre risparmi già nel 2016. Sarebbe una corsa contro il tempo. Anche perché il testo unico prevede che un successivo decreto della presidenza del consiglio «aggiorni i criteri di remunerazione degli amministratori di società», introducendo non solo «nuovi limiti massimi proporzionati alla qualificazione professionale e all’impegno richiesto». Ma anche stabilendo che la parte variabile della retribuzione, cioè i premi, non sia versata in caso di «risultati di bilancio negativi attribuibili alla responsabilità dell’amministratore». Tra poltrone eliminate e limiti vari agli stipendi, dai 25 articoli del testo unico viene fuori una sorta di spending review federalista, una revisione della spesa pubblica che dovrebbe produrre i suoi effetti lì dove il controllo è più difficile, nella periferia dell’amministrazione pubblica.

La differenza tra la destra e la sinistra? Eccola.

Luigi Brugnaro sindaco di Venezia: "Klimt all'asta per fare cassa"

Pubblicato: Aggiornato: 
JUDITH II SALOM

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Venezia pensa alla vendita 'dell'argenteria' di casa per risanare le casse del Comune, ma l'idea che si possa arrivare a mettere all'asta alcuni pezzi dei musei civici, come un Klimt e uno Chagall, fa scoppiare la polemica. "Penso sia solo una battuta o più comprensibilmente una mezza minaccia per chiedere più risorse al Governo in vista della stabilità", dice il ministro Dario Franceschini all'agenzia Ansa, commentando l'ipotesi di cessione di opere d'arte delle collezioni pubbliche per risanare i bilanci di Cà Farsetti.
Il sindaco della città, l'imprenditore Luigi Brugnaro, non conferma, ma non esclude neppure che si arrivi a tanto. Brugnaro esce allo scoperto per commentare notizie di stampa in proposito, che davano come possibili, tra le altre, le alienazioni di capolavori come la "Judith II Salomè" di Klimt, e il Rabbino di Vitebsk di Chagall, custoditi nel museo civico di Cà Pesaro. Soltanto il primo potrebbe avere un valore di circa 70 milioni. "Non è stata decisa alcuna cessione di opere d'arte di pregio - precisa Brugnaro - Sarà necessario procedere ad una verifica attenta e puntuale del patrimonio a disposizione, ma al momento non esiste alcun elenco".
Tuttavia il sindaco puntualizza che "la situazione di bilancio di Venezia è nota a tutti, per cui certamente c'è la volontà di fare un approfondimento in questo senso. In mancanza di altre risorse, la necessaria salvaguardia della città potrebbe anche dover passare attraverso la rinuncia ad alcune opere d'arte cedibili perché non legate, né per soggetto né per autore, alla storia della città". Il Comune di Venezia, passato anche per il commissariamento del dopo-Mose, ha sforato ripetutamente il patto di stabilità, e nel 2015 prevede un 'rosso' in bilancio di 64 milioni di euro.
Solo pochi giorni fa Brugnaro aveva lanciato un appello al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, denunciando che "Venezia sta cadendo a pezzi", e che solo per la manutenzione ordinaria la città dei Dogi richiede 40 milioni all'anno. In un dossier presentato dal sindaco ai parlamentari veneziani, qualche giorno fa, si faceva riferimento alla necessità di una "valorizzazione del patrimonio mobiliare attraverso la vendita e monetizzazione di opere d'arte di natura pittorica che, ai sensi del D.Lgs 42/2004, non pregiudicano l'integrità delle collezioni esistenti".
Un processo che però non si presenta facile. Sull'ipotesi di un'asta dei quadri dei musei per fare cassa, il ministro Franceschini osserva che "le norme del Codice Beni Culturali per evitare lo smembramento delle collezioni pubbliche e garantire la pubblica fruizione delle singole opere, chiudono il dibattito". "Un dibattito - conclude - che, visto dall'estero, farà altro male alla credibilità italiana".

venerdì 9 ottobre 2015

Riceviamo e pubblichiamo.

Come Ignazio Marino è stato massacrato dai giornali e fatto fuori dal suo partito

ottobre 9, 2015
News Editor
Ignazio Marino e Matteo Orfini sorridenti, quando erano ancora amici. Foto di Marco Minna.

Nel maggio del 2013 ero in piazza San Giovanni per la chiusura della campagna elettorale di Ignazio Marino—candidato dal Partito Democratico in un momento in cui la segreteria romana era allo sbando più totale—e ricordo distintamente la sensazione di mestizia che si respirava, unita alla sostanziale indifferenza della città nei confronti di quell'elezione.
Ovviamente, dopo la catastrofica esperienza dell'amministrazione di Gianni Alemanno, un'indifferenza del genere era ampiamente preventivabile. E nessuno ha mai veramente creduto—PD in primis—che Ignazio Marino potesse rivoluzionare, o più modestamente sistemare, una città come Roma. Non c'è voluto molto, infatti, per vedere la nuova giunta di Ignazio Marino trasformarsi prima una barzelletta, e poi un immenso sfogatoio su cui praticamente chiunque ha riversato la frustrazione e la rabbia per tutti i problemi della Capitale.
Certo, Marino si è rivelato sin da subito profondamente inadeguato non solo per una stile comunicativo a dir poco disastroso, ma soprattutto per il fatto che non è mai stato in grado di intrattenere un minimo rapporto con il territorio—basta questo video da Tor Sapienza per farsene un'idea. 
C'è anche da dire che in questi due anni e mezzo a Roma è successo di tutto—tra Mafia Capitale, campagne isteriche sul degrado, sgomberi, funerali dei Casamonica e il Giubileo straordinario, Marino si è trovato in mezzo a scandali e polemiche che lo hanno progressivamente indebolito e ridotto all'isolamento più totale. 
Ma a parte l'ovvia opposizione delle forze di minoranza e di alcune lobby romane a cui nemmeno troppo volontariamente Marino ha pestato i piedi, il suo principale nemico è sempre stato il Partito Democratico. E specialmente la sua branca romana che, com'è emerso dalle indagini di Mafia Capitale e dalla relazione di Fabrizio Barca sui circoli, non è esattamente un club di filantropi disinteressati. Lo scorso giugno, lo scontro aveva raggiunto la sua massima intensità quando Matteo Renzi aveva detto che "fossi in Marino non starei tranquillo" e lo aveva invitato a valutare se fosse il caso di andare avanti. 
Fin qui potrebbe trattarsi di vicende che riguardano—almeno esteriormente—"solo" Roma e i romani, ma se si ripercorrono brevemente gli ultimi mesi ci si accorge che la questione si è imposta a livello nazionale e ha interessato persone a cui degli scazzi tra Marino e il PD, o dell'amministrazione di Roma stessa, non poteva fregare più di tanto. 
Ciò è avvenuto principalmente grazie alle vette assurde raggiunte dalle campagne di stampa contro il sindaco, tra polemiche sulle "immersioni" estive e quella con il Papa sul viaggio negli Stati Uniti. Ed è proprio questa la cornice in cui va inquadrato il surreale accanimento sulle spese di rappresentanza—documenti, tra l'altro, pubblicati sul sito del Comune dallo stesso Marino, che così facendo ha commesso il suo suicidio politico.
La "marcia delle periferie" sul Campidoglio, 15 novembre 2014. Foto di Niccolò Berretta.

Da giorni, infatti, i quotidiani grondano di interviste a ristoratori che "inchiodano" il sindaco per le sue cene, o pezzi in cui si percorre addirittura il "tour dei ristoranti" frequentati da Marino—reportage su strada in cui si possono leggere passaggi del genere: "L'idea del primo cittadino che si ha alla fine della passeggiata tra piazza del Fico e piazza del Collegio Romano è quella di un gourmet 'pigro', ma allo stesso tempo sperimentatore."
Nella foga di scartabellare gli scontrini, l'apice è stato raggiunto con l'indignazione per i fiori comprati e offerti alla redazione di Charlie Hebdo dopo la strage e—non sto scherzando—per una colazione di 8 euro offerta a un reduce di Auschwitz.
Tutto questo, giusto per mettere le cose in prospettiva, è avvenuto nella città in cui l'ex sindaco Alemanno è passato pressoché indenne a scandali immani come quello di "Parentopoli" che la collettività sta pagando ancora adesso. Insomma, pretendere la testa di Ignazio Marino per una bottiglia di "Jermann vintage tunina" da 55 euro è veramente assurdo. Eppure, è quello che è successo.
E al di là delle opinioni su Marino, la campagna sullo "scontrino-gate" è quanto di più strumentale si sia visto nella politica italiana degli ultimi tempi. L'etica in questo caso non c'entra davvero nulla. La semplice realtà, infatti, è che Ignazio Marino sta davvero sul cazzo a Matteo Renzi e gran parte del Partito Democratico, e anche per questo motivo doveva levarsi di torno il più presto possibile, con le buone o con le cattive—vuoi perché il MoVimento 5 Stelle è in testa ai sondaggi e il PD in calo, vuoi perché le opposizioni non vedono l'ora di fare campagna elettorale sulle macerie lasciate in questi anni.
Ieri sera, al termine una giornata convulsa, le dimissioni sono arrivate con tanto di video-messaggio pubblicato su Facebook: l'ex sindaco ha detto di aver "molto riflettuto prima di assumere la mia decisione," poi ha lamentato di essere vittima di "un'aggressione," e infine ha rivendicato il suo operato: "Dal lavoro che ho impostato passa il futuro della città."
Curiosamente, due anni fa anche Matteo Renzi—che non ha ancora rilasciato una singola dichiarazione sulle dimissioni—aveva parlato di futuro. "Chi si accontenta di come vanno le cose vota per Gianni Alemanno," aveva detto l'attuale premier durante la campagna elettorale, proprio a fianco dell'ormai ex sindaco di Roma. "Chi le vuole cambiare e scegliere il futuro, vota Ignazio Marino, e noi siamo qui con Ignazio."
Ecco: chi ha scelto "il futuro" nel 2013, ora si ritrova ad assistere all'ennesimo, umiliante psicodramma interno al Partito Democratico, nonché ad uno spettacolo indegno che avrà pur fatto esultare chi stava in piazza del Campidoglio, ma che non farà altro che aggravare le condizioni di una città che sta già vivendo uno dei peggiori momenti della sua storia recente.

dipocheparole     venerdì 27 ottobre 2017 20:42  82 Facebook Twitter Google Filippo Nogarin indagato e...